Le sorelline scampate ad Auschwitz: oggi bisogna pensare bene all’Olocausto

29 Maggio 2019
1c76a12d95aac1382121c3791af9f247

La storia di Tatiana e Andra Bucci è di quelle che raccontano il Novecento dall’interno. La loro verità, così romanzesca da strabiliare anche loro, è di quelle che pesano nella coscienza di tutti e che insegnano molte cose anche alle future generazioni. Le due sorelline miracolosamente scampate al lager più “proverbiale” per le sue nefandezze, quello di Auschwitz Birkenau, hanno anche affidato a un libro il loro racconto, perché possa rimanere, ma è solo da pochi anni che lo hanno iniziato a rivivere e rielaborare, anche se i numeri di matricole impressi sulle loro braccia sono rimasti per mezzo secolo in attesa di mostrarsi al mondo.

Le abbiamo intervistare in occasione della tappa fatta in Puglia dalla mostra itinerante “La razza nemica. La propaganda antisemita nazista e fascista”, finanziata dall’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio. Ma ricapitoliamo la loro vicenda in poche battute, per chi non avesse già avuto modo di conoscerla.

È accaduto che le leggi antiebraiche del 1938 e la partenza del padre Edoardo per la guerra indussero sua mamma Gisella a tornare nella casa di famiglia a Fiume. La vita sembrava scorrere serena, poi i bambini ebrei vennero espulsi dalle scuole e agli adulti fu impedito di lavorare. Un delatore segnò la condanna di Sergio, della sua mamma, della sua nonna, delle sue cuginette Andra e Tatiana e della loro mamma Mira: furono tutti deportati alla Risiera di San Sabba e da lì a Auschwitz il 29 marzo 1944, con il convoglio 25T: arrivarono la notte del 4 aprile1944 e furono scaricati sulla rampa. Nel lager trascorreranno quasi un anno: loro sono separate dalla mamma, che vedono di tanto in tanto ma quasi non riconoscono, per come si è ridotta. Sergio, che ha sette anni come Tatiana (Andra ne ha cinque) non tornerà a casa: finito nelle mani di Mengele. Dopo la liberazione, inizia un’altra odissea che porterà le due bambine prima a Praga poi in Inghilterra e si concluderà solo due anni dopo con il ricongiungimento miracoloso della famiglia.

Tatiana, è una storia incredibile, la vostra, come incredibile è il fatto che siate sopravvissute assieme a un minuscolo gruppo di quaranta bambini a fronte dello sterminio, in quel solo campo, di oltre 20.000 bambini.

Non abbiamo mai capito il motivo. Abbiamo pensato che forse ci avevano scambiate per gemelle, ci tenevano in osservazione particolare, o che sapessero che lì non dovevamo proprio esserci poiché figlie di un matrimonio misto, essendo nostro padre cattolico e combattente e nostra madre ebrea, ma non sappiamo perché è successo a noi.

Tatiana, se le chiedessi un’immagine di quello che le è rimasto nella memoria, come recuperandolo da uno sguardo diretto del passato, che cosa rivede del campo di Auschwitz Birkenau?

La prima cosa che vedo è il camino! Sì il camino con le fiamme e il fumo che usciva ventinquattr’ore su ventiquattro. Poi, il nostro ricordo più doloroso è la scomparsa di nostro cugino Sergio, che se n’è andato, una mattina, assieme ad altri diciannove bambini ingannati, perché erano sicuri di andare incontro alla mamma e invece sono andati incontro a una morte bestiale, perché sono stati vittime di esperimenti da parte di Mengele. Una storia terribile, quella che ci fa più male, perché noi ne siamo uscite e quegli altri bambini invece no. Ricordo il viso di mio cugino e ho rivisto i volti degli altri bambini perché ad Amburgo hanno fatto un museo memoriale, anche non ricordo più i loro nomi.

Tatiana, a differenza dell’ondata razzista odierna, rivolta soprattutto contro gli immigrati, quello che avvenne nella Shoah fu che l’odio prese di mira persone della propria nazione, della propria città, che viveva da sempre in mezzo agli altri

Certo, erano italiani, tedeschi, francesi e la maggior parte si sentiva appartenente alla propria nazione. Quello che sta succedendo oggi è che rifiutiamo il diverso, non lo vogliamo e secondo me non bisogna dimenticare che, dopo la guerra, anche noi italiani siamo stati emigranti, e non siamo stati quasi mai accolti come avremmo dovuto esserlo. Siamo stati accolti male. Io abito in Belgio quindi ricordo particolarmente quello che è successo, soprattutto quando c’è stato il dramma della miniera di Marcinelle, dove la maggior parte dei morti erano italiani. Gli italiani non potevano entrare nei locali, c’era scritto: “vietato ai cani e agli italiani”, come prima era stato vietato agli ebrei. Sono cose che non dobbiamo dimenticare e invece ho l’impressione che le persone, le stesse che hanno vissuto questo dramma, se lo siano dimenticati.

Tatiana, lei pensa che quando non ci sarà più nessun testimone vivente della Shoah la memoria comincerà a cambiare?

Come sempre nella storia, a un certo punto tutti i testimoni se ne vanno, anagraficamente ormai siamo in pochi. I ricordi saranno diversi. Ma probabilmente con i mezzi attuali, anche rivedere nei filmati testimoni che parlavano della loro storia potrebbe essere di aiuto

Andra, il mondo, e soprattutto l’Occidente, sembra virare politicamente a destra, lei ritiene che qualcosa sia cambiato nel modo di accogliere i problemi del razzismo e anche la Shoah?Riscontrate un diverso interesse della gente soprattutto dei ragazzi?

Io vedo che c’è un maggiore interesse della gente e dei ragazzi, rispetto alla generazione successiva alla nostra. I giovani, se vengono sensibilizzati, mi sembrano molto interessati.

Andra, secondo lei cosa li colpisce di più? Riescono a immedesimarsi o immaginano che quello che viene raccontato sia, in qualche modo, virtuale come la realtà con cui fanno i conti tutti i giorni?

No. Io vedo che partecipano sempre al nostro racconto, capiscono benissimo e soffrono per quello che ascoltano, di quello che è successo. Si commuovono. In questo momento, i giovani sono molto più attenti rispetto a quelli della generazione che è venuta subito dopo di noi, sono attenti e preoccupati non soltanto per questo che può succedere ma per tutto quello che sta succedendo nel mondo: l’inquinamento, le guerre, il razzismo. Tutto.

Andra, Primo Levi diceva: è successo, può succedere ancora. Può succedere ancora secondo lei?

Un’altra Shoah non credo che possa succedere. Voglio dire una ricerca così determinata, messa a punto a tavolino per andare a stanare a gente, i giovani, i vecchi, i bambini… non posso pensarlo. Però non c’è umanità in questo momento e la gente che ha paura di quelle che ritengono persone diverse da loro, e non solo per il colore ma perché vengono da lontano, con altre culture, altre religioni. E perciò, in questo momento, bisogna pensare bene a quello che è successo.

Silvano Trevisani 

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa