L’emigrazione dei laureati provocherebbe all’Italia almeno un danno da 4,8 miliardi. Il tour pugliese del Ministro del Lavoro e del vicepresidente di Legacoop Rollo tocca due possibili argini al fenomeno: l’università e cooperatori. Sino a Bitetto dove sta nascendo la cooperativa di comunità più grande del Paese
BARI – Il 50 per cento dei giovani ricercatori del Politecnico che lunedì scorso hanno visto passare il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti e il vicepresidente nazionale di Legacoop Puglia Carmelo Rollo potrebbe lasciare l’Italia entro 24 mesi. Il calcolo è basato sul recente rapporto Censis. La fotografia dell’Italia che esce dalla studio è quella di un paese a due velocità: un’economia che spinge per uscire dalla crisi, una società devastata che sta virando pericolosamente verso il fascismo. La metà dei pochi laureati italiani, il 26,2% della popolazione di 30-34 anni (penultimi in Europa), si dice dunque pronta a trasferirsi all’estero. Il perché è semplice: in Italia rischia di fare la fame: la retribuzione mensile di un laureato a un anno dalla laurea si aggira intorno a 1344 euro, all’estero arriva a 2.200 euro. I futuri scienziati del politecnico non lo nascondono: “Andrò via – mi dice una laureanda vestita da nerd – appena potrò. Voglio farmi una famiglia, mi piace l’Inghilterra”. Perdere persone altamente qualificati è una tragedia per il Paese. Eppure sono una risorsa enorme. “L’area dei giovani che si affaccia alle materie scientifiche si sta allargando”, dice Poletti davanti a una macchina in grado di riparare pezzi di aereo che sino ad oggi si potevano solo sostituire. E’ un braccio meccanico capace di “stampare” parti sottoposte a pressioni altissime, inventato da ricercatori italiani del Politecnico di Bari. Progetto segretissimo, tanto che non mi permettono di pubblicare i particolari di questa stampante 3D avveniristica e brevettata.
I ricercatori italiani sanno fare cose uniche. “Il 100% dei nostri studenti è assorbito in pochi mesi dopo la laurea”, spiega il rettore del Politecnico di Bari Eugenio Di Sciascio. Su quanti però lavoreranno in Italia si rabbuia: “Noi faremo di tutto per farli restare, dice”. Poletti è ottimista: “Stiamo facendo di tutto per invertire la tendenza”. Il ministro lunedì scorso a Bari ha partecipato al convegno nazionale di presentazione del nuovo Reddito di Inclusione e nel pomeriggio ha visitato una parte del Sud. Con lui il vicepresidente nazionale e presidente Puglia di Legacoop Rollo e il direttore di Legacoop Puglia Pasquale Ferrante.
In auto, mentre il corteo ministeriale lascia il Politecnico di Bari, Rollo mi spiega il ruolo oggi di Legacoop: “A volte facciamo chilometri, centinaia di chilometri per salvare una piccola cooperativa di pescatori o agricoltori. A volte gli stessi chilometri li facciamo anche per salvare un singolo posto di lavoro”, aggiunge, mentre la Puglia tra cemento e campagna scorre dal finestrino. Roma e i grandi centri del Nord attraggono sempre di più mentre il Sud si sta desertificando. La Capitale in cinque anni è cresciuta quasi del 10 per cento (9,9% dice sempre il rapporto Censis), Milano del 9%, Firenze del 7%. A discapito delle grandi città del Sud: Napoli, Palermo e Catania, dove affonda anche il Pil. A Bari va un po’ meglio che a Palermo ma il trend è negativo.
Il secondo appuntamento del pomeriggio è La casa delle Bambine e dei Bambini di Bari che si trova vicino lo stadio San Nicola. Anche qui c’è una cooperativa a gestire la struttura che offre servizi in uno dei quartieri periferici e problematici del capoluogo pugliese. Offrono servizi per tutti, ma soprattutto per chi ha bisogno nel quartiere. Hanno un emporio e una boutique sociale dove chi ha bisogno può ottenere generi di prima necessità. Inutile dire che qui ci sono giorni in cui c’è la fila. Hanno anche una sedia da dentista. Dei medici volontari fanno visite gratis a chi non si può permettere nulla. Il tema della cooperazione è conosciuto da Poletti. E’ diventato cooperatore quando ancora era ventenne ed è stato presidente Legacoop nazionale per anni. “Avevo visto Renzi tre o quattro volte prima che mi chiedesse con un sms l’incontro nel quale mi ha proposto di fare il ministro”, racconta un po’ divertito. E’ la volta di Bitetto. E’ un piccolo paese sulla cintura barese di 12mila abitanti. Ha un record però: è un dei più grandi paesi ad ospitare una nascente cooperativa di comunità. Oggi la coop ha oltre cento soci, l’obiettivo è raggiungerne almeno 600. “Vite Attive” è una cooperativa di lavoro. A regime dovrebbe incrementare le possibilità di fermare l’emorragia di giovani che vanno via. Il mondo cooperativo cerca di porre un freno creando opportunità di lavoro. Anche nel Politecnico di Bari opera una cooperativa che dà lavoro, la Ariete. E non sarà certo Poletti o il nuovo ministro che uscirà dalle prossime politiche previste per marzo prossimo a porre un freno senza un cambio sociale. L’Italia deve smettere di essere un paese che sta nell’unione europea per diventare un paese europeo. Basta incrociare i dati tra i 24mila laureati che hanno lasciato l’Italia nel 2017 e i circa 160mila euro che spende la collettività per portare alla laurea un giovane che poi lavorerà fuori, per comprendere come la fuga di giovani è oggi uno dei mali più grandi: la moltiplicazione fa 4,8 miliardi di euro. E questo senza contare l’enorme peso che ha non avere a disposizioni inventori, scopritori e sviluppatori di nuove tecnologie. A conti fatti, è un cancro quasi pari alla mafia e dell’evasione fiscale soprattutto al Sud che in futuro rischia di essere abitato da vecchi che aspettano il ritorno dei loro figli una volte l’anno: o a Natale o di estate.
Gianni Svaldi