Fontana (Confindustria Bari – Bat): “Possiamo Farcela. Guardiamo al futuro con coraggio”

24 Marzo 2020
Sergio Fontana verticale HD (2)

Ci toccherà lavorare più di prima. Gli imprenditori del Sud sono abituati a sforzi immani

di Antonio V. Gelormini

In questi giorni, in queste settimane, si sente la necessità di raccontare da dentro il quotidiano della quarantena, dell’#iorestoacasa e di indagare le speranze, le frustrazioni, le ansie e le gioie di chi da diversi mondi sta vivendo – come tutti – l’effetto Codiv-19 Coronavirus. 

Una serie di interviste per il Magazine di Radici Future a personalità, a singoli cittadini ed a chi rappresenta dei mondi nel sociale, per entrare nelle pieghe del quotidiano “segregato” e per provare a intravedere gli scenari al di là della luce in fondo al tunnel. Sergio Fontana è Presidente di Farmalabor e Confindustria Bari-Bat . Rappresentante di un settore importante per il nostro Paese.

Per un attivo e onnipresente come lei, cosa vuol dire #iorestoacasa e come lo sta vivendo?

Per un iperattivo come me, è abbastanza difficile fermarsi. Così come è estremamente complicato fermare la macchina produttiva. Tuttavia, è la cosa giusta da fare.

In Farmalabor, stiamo lavorando con un numero ridotto di dipendenti, avendo attivato lo smartworking per diversi settori. Anche fra coloro che si recano ancora in azienda, tra cui il sottoscritto, operiamo con i livelli massimi di profilassi. Cerchiamo di contemperare le esigenze di mercato, parlo in special modo della produzione e della distribuzione di disinfettanti e particolari tipi di dispositivi, con le garanzie di tutela di tutti i dipendenti. Anche per la gestione del lavoro in Confindustria, ci siamo attrezzati con il lavoro a distanza, tramite pc e smartphone.

Al di fuori del lavoro, ho azzerato i miei spostamenti e l’invito a tutti è a fare la stessa cosa: non uscire e rispettare le regole. Questo è proprio uno di quei casi in cui i comportamenti di ciascuno determineranno in maniera incontrovertibile l’esito di questa situazione. Siamo tutti chiamati a uno sforzo di responsabilità.

I dati sono apocalittici e il fatto che alla fine saranno globali non rasserena affatto: i più deboli avranno sempre più difficoltà ad affrontare qualsiasi china. Per la Puglia si parla di una perdita di fatturato dai 6 ai 13,3 miliardi di euro

E’ presto per la quantificazione totale dei danni. Quel che è certo è che si tratterà di una conta che segnerà in modo particolare chi era già in difficoltà. La piccola e media impresa, cuore pulsante del tessuto produttivo italiano, pagherà un tributo decisamente significativo.

Il Presidente Conte ha dichiarato che, dinanzi a situazioni straordinarie, occorre mettere in campo misure altrettanto straordinarie. Mi auguro che queste misure straordinarie siano già al vaglio e che il Governo abbia un piano particolareggiato per imprese e cittadini, che tenga conto delle significative perdite di settori come il turismo, destinato a veder prolungata la crisi anche quando l’emergenza passerà, e, soprattutto, che preveda sostegni tangibili e non meri palliativi.

E’ evidente che una delle chiavi-modello ad essere rivalutate è proprio la forma di impresa attenta al sociale e alle specifiche esigenze delle persone. Cosa vi apprestate a fare, per cogliere al meglio il vento a favore?

Niente di meno di quello che in Farmalabor già non facciamo. E’ da anni che mettiamo in campo azioni e misure volte a mettere al centro le persone, sia che si tratti dei nostri dipendenti che di soggetti diversi. Farmalabor ha già attivato diversi progetti di responsabilità sociale, come quello che coinvolge i detenuti del carcere di Foggia verso il fine pena o quello che supporta e promuove la cultura e che ha portato alla firma dell’accordo con il Museo dei Vescovi. Diversi siti archeologici del territorio canosino sono stati recuperati e resi fruibili con il contributo della Farmalabor. Con questo voglio dire che, per quanto al coronavirus dobbiamo riconoscere il ‘merito’ di aver riconnesso le persone e di aver dato modo e tempi per riflettere, qui in azienda è da tempo che abbiamo scelta di mettere l’etica davanti al profitto e le persone sempre al centro. Continueremo anche dopo il coronavirus.

Quando se ne uscirà, “Tutto non sarà più come prima”. Lo pensa anche lei? Cosa ci toccherà cambiare?

Ci toccherà lavorare più duramente di prima. Oggi ai cittadini è richiesto uno sforzo di ‘sopportazione’: delle regole, delle restrizioni, dei tempi di questa emergenza. Quello che ci sarà da fare quando tutto sarà finito sarà rimettersi al lavoro esattamente come fecero i nostri nonni e genitori dopo la guerra. Rimboccarsi le maniche. Gli imprenditori del sud già prima del coronavirus facevano sforzi immani per rimanere al passo con i mercati globali. Tutti, imprese, cittadini, famiglie, dobbiamo prepararci a decuplicare quegli sforzi. Io ho fiducia nelle nostre capacità.

Come questo tutto sta cambiando o cambierà anche lei?

Io penso che le crisi siano inevitabili e ciascuno vive quelle del proprio tempo. Non possiamo prevederle o prepararci ma possiamo scegliere come reagire, quando si presentano. In questo momento, siamo senz’altro fragili. Non appena ci rialzeremo da questa crisi, ognuno di noi deve scegliere se mettere in pratica la ‘lezione Coronavirus’ e vivere con maggiore consapevolezza, sostenibilità, adattamento, oppure no. Potremo scegliere se lamentarci o guardare al futuro con coraggio e con rinvigorite prospettive di crescita. Io dico che possiamo farcela. Ce la faremo.

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