Christian, studente di medicina fuori sede.”Il medico non è utile solo nei casi d’emergenza ma, anzi, ha ancora più validità nei momenti ordinari”

7 Aprile 2020

di Emma Barbaro

Chi sei e cosa facevi prima della quarantena? Ti piaceva quello che facevi?

Sono Christian, ho trent’anni e sono uno studente fuoricorso di Medicina e Chirurgia presso l’Università Cattolica di Roma. Nonostante non abbia ancora completato il mio percorso di studi, quello che facevo e che continuo a fare mi piace molto.

Erroneamente si è portati a pensare che il medico, colui che svolge una mansione con l’obiettivo di curare e, dunque, di aiutare il prossimo a vivere meglio, sia una sorta di volontario. Nel mio piccolo, invece, sono felice che un po’ tutti stiano prendendo contezza del fatto che la scienza – in generale, quella medica in particolare – non è affatto democratica. Non si sceglie come curarsi. Anzi, questa emergenza ci sta dimostrando che non si sceglie neppure dove curarsi. Forse, almeno da questo punto di vista, inizieremo ad essere più consapevoli.

Come e dove stai vivendo la quarantena? Che impatto ha sulla tua vita professionale, pubblica e privata? Come ti sei organizzato? Cosa ci stai rimettendo? Come si è modificata la tua vita?

Vivo la mia quarantena in un appartamento in affitto nella periferia di Roma, lontano dalla mia famiglia che invece risiede stabilmente in provincia di Avellino. Fino a qualche giorno fa ero almeno in compagnia del mio coinquilino. Ora che anche lui ha scelto – colpevolmente – di lasciare Roma per tornare nel suo paese d’origine, sono rimasto completamente solo. La fortuna è che ho un po’ più di spazio rispetto a prima, costretto com’ero a vivere la mia vita in isolamento forzato dentro la mia minuscola stanzetta. Però, di certo, la solitudine si fa sentire. Diciamo che, da studente di medicina, ero già allenato a una sorta di quarantena data dalla mole del materiale da studiare di volta in volta per ogni singolo esame. Ma ora, gli affetti più cari iniziano a mancare molto più di prima.

L’impatto sulla mia vita professionale, ora come ora, non è cambiato minimamente. Continuo a studiare per gli esami universitari. Il fatto che astrattamente ci abbiano consentito di svolgere gli esami sulle piattaforme online, nel mio caso, è ancora tutto da verificare. Potrò dirlo con certezza solo quando ci consentiranno, in maniera effettiva, di svolgere alcuni degli esami nonostante l’impraticabilità delle strutture di cui pure avremmo bisogno.

Se questa quarantena dovesse prolungarsi ancora, come purtroppo pare stia accadendo, inizieranno a mancarmi le possibilità. Prima potevo scegliere se uscire o meno la sera, se tornare al sud per rivedere i miei familiari o gli amici di una vita. Oggi questa scelta non ce l’ho. Dal punto di vista personale, quindi, mi manca molto la possibilità di scegliere. Che prima davo per scontata.

Cosa stai pensando di fare? Stai già facendo? Stai già progettando qualcosa? Cosa? Modificherai il tuo modo di lavorare, di vivere, di guardare al mondo? Cosa cambierà, secondo te, nel tuo mondo professionale?

Continuo a studiare, mi tengo impegnato e cerco di portare a casa gli obiettivi che mi ero prefissato. Quindi continuo a sperare che mi venga concessa la possibilità di svolgere gli esami nella sessione di Pasqua e quelli successivi della sessione estiva. Ma, a quanto si dice, questo potrebbe non accadere. Ora come ora, quindi, non posso fare bilanci perché non ho alcuna certezza. Certo è che le misure varate dal Governo, ogni giorno più stringenti, ancora non paiono funzionali a limitare del tutto la possibilità di muoversi da un posto all’altro. Da un’area all’altra d’Italia. Continuo a confrontarmi con persone che, con una scusa o l’altra, escono da casa tutti i giorni per andare a fare la spesa. Senza rendersi conto che in questo momento ognuno di noi è come un proiettile vagante. Non si è ancora compreso che restare a casa ci salva la vita e aiuta i professionisti del mio settore a salvare quella degli altri.

Nel mio mondo professionale spero cambi la concezione stessa che si ha del medico. Spero cambi, insomma, la percezione di una figura professionale che non è utile solo nei casi d’emergenza ma, anzi, ha ancora più validità nei momenti di stasi. L’anno scorso avevano promesso che, per il neolaureati, sarebbero state stanziate circa 5mila borse di studio in più. Per coprire almeno la metà delle richieste che provengono dalle circa 10mila persone che ogni anno si laureano in medicina. Ma con l’emergenza quelle 5mila borse di studio sono magicamente scomparse. E mi chiedo che fine faranno una volta passata l’emergenza i miei colleghi che, laureati da pochissimo, sono già stati chiamati in corsia.

Cosa cambierà, più in generale, in Italia e nel mondo?

Oggi vedo molto più individualismo di quanto ne vedessi prima. Cioè noto un atteggiamento che prima, preso dalla mia routine quotidiana, tacciavo con indifferenza. I mezzi tecnologici ci hanno resi interconnessi, ma non realmente connessi gli uni agli altri. In molti, purtroppo, non si stanno adoperando fino in fondo perché questa emergenza cessi nel più breve tempo possibile. Lo stesso atteggiamento individualista è facilmente rintracciabile anche nella nostra cara vecchia Europa. Spesso mi sono chiesto dove fosse finito quel senso di unità fittizio, quella smania di non considerarci Stati ma Unione. Ogni Stato pensa a se stesso. L’unione c’è, ma riguarda solo la finanza, i meccanismi di dare e avere, e non le società. E il tanto agognato sistema europeo non è altro che una farsa. Spero ancora che si comprenda, a livello internazionale, che solo uniti si fa la differenza e si viene fuori dall’emergenza. Ma non sono molto fiducioso. Forse, il “sistema-Europa” è già fallito e non ci rassegniamo a

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