di Gianluca Albanese
SIDERNO (RC) – Realizzare il proprio sogno professionale dopo oltre trent’anni da lavoratore dipendente, coinvolgendo nell’avventura il proprio figlio e un cugino che è da tempo un nome nel campo della ristorazione. E poi? E poi, dopo un mese e poco più dall’apertura, in cui il nome del ristorante inizia a girare e la clientela ne apprezza la cucina, arriva il nemico che non ti aspetti e che, seppur microscopico, assume le sembianze di un dittatore che genera terrore tra la gente e la costringe a stare a casa per un periodo lungo, lunghissimo, distruggendo la vita sociale.
Pino Saccà, 53 anni appena compiuti, da sempre appassionato di cucina e col dono del gusto di arredare. Poco dopo le feste di Natale realizza il proprio progetto, insieme al figlio maggiore Giovanni (con lui nella foto a corredo del pezzo) e al cugino Fabio, apprezzatissimo chef di fama internazionale, appena tornato al paese di origine dopo significative esperienze oltre oceano. Il locale è un vecchio casale ristrutturato con gusto e arredato con maestria da Pino, con l’aiuto del cognato Giovanni, architetto e pittore. Il nome è “L’Antica Locanda”, un posto in cui ti senti subito a casa, frutto di un lungo lavoro di preparazione e di cospicui investimenti, che aveva iniziato a dare propri frutti, grazie alla capacità dello chef Fabio e di tutto lo staff.
E ora? Quando si potrà tornare a lavorare regolarmente? Non è dato saperlo al momento, con la sensazione che Pino (e i tanti Pino sparsi nel mondo, alle prese con un’attività appena iniziata) si sentano un po’ in mezzo al guado, come se l’avvio della loro avventura imprenditoriale fosse da considerare alla stregua di una falsa partenza.
- Ti piaceva quello che facevi?
“Sono un appassionato di ristorazione che amava dilettarsi nella preparazione di cenette con amici e parenti stretti e che ha fatto di questa passione un lavoro che ama tantissimo. Ovviamente è quello che farò con rinnovata passione ed entusiasmo quando questo periodo sarà, finalmente, finito”.
- Come stai vivendo la quarantena? Che impatto ha sulla tua vita professionale, pubblica e privata?
“Rimango a casa, come tutti. Con molti pensieri che mi assillano: penso al lavoro, anche se sono ottimista; non ho la sfera di cristallo, ma penso che la ripresa sia lenta, specie nella zona in cui viviamo: la Calabria è un territorio ricco di risorse e bellezze naturali ma con un tessuto economico fragile. Cerco di riposare e di farmi trovare pronto per la ripartenza. Ovviamente, questa mia condizione coinvolge tutta la mia famiglia: a parte mia moglie che insegna, infatti, tutti gli altri familiari sono coinvolti nell’attività, da Giovanni ad Alessandro, l’altro mio figlio, studente dell’istituto alberghiero che nel tempo libero cerca di imparare “sul campo” i segreti del mestiere. Idem, ovviamente, per Fabio e la sua famiglia. La nostra vita ruotava attorno al ristorante. Speriamo possa tornare a farlo al più presto”
- Cosa stai pensando di fare? Cosa cambierà, secondo te, nel tuo mondo professionale?
“Partiamo dalla nostra attività. Anche se non sappiamo quando potremo riaprire, siamo ormai proiettati all’estate, quando potremo sfruttare la nostra sala esterna che riorganizzeremo al meglio dal punto di vista logistico. Stesso discorso vale per chi d’estate si organizza, ad esempio, coi ristoranti sulla spiaggia. La logistica non rappresenta un problema: se si dovrà sacrificare qualche coperto per stare un po’ più larghi…pazienza. Ciò che conta è crescere come attività, fare fronte con regolarità agli impegni economico-finanziari e rendere felice e soddisfatta la nostra clientela”
- Cosa cambierà, più in generale, in Italia e nel mondo?
“Spero che tutto torni come prima. Mi auguro che quello che stiamo vivendo rimanga un triste ricordo che passerà alla storia, visto che non era mai successa una cosa simile. Auspico che la gente avrà di nuovo voglia di uscire, con l’avvicinarsi dell’estate, che si possa riscoprire il gusto della socialità, le uscite in comitiva, lo stare insieme per fare quattro chiacchiere in compagnia davanti a un buon piatto. Forse, la ripartenza vera sarà quando si recupererà la capacità di riscoprire i piccoli piaceri della vita, che ne costituiscono l’essenza più autentica”.