“L’antifascismo, presidio delle libertà democratiche oggi minacciate e persino negate”

23 Aprile 2020
Foto Nando Pappalardo

Ferdinando Pappalardo, Presidente ANPI Bari si confronta con il “25 aprile” ai tempi della quarantena

A causa della quarantena, quello del 2020 è il primo 25 aprile, dopo 75 anni, che non sarà festeggiato e celebrato con pubbliche manifestazioni. Qualcuno gongola, e auspica che sia arrivata la fine del 25 aprile, festa “divisiva”. Lei che cosa pensa? Come si celebrerà la Liberazione?

Per effetto delle restrizioni imposte dall’emergenza, il 75° anniversario della Liberazione non potrà essere celebrato, a Bari come nel resto del paese, con la solennità che meriterebbe. Si svolgeranno soltanto cerimonie istituzionali, e per giunta in forma ridotta; ma chiunque s’illuda che questo temporaneo ridimensionamento equivalga al certificato di morte del 25 aprile, dovrà ricredersi. Da decenni, peraltro, i nostalgici del fascismo e i sedicenti liberali propongono di cancellare questa data dal calendario delle festività repubblicane, perché anacronistica o “divisiva”. Ma le ricorrenze di eventi capitali nella vita di un popolo mantengono intatto nel tempo il loro significato simbolico: in Francia la festa nazionale coincide con il giorno della presa della Bastiglia, che pure avvenne nel remoto 1789. E il 25 aprile è divisivo soltanto nel senso che rappresenta lo spartiacque fra due epoche della storia dell’Italia contemporanea.

Facciamo il punto sulla situazione della conoscenza storica, dopo tre quarti di secolo. Gli italiani, e soprattutto i giovani, che cosa sanno della Resistenza, dell’antifascismo? È necessario approfondire la storia di quel momento costitutivo, e in quale direzione?

In effetti, a cominciare dagli anni Ottanta e per un periodo non breve, si era offuscata la memoria della Resistenza, e l’antifascismo era stato sbrigativamente archiviato come una fra le tante ideologie del “secolo breve”. In più, aveva avuto una certa fortuna una letteratura “revisionistica”, che rivalutava le ragioni dei “vinti” (i repubblichini). Oggi si registra un ritorno d’interesse per la Resistenza, anche fra i giovani. Ma tale interesse va alimentato e corroborato attraverso una adeguata divulgazione dei risultati della ricerca storiografica e delle testimonianze memorialistiche sulla lotta antifascista, soprattutto nelle scuole. Inoltre si avverte l’esigenza di approfondire l’analisi delle forme in cui si espresse l’opposizione al fascismo e all’occupazione tedesca nelle diverse realtà territoriali, compreso il Mezzogiorno, e di gettare luce sulla vicenda biografica dei tanti ‒ uomini e donne ‒ che contribuirono a restituirci la libertà.

L’antifascismo è attuale? Oltre a richiamare il sacrosanto dovere della memoria pubblica, che cosa rappresenta il 25 aprile per la coscienza di donne e uomini impegnati nella quotidianità, nel mondo del lavoro, della scuola, nella vita sociale?

L’antifascismo è reso attuale, non soltanto in Italia, dal diffondersi di fenomeni che minacciano di riconsegnarci a un’epoca di barbarie: primi fra tutti, l’antisemitismo, la xenofobia, l’odio razziale, la sistematica violazione dei diritti individuali e sociali, le discriminazioni di genere, il sempre più frequente ricorso alla violenza (verbale, ma anche fisica) come strumento di lotta politica. Detto altrimenti, l’antifascismo costituisce il più sicuro presidio delle libertà democratiche, oggi minacciate e persino negate in diversi luoghi del pianeta, inclusa l’Europa. Non è un caso se il canto di “Bella ciao” risuona ormai dappertutto. Il 25 aprile non può dunque esaurirsi nella liturgia degli anniversari; deve ispirare quotidianamente la vita pubblica e quella privata, traducendosi in atti e comportamenti coerenti con i valori della pace, della solidarietà, dell’uguaglianza, del rispetto reciproco, del civismo.

 La Costituzione italiana è nata dalla Resistenza. È una frase retorica, oppure ci indica il valore di diritti non sempre rispettati? La Costituzione, in definitiva, è ancora valida?

Chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale deve riconoscere che la nostra Carta fondamentale è l’espressione delle culture politiche dei partiti e dei movimenti che avevano combattuto il fascismo. Si potrà obiettare che quelle culture erano figlie di una particolare fase storica; ma i nostri padri costituenti dimostrarono una lungimiranza prodigiosa. E infatti non si limitarono a restaurare i diritti conculcati dal regime; si proposero di rimuovere i fattori che avevano favorito l’avvento della dittatura, dando vita a un sistema istituzionale incomparabilmente più avanzato rispetto a quello del vecchio Stato liberale, e ponendovi a fondamento una tavola di valori universali. In più, la nostra Costituzione ha un carattere dinamico, che la rende ‒ sotto questo aspetto ‒ unica al mondo. Non si limita cioè a semplici affermazioni di principio, alla enunciazione dei diritti e dei doveri del cittadino; indica obiettivi da raggiungere, che sono riassunti efficacemente nell’art. 3. Nella fase che stiamo vivendo alcuni di quei principi vengono messi in discussione; ma, soprattutto, molti obiettivi attendono ancora di essere conquistati. La Costituzione repubblicana è un cantiere aperto; quando il progetto sarà interamente realizzato, avremo una società più libera, più giusta, più coesa. È questo il traguardo per cui tutti i sinceri antifascisti continuano a lottare.

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