Baby gang di Manduria: non si potrà mai prevenire la violenza, ma potremo osteggiare l’omertà

29 Aprile 2019
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AGGIORNAMENTO: Martedì 30 aprile la Polizia ha arrestato 8 giovani – sei dei quali minori di 17 anni e due maggiorenni di 19 e 22 anni – con le accuse di  tortura e sequestro di persona

Uno dei difensori che assiste i giovani accusati di essere componenti della baby gang di Manduria, sospettata di aver causato la morte del disabile di 66 anni, Antonio Cosimo Stano  (derubato, bullizzato, seviziato per giorni, filmato con i cellulari e poi deceduto dopo 18 giorni di agonia) , in un’intervista ha detto: “Sono tutti ragazzi normalissimi, studenti di liceo nati e cresciuti a Manduria in contesti familiari a modo, figli di commercianti e impiegati pubblici”. Se questa è una giustificazione, è una giustificazione moralmente e umanamente inaccettabile:  nulla può giustificare tali crudeltà, forse solo l’aver vissuto in situazioni di forte disagio socio-economico potrebbe indurci a comprenderne le dinamiche. Sottolineare l’agiatezza degli indagati esalta solo la gratuità del loro agire e definirli “normalissimi ragazzi” ci fa riflettere su quanto aberrante possa diventare il concetto di normalità.
Ciò che è successo ci deve indignare, ma non sorprendere. Cose del genere sono sempre accadute e continueranno ad accadere (“Arancia Meccanica” docet), e indagare sulle motivazioni psicologiche di tale atto o invocare una giustizia severa servirà a ben poco.

È sui contorni che occorre agire, su quel mondo “per bene”, in questo caso, vicini, compagni di scuola e istituzioni, che hanno saputo e taciuto, per pigrizia o timore. Non si potrà mai prevenire la stupidità, l’aggressività e la violenza; ma potremo osteggiare l’omertà, offrendo sostegno e soprattutto sicurezza a chi vede e non approva certi crimini, in modo da fermarli per tempo, prima che giungano all’estremo limite della morte, come in questo caso. Dovremmo riprendere ad insegnare educazione civica e iniziare a deridere il bullismo (perché che lo si tema è proprio ciò che i bulli si auspicano, nel loro bisogno di sentirsi forti). Quando mi capita di parlare di bullismo, con i ragazzi delle scuole, propongo sempre una banale allegoria, per far comprendere quanto risibili siano i bulli e come l’aggressività sia indice di intima debolezza:
“Quando per strada si incrociano un grosso cane lupo e un piccolo volpino, quale dei due urla e si dimena di più? E secondo voi chi è più forte dei due? (in entrambi i casi le risposte sono scontate)… Ora sta a voi decidere se nella vita volete fare i ridicoli bulli/volpino, ostentando la vostra fragilità, oppure comportarvi da cane lupo, controllando la vostra forza e usandola solo per difendere i più deboli.”

Franco Caprio

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