Ciao Mario, primo caso di suicidio assistito in Italia

20 Giugno 2022
Federico Carboni, foto dell’Associazione Luca Coscioni

di Ilenia di Summa

Aveva scelto di chiamarsi Mario come nome “di battaglia”. E la sua è stata una battaglia a tutti gli effetti, per ottenere il diritto di accedere legalmente al suicidio medicalmente assistito. Il protagonista di questa storia si chiamava, in realtà, Federico Carboni e il 16 giugno 2022, alle ore 11.05, è deceduto a 44 anni, dopo 12 trascorsi in condizioni di tetraplegia, immobilizzato a letto, a seguito di un incidente stradale.

Federico Carboni, aveva scelto di farsi chiamare “Mario” per risparmiare a sé e alla propria famiglia la pressione, le domande e i commenti di chi ha sempre qualcosa da suggerire, criticare, consigliare. Gli ultimi anni della sua esistenza non sono stati facili: oltre al calvario della disabilità, ha dovuto affrontare quello burocratico e giudiziario, lungo circa due anni, prima di ricevere l’autorizzazione al suicidio medicalmente assistito, tramite l’auto somministrazione del farmaco letale.

Diversamente dall’eutanasia, illegale nel nostro Paese, nel caso di suicidio medicalmente assistito è la persona stessa che lo chiede a procurarsi la morte, ad esempio ingerendo dei farmaci (sotto la supervisione di personale specializzato), oppure premendo un bottone che inietta un farmaco in vena.

Nel corso degli ultimi due anni, Federico è stato sostenuto dall’Associazione Luca Coscioni, la quale ha anche lanciato una raccolta fondi per sostenere le spese di farmaci e macchinario, poiché in assenza di una legge – ha spiegato la stessa Associazione – lo Stato Italiano non si è fatto carico dei costi dell’assistenza al suicidio assistito e dell’erogazione del farmaco, nonostante la procedura sia consentita dalla Corte Costituzionale, con la sentenza 242 della Corte Costituzionale (22 novembre 2019).

Federico ha dichiarato: “Ringrazio tutti per avere coperto le spese del mio aggeggio, che poi lascerò a disposizione dell’Associazione Luca Coscioni per chi ne avrà bisogno dopo di me. Continuate a sostenere questa lotta per essere liberi di scegliere. Vi auguro buona fortuna, vi voglio bene”. Poi ha premuto il tasto per azionare l’aggeggio, come lo chiamava lui, e intraprendere quell’ultimo viaggio che avrebbe posto fine alle sue sofferenze.

La procedura di suicidio assistito è avvenuta sotto il controllo del dottor Mario Riccio, accanto a Federico c’era la sua famiglia, gli amici, Marco Cappato, Filomena Gallo e una parte del Collegio Legale. Le sue ultime parole, quelle sulle quali sarebbe il caso di riflettere a lungo, sono state: “Ora finalmente sono libero di volare dove voglio”.

La storia di “Mario”, pur rappresentando un passo in avanti sul fronte del fine vita, richiama l’attenzione sul fatto che in Italia continua a non esserci una legge che definisca regole e confini della delicatissima materia.

In foto Federico Carboni, foto Associazione Luca Coscioni 

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