In occasione del venticinquesimo anniversario della scomparsa di Bettino Craxi (Milano, 24 febbraio 1934 – Hammamet, 19 gennaio 2000), pubblichiamo integralmente una lettera scritta dallo statista il 27 dicembre 1996. Le immagini del documento originale sono disponibili sul sito dell’Archivio storico del Senato della Repubblica.
Senza con ciò voler attenuare le responsabilità del segretario del Partito Socialista Italiano, responsabilità che oggi si riconosce essere state condivise con l’intero sistema politico dell’epoca, il testo rivela la straordinaria lucidità di Craxi nel leggere il presente e intuire il futuro. Una testimonianza che, al di là delle controversie, invita a riflettere su una figura capace di cogliere le dinamiche più profonde della politica e del Paese.
Questa capacità, rara e solitaria nel panorama nazionale, fu pagata da Craxi con l’esilio e, in definitiva, con la vita. In fondo, la colpa che il nostro Paese fatica a perdonare a un politico, un intellettuale o un giornalista è proprio quella di avere il coraggio di mettere gli italiani in guardia da loro stessi.
Gianni Svaldi
Ai Socialisti, ai democratici e alla “Giovine Italia”
Un augurio e una speranza
Cari amici,
la falsa rivoluzione italiana ha provocato un disastro che è ormai di proporzioni sempre più grandi ed evidenti. Ha gettato l’Italia in un vero e proprio stato di fallimento. Esso è ad un tempo costituzionale, economico e politico. Da qualunque parte lo si voglia guardare, purché lo si faccia senza lenti di oscuramento, guardando da vicino o da lontano il Paese presenta nel suo insieme un aspetto a dir poco caotico. Lo Stato di diritto è stato letteralmente travolto dalle campagne organizzate da clans giudiziari, con un uso violento, arbitrario e persecutorio del loro potere, dalla strumentalizzazione politica che ne è stata fatta, dalla giurisprudenza “alternativa”, che è stata messa in atto, proprio così come teorizzavano le teorie pseudo-rivoluzionarie degli “anni di piombo”. Ne sono derivate illegalità ed ingiustizie e con esse in particolare anche sistematiche violazioni dei diritti dell’uomo e dei diritti della difesa in tanti processi falsati. Ordinanze e Sentenze “speciali” da ”Tribunali speciali”. Alcuni di questi processi sono stati trasformati persino in spettacoli di piazza, con l’aggiunta di un ricorso a iperboliche trasformazioni del reato accompagnate da molteplici e clamorose commistioni tra accusa e collegi giudicanti. Tutto questo ha provocato una devastazione umana ditale portata quale non si è verificata in nessun paese del mondo governato dalla civiltà del diritto e in un sistema di democrazia libera.
lo ne sono stato la vittima principale a causa del ruolo che rivestivo nella vita democratica, di ciò che rappresentavo e potevo ancora rappresentare. Sono stato colpito ripetutamente nel modo più violento, illegale ed ingiusto con il sostegno di ripetute aggressioni di settori della stampa e dell’informazione. Altri però hanno pagato con la vita e con sofferenze più dolorose di quelle che oggi mi toccano. Il partito che avevo guidato e rappresentato e che aveva prestato tanti servigi alla democrazia italiana contribuendo in modo significativo alla libertà, al progresso ed alla modernizzazione dell’Italia ed anche a nuove conquiste di civiltà, è stato letteralmente distrutto. Centinaia e migliaia dei suoi esponenti sono stati incarcerati o perseguitati. Molte persecuzioni ed umiliazioni sono state loro inflitte nel lavoro, nella professione, nella famiglia, nella vita sociale. E tutto questo sarebbe successo perché bisognava mettere allo scoperto il sistema di finanziamento illegale della politica che era, peraltro da decenni, un fenomeno ben conosciuto, facilmente riconoscibile e assolutamente generalizzato. La verità è che il fine non era quello di correre a dei ripari come sarebbe stato possibile fare. Si è invece utilizzato questo mezzo come arma di lotta politica, colpendo alcuni e non altri, agendo in modo selezionato e sofisticato, e in molti casi proteggendo settori ed amici politici, gli amici più vicini ed anche, per qualche interesse inconfessabile, quelli incontrati per strada.
La situazione politica dal canto suo si presenta anch’essa caotica come di più non potrebbe essere. In quattro anni di ”falsa rivoluzione”, si sono susseguiti ben cinque governi e l’ultimo sembra già in vista del capolinea anche se allo stato delle cose non se ne intravede la concreta alternativa. In quattro anni il Parlamento è stato rinnovato per ben tre volte. I vertici istituzionali, Capo dello Stato e Capo del Governo compresi, sono ora anch’essi fatti oggetto di sospetti e di accuse che se mai fossero fondate, non darebbero loro scampo, ed insieme a loro, in condizioni più o meno analoghe si trovano o potranno trovarsi diversi leaders politici. L’eroe della ”falsa rivoluzione”, il “mito nazionale” che, secondo una opinione pubblica drogata “doveva far sognare” l’Italia, si è trovato costretto a dimettersi prima da magistrato e poi da Ministro, investito da molteplici accuse, ed allo stato delle cose indagato nientemeno che per corruzione oltre che per altri gravi reati. Politica e giustizia e con loro spezzoni di apparati dello Stato, militari e non, sono ormai mescolati in una lotta di bande che sconvolge la vita pubblica e riserva ogni giorno una sorpresa dopo l’altra. Anche chi ha usato e si è fatto scudo dell’arma giudiziaria per i propri scopi politici, pur avendo ottenuto per se stesso risultati che non può che considerare ottimali, comincia ad arretrare di fronte a questo disastro mentre si stanno moltiplicando le voci che invocano la separazione tra politica e giustizia e nuove misure di garanzia di fronte ad un procedere delle cose che sembra divenuto ormai incontrollabile e sempre di più intollerabile. La maggioranza parlamentare che sorregge il governo, che non corrisponde peraltro alla maggioranza degli elettori, il che, secondo il principio democratico, non può non avere una sua valenza morale e politica, si presenta divisa, fragilissima e alquanto inconcludente, mentre le opposizioni non sono in grado di costituire una alternativa capace di riportare il paese sui binari della stabilità, dell’ordine costituzionale, della fiducia, del dialogo, e della solidarietà sociale e produttiva. L’una e l’altra, maggioranza e opposizione, si scontrano ormai in forme sino ad ora sconosciute alla storia della democrazia repubblicana provocando nel paese nuovo disorientamento e nuova sfiducia. Si parla di “riforme costituzionali” ma in modo tale che sembra piuttosto nascondere una sostanziale confusione di strategie, e comunque non si delineano con chiarezza le possibilità concrete di eventuali punti di incontro. Parimenti ci si tiene ben lontani dalla “diritta via” che sarebbe quella di una Assemblea Costituente eletta direttamente dal popolo sovrano. Così nacque la prima Repubblica dopo il Regno, e così dovrebbe nascere la Seconda se è di questo che si vuol parlare e non di limitati e parziali aggiustamenti. In queste condizioni l’economia sprofonda, la recessione avanza e sembra destinata ad aggravarsi, mentre la disoccupazione dal canto suo non può essere che in aumento.
Sono in uno stato di difficoltà anche le aree forti del Paese. Per le aree più deboli la situazione si presenta per tanti aspetti addirittura disperata. Interi settori produttivi ristagnano, cresce il numero delle società in stato fallimentare, vi sono imprese che ormai rateizzano persino il pagamento delle bollette del telefono, quattro famiglie su dieci non sono più in condizione di risparmiare una lira. Le nuove iniziative o non partono o tardano a partire, mentre si sta delineando un futuro incertissimo soprattutto per le giovani generazioni, che si affacciano senza prospettive sul mercato del lavoro. Senza ristabilire un clima di serenità, di fiducia e di stabilità, l’economia continuerà a farne le spese con effetti a catena che colpiscono e colpiranno in particola re i più deboli. Ai tempi del “maledetto craxismo” eravamo in testa ai paesi d’Europa sia come tasso di sviluppo che come ritmo di generale progresso, e ora ne siamo il fanalino di coda. Ancora il “maledetto craxismo” portò l’Italia nel gruppo dei Sette grandi paesi industriali del mondo. Oggi, continuando di questo passo, si prepara per il Paese un destino di gran lunga diverso. Si prospetta il nostro ingresso nell’Unione Monetaria Europea come un’ancora di salvezza, ma tutti sanno o dovrebbero sapere che alle condizioni attuali il nostro ingresso in Europa o è improbabile o sarà socialmente onerosissimo. Ma l’Italia non sembra più avere voce in capitolo, né in Europa, né nelle politiche regionali dell’Est-Europeo e dell’area mediterranea, dove pure contava e dovrebbe contare, né tantomeno sul più generale piano internazionale. Non può essere un Ministro a modificare questo stato di cose. Dipendente per le materie prime, sempre più dipendente per l’alta tecnologia l’Italia, per la natura tipica delle sue produzioni, è sempre più esposta, in condizioni assolutamente sfavorevoli, alla conflittualità competitiva con altre aree del mondo in via di rapido sviluppo.
L’economia soffre anche per una politica fiscale, da un lato inefficiente, e dall’altro completamente sbagliata. Ricordo solo che sempre ai tempi del “maledetto craxismo” la pressione fiscale rimase inalterata per il periodo dei governi da me presieduti al livello del 36%, mentre era iniziata la riduzione del fabbisogno statale e del debito pubblico. Ora siamo oltre il 50% e il risanamento delle finanze pubbliche procede in modo del tutto inadeguato e controverso. Se è vero, come si dice, che il debito pubblico nonostante le recenti nuove e gravose imposizioni, presenterà presto ancora un nuovo buco nero, risulterà ancora una volta provato che l’Italia è alle prese con una politica superficiale, miope e parolaia, che la sta spingendo verso una gravissima conflittualità sociale accrescendo tutte le grandi incognite che già pesano sull’orizzonte economico.
Da questo stato di cose è difficile uscire eppure bisogna uscirne.
Tutto si tiene nello stesso groviglio di problemi e di contraddizioni non risolte. Si dovrebbe innanzitutto avere il coraggio di parlare il linguaggio della verità su tutto. Cosa che non si è fatta per mancanza di coraggio politico, morale ed intellettuale. Si attui quella che è stata chiamata una “operazione verità”. Si ponga fine a questa “falsa rivoluzione” che dopo quattro anni, fa già ripetere ad un numero crescente di italiani il classico ma poco incoraggiante “si stava meglio quando si stava peggio”. Non bisogna avere nostalgia del passato che naturalmente non è stato esente da errori, ma al contrario bisogna guardare al futuro modificando con decisione una situazione che ha dato solo frutti amari, perversi ed avvelenati. Quando si dice che tutto questo dramma era il prezzo che bisognava pagare per la lotta a fondo alla corruzione che è stata condotta da un gruppo di valenti e coraggiosi magistrati, da una informazione libera che li ha sorretti con entusiasmo, e da una classe politica rinnovata che ha dato in questo modo vita ad un profondo rinnovamento, si dice una cosa completamente falsa. Innanzitutto si compie, ogni giorno, in modo consapevolmente demagogico una equiparazione arbitraria tra il fenomeno del finanziamento illegale della politica, e le degenerazioni che ne possono essere derivate, con il fenomeno della corruzione. Quest’ultima è un delitto che è stato ed è sempre alle porte, che non risparmia o può non risparmiare nessun settore della vita pubblica o comparto dello Sta to, magistratura compresa, e che deve essere combattuto alla pari di altri delitti, meno gravi o più gravi, che si ripetono nella vita della Società e della Pubblica Amministrazione. Per il resto molti dei magistrati di cui si parla erano in carriera da decenni, non vivevano di certo con gli occhi bendati, né nessuno aveva loro tagliato la lingua né legato le mani.
L’informazione, se è stata condizionata nella sua libertà, lo è stata, come lo è del resto ancora ad opera soprattutto del potere di chi la possiede od è in condizioni di controllarla. E quanto alla nuova classe politica, salvo forse eccezioni limitate, di tutto si può dire ma non che essa provenisse da una lunga marcia di lotta d’opposizione ad un sistema che si finanziava illegalmente, giacché il finanziamento era illegale tanto per partiti di governo che per partiti di opposizione. Una classe politica, almeno in parte, composta ancora da esponenti del cosiddetto vecchio regime, attori della vecchia politica, tenori o coro del vecchio sistema. E infine non si dice, o non si dice an cora, che cosa tutto questo sia costato fino ad oggi in termini umani, economici, finanziari e di spesa pubblica. Chi vorrà fare i conti della ”falsa rivoluzione” li troverà salatissimi.
Chi oggi guarda al futuro dell’Italia, con intelligenza, con lungimiranza, con l’animo aperto, e con spirito di dedizione verso il proprio Paese, non può non trovare in se stesso la forza per concorrere ad una svolta decisiva e radicale per riportare una grande Nazione che non merita la sorte che sta subendo, sulla sua strada maestra. Reagire, lottare, riassociarsi e riorganizzarsi è soprattutto il compito ed il dovere di chi sconfitto, disperso, perseguitato e calunniato, non piega il capo in segno di rassegnazione.
È quindi il dovere dei socialisti, dei democratici e dei laici che assumendo una decisa iniziativa possono giungere ad unire e federare le loro forze, compiendo un’analisi corretta della condizione in cui vivono il Paese, la sua democrazia, la sua economia, il suo Stato di diritto, denunciando a voce alta, al fine di contribuire a risolverli, tutti gli elementi di crisi che si stanno accumulando nella società italiana. Ognuno faccia quello che può fare. lo costretto lontano dal mio paese posso solo esprimere un augurio ed una speranza guardando a ciò che può riservare per tutti il nuovo anno.
Fraternamente
Bettino Craxi
(27 dicembre 1996)