Il sacerdote barese missionario Fidei donum in Etiopia fu ucciso all’età di 43 anni in un agguato a Soddu Abala il 19 giugno 1992
DI Michela Di Trani
La biografia di Don Franco Ricci l’ha scritta Marco Pesola, già preside dell’Istituto Amedeo D’Aosta – che in Etiopia sui luoghi di Don Franco è andato due volte, nel 2012 e nel 2018 – nella pubblicazione dall’omonimo titolo, edita dalla Stilo editrice (2012). L’obiettivo era quello di realizzare un testo corredato di immagini accompagnate di brevi e intense didascalie che raccontassero la vita di fede, la passione per la verità e la giustizia, i luoghi, le opere in Africa di Don franco. Nasce a Bitonto il 23 aprile del 1948, studia dai salesiani; si impegna nell’azione cattolica; decide di entrare quindi in seminario. Viene ordinato sacerdote; comincia subito a prendersi cura di poveri e di sofferenti. È la sua attenzione ai poveri che gli fa decidere di andare in missione. Era impaziente. Dopo una lunga e adeguata preparazione, per l’apprendimento della lingua inglese trascorre un anno a Londra, nel novembre 1982, parte per l’Africa, come sacerdote Fidei donum alla diocesi di Awasa, nella regione di Sidamo in Etiopia. Si impegna molto per conoscere la situazione socio-culturale del Sidamo. Nelle sue lettere spiega che non è più tempo di colonialismo culturale che impone un determinato tipo cristianesimo, ma è necessaria la formazione delle comunità. Nel 1988 viene trasferito a Soddu Abala, dove sarà primo parroco. Qui tra tante difficoltà, confidando nel sostegno spirituale e materiale della Chiesa barese, evangelizza, battezza, celebra l’Eucarestia, ma si batte anche per l’istruzione, per il progresso civile per la giustizia sociale. Costruisce quattro chiese in fango e una scuola elementare. Alla madre e alla sorella in una lettera chiederà di essere sepolto lì. Per un periodo lo raggiungerà in Africa Don Tonino Bello, il quale – racconta – restò colpito dalla sua fede. Don Franco gli chiese di portare i saluti alla sua famiglia. Don Tonino, rientrato a Bari, prima di tornare nella sua Molfetta, si recò a casa della madre. Il 19 giugno del 1992 viene ucciso in un agguato da banditi che lo avevano minacciato di morte se egli avesse denunciati, come appunto fece, le ingiustizie da loro commesse alla povera gente. Don Franco aveva scritto di sé e di altri come lui impegnati della missione: Siamo persone scomode, perché vediamo e non sappiamo tacere. “Non è per sbaglio, ma per essere fedele a Cristo, che Don Franco è stato ucciso, ha testimoniato di lui Don Leonardo D’Alessandro, barese anche lui, che ne ha raccolto l’eredità, continuando l’opera a Soddu Abale.
L’avventura umana e religiosa di don Franco Ricci, missionario in Etiopia, e la sua tragica conclusione all’età di 43 anni per mano di bande armate andrà in scena sabato 28 ottobre 2023, alle ore 20, nella Cattedrale di Bari, con una rappresentazione teatrale dal titolo “Il profumo di Dio” per la regia di Enzo Proscia. Allo spettacolo, promosso dall’Ufficio Missionario della Diocesi di Bari -Bitonto, parteciperà anche l’arcivescovo di Bari Bitonto Giuseppe Satriano. Nel cast dello spettacolo fra gli attori, anche don Antonio Eboli nel ruolo di Don Tonino Bello, Rosanna D’Addato, Livia Mangialardi, Davide di Terlizzi.
A dare il volto a Don Franco Ricci nella rappresentazione teatrale sarà lo stesso regista Proscia: “Non conoscevo la storia del missionario. Quando me l’hanno proposto, mi sembrava impossibile che fossi proprio io a interpretarlo. Mi caricava di grande responsabilità reggere il ruolo di una persona che ha concepito davvero la vita come un dono. Poi, ho studiato i suoi scritti, ho ascoltato varie testimonianze, mi ha stimolato, incuriosito molto il personaggio. Ho colto anche l’importanza e il valore di essere testimoni dell’impegno e del sacrificio di Don Franco che continua anche attraverso il teatro.
Chi è per lei Don franco Ricci?
Un esempio, un uomo tenace, libero, capace di restare saldamente aggrappato all’essenziale, dovremmo conoscerlo di più, soprattutto tra le nuove generazioni. Era giovane quando ha lasciato la sua terra e la sua famiglia per un ideale: essere accanto ai poveri, agli ultimi in un territorio alla periferia del mondo a lui sconosciuto. Ci è rimasto per dodici anni. Una scelta controcorrente in tempi moderni vivere secondo la forma del Vangelo, in povertà e fraternità, ma generatrice di tanta speranza.
Qual è il tratto della figura di Don Franco che l’ha più colpita?
Era una persona vera, non aveva maschere, non interpretava ruoli. Se era arrabbiato o triste non faceva nulla per nasconderlo. Non si sentiva costretto nel suo ruolo di religioso, era un uomo che non temeva di mostrare le sue fragilità. Era una persona coerente e fedele a Dio e alla sua comunità etiope.
La rappresentazione comincia dalla fine, dall’uccisione di Don Franco. Cosa ha scatenato l’ira dei suoi assassini secondo lei?
Li aveva denunciati per le ingiustizie da loro commesse nei confronti della povera gente. Certi meccanismi del più forte che cerca di schiacciare il più fragile, sono insiti nella natura umana. Guardiamo alle guerre in corso, noi sentiamo più vicina quella ucraiono-russa, ma ce ne sono tante sparse nel pianeta, alla crisi in medio oriente, al terrorismo: non sono altro che degli scontri sul piano della forza, per cui non vince chi ha ragione ma chi è più forte. Per questo, chi è più debole la subisce in maniera devastante, provoca dolore e morte a tanti innocenti. La violenza e le guerre sono sempre una sconfitta. Non portano ad alcuna soluzione.
L’opera di Don Franco continua a vivere, attraverso l’opera di Don Leonardo D’Alessandro, attuale parroco a Soddu Abala, anche egli missionario Fidei donum dell’Arcidiocesi di Bari Bitonto, e a tante nuove vocazioni religiose di sacerdoti e suore. Accanto alla scuola elementare fatta costruire da Don franco, è nata una scuola media, la installazione di pannelli solari per l’auonomia energetica e sostegno negli studi superiori per tanti giovani che possono diventare risorse importanti per la crescita sociale, civile ed economica della comunità.