Giorgio Faletti ancora oggi ci insegna a ricominciare

4 Luglio 2024
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Il 4 luglio del 2014 moriva Giorgio Faletti, l’artista che ha saputo reinventare se stesso e lasciare un grande messaggio

DI Gianni Svaldi

Dieci anni fa, il 4 luglio 2014, ci lasciava a 63 anni Giorgio Faletti. Il suo romanzo “Io uccido”, che rivoluzionò il thriller all’italiana, a distanza di oltre 20 anni è ancora un libro senza tempo, attualissimo, intelligente e innovativo. Poco conosciuto, ma altrettanto intelligente, è il suo racconto “La ricetta della mamma”, inserito nella collana “Giallo Uovo: ne uccide più lo spaghetto che la spada”.

Ma quello che ricordiamo tutti oggi come uno dei grandi autori del nuovo millennio, scrittore lo diventò tardi: a 52 anni.

Classe 1950, Faletti, nato ad Asti il 25 novembre, fu cabarettista, cantante e attore. Forse la cosa che gli riuscì meno meglio fu proprio la prima. Cresciuto artisticamente al Derby di Milano negli anni ’70 e poi sbarcato al Drive In nell’85, fu sullo stesso palco calcato da  Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Paolo Rossi, Giorgio Porcaro, Francesco Salvi, Enzo Jannacci. Per poi arrivare al Drive In delle reti Fininvest nel 1985.

Era uno che faceva ridere, ma voleva far anche pensare.

Il suo brano “Signor Tenente”, che tutti ricordiamo per il ritornello “Minchia signor tenente”, lasciò a bocca aperta il pubblico e la critica dell’edizione del 1994 di Sanremo. Tutti si aspettavano un brano comico, ma Faletti, a 44 anni, regalò una canzone di denuncia, dalla parte dei ragazzi del Sud che diventavano carabinieri per sfuggire alla miseria, nella stagione delle stragi di Capaci e via D’Amelio.

Il Derby Club di Milano, alla fine degli anni ’70 del XX secolo; da sinistra: Ernst Thole, Diego Abatantuono, Enzo Jannacci, Mauro Di Francesco, Giorgio Porcaro, Massimo Boldi e Giorgio Faletti (public domain)

Nel 2006, a 56 anni, dopo il successo enorme di “Io uccido”, recitò nel film “Notte prima degli esami” interpretando il professor Antonio Martinelli, docente di lettere severo ma alla fine umano, ruolo che gli valse la candidatura al David di Donatello come migliore attore non protagonista.

A distanza di 10 anni dalla sua morte per le conseguenze di un tumore, Faletti manca al mondo della cultura italiana, ma resta il testamento da lui lasciato: che l’età anagrafica non conta, che puoi sempre imparare un mestiere nuovo e ricominciare. Che puoi sempre studiare qualcosa di nuovo. Che nessuna partita, al di là della durata, è finita sin quando l’arbitro non fischia tre volte.

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