DI Ilenia di Summa
Che il Medio Oriente fosse una polveriera pronta a esplodere era cosa ben nota da tempo. Che l’intelligence israeliana non riuscisse a intercettare un attacco organizzato che, per violenza, non ha precedenti nella storia del Paese, scatenando, di fatto, una delle peggiori crisi di sicurezza interna della storia di Israele, stupisce non poco, e addensa nubi sull’economia mondiale e sull’approvvigionamento di energia.
In un quadro internazionale così complesso le conseguenze per il nostro Paese non si sono fatte attendere, è infatti in rialzo il prezzo di gas e petrolio e cresce la preoccupazione per la sicurezza interna e per il rischio di una escalation bellica. L’Italia e altri dieci Paesi hanno deciso di sospendere Schengen e reintrodurre i controlli ai confini per far fronte all’allarme sicurezza, “una misura temporanea” ha assicurato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che nei prossimi giorni si incontrerà a Trieste con i colleghi di Slovenia e Croazia “per concordare insieme delle modalità di attuazione di una collaborazione che possa rendere più ponderata questa misura”. Per quanto riguarda invece la sicurezza interna il capo della Polizia Vittorio Pisani ha diramato una circolare dove è riportata la necessità di “rafforzare i servizi di vigilanza e controllo del territorio a carattere generale e sensibilizzare con effetto immediato le misure di vigilanza e sicurezza a protezione degli obiettivi diplomatico-consolari, religiosi, culturali, economici e commerciali israeliani, ebraici e palestinesi e di ogni altro sito e/o interesse ritenuto a rischio per la circostanza”.
A questo si aggiunge la previsione del Fondo Monetario che ha rivisto al ribasso il nostro Pil, sia per quest’anno che per il prossimo.
Sergio Nicoletti Altimari della Banca d’Italia ha dichiarato: «I rischi che gravano sull’attività economica sono elevati e orientati al ribasso. Le tensioni geopolitiche, legate sia al conflitto in Ucraina, sia ai feroci attentati in Israele, generano forte incertezza circa le prospettive di crescita. Queste ultime potrebbero risentire anche dell’indebolimento dell’economia cinese e, nell’area dell’euro, di una trasmissione particolarmente intensa della stretta monetaria, con un ulteriore irrigidimento delle condizioni di offerta del credito».
Come era legittimo attendersi dopo l’attacco sferrato da Hamas e la dura reazione israeliana, il prezzo del petrolio è leggermente salito; il dollaro e l’oro, beni rifugio, si sono rivalutati, mentre le borse hanno reagito con lievi oscillazioni. Nel complesso, al momento, le reazioni risultano limitate, coerenti con l’ipotesi che il conflitto fra israeliani e palestinesi, rimanga in un’area circoscritta. Non essendo coinvolti, finora, Paesi produttori, e non essendo aumentata la domanda, gli aumenti sono, in buona misura, frutto di speculazione, legata all’ipotesi di estensione del conflitto.
Per quanto riguarda il gas, tornato vicino ai 50$ malgrado gli stoccaggi siano, in Europa, al 97%, il discorso è ancora più complesso, in particolar modo per il nostro Paese, dove l’aumento potrebbe ripercuotersi sull’inflazione. Secondo gli analisti, siamo il paese europeo che più fatica a liberarsi dall’inflazione proprio per i costi di carburanti ed energia, e queste tensioni si faranno sentire sulle bollette. Il ministro Gilberto Pichetto ha annunciato: “A dicembre scade il price cup e io chiederò all’UE che sia rinnovato per un anno. Il rinnovo significa avere una spada di Damocle di sospensione delle quotazioni, qualora qualcuno esageri con il profitto e le speculazioni. Ed è un rischio che c’è sempre nel mercato mondiale”.
La guerra fra Israele e Palestina ha già prodotto instabilità internazionale e molte incertezze a livello economico, ma è ancora presto per valutarne le conseguenze, in quanto i fattori e gli attori in gioco sono molteplici: un conflitto contenuto tra Israele e Palestina non dovrebbe avere un impatto duraturo sui mercati dell’energia, mentre un’escalation che coinvolga altri attori potrebbe causare un’impennata dei prezzi.