Il paradosso è che nella Cina della tecnologia che “tutto può fare”, un gruppo di ragazzi protesta per due temi antichi come l’uomo: per la libertà e il rispetto della persona. I ragazzi di Hong Kong si sono ribellati. E la protesta è uscita fuori dai social. La marcia di sabato scorso è stata organizzata contro i lampioni intelligenti che il governo cinese ha installato per le strade. La paura dei manifestanti con gli ombrelli (l’ombrello è il simbolo della protesta) è che, attraverso delle telecamere, servano a controllare tutto. Un grande fratello che spaventa. Chi ha scattato le foto, che potete scorrere nella galleria, vuole che l’occidente sappia che dei ragazzi sono in piazza per un mondo nuovo, con Governi meno totalitari, con una tecnologia libera e non strumento del potere. Quando parli di tecnologia devi pensare anche alla tutela della libertà, perché la prima è apocalittica se non si basa sulla seconda. Il problema è profondo, e la lotta ai lampioni ne è una parte: Hong Kong ha in cantiere un disegno di legge che consentirebbe l’estradizione dei dissidenti in città nella Cina continentale. Il che, per molti, vorrebbe dire veder sparire nel nulla i dimostranti arrestati. La legge è per ora bloccata ma la rabbia è rimasta. I manifestanti vogliono fondamentalmente il blocco dell’estradizione, un’inchiesta sulla polizia e sull’uso della forza contro i dissidenti e il diritto di eleggere i propri leader senza che Pechino ci metta il becco. A guidare la protesta non sono vecchi parrucconi della politica, riciclati che passano dalla poltrona alla piazza a seconda della bisogna, ma ragazzi. I ragazzi che meglio degli adulti hanno metabolizzato la tecnologia, che meglio la conoscono, oggi la temono. Da Hong Kong mi arriva un messaggio mentre scrivo: abbiamo anche paura che nelle nuove carte d’identità vi sia una tecnologia in grado di localizzare chi la porta con sé.
Nella protesta c’è un messaggio di fondo che ritroverete in questo reportage fotografico della notte tra sabato 31 agosto e domenica. Tra le foto vedrete gente normale che si pone davanti ai mezzi della polizia. Lo fa per emulare il “rivoltoso sconosciuto”, Tank Man di Piazza Tienanmen nell’immagine che più delle altre è un Manifesto del ‘900. Pechino in quella occasione affogò la protesta nel sangue. Questa volta, sperano i dimostranti di Hong Kong, non dovrebbe commettere lo stesso errore.
Chi vuole la libertà e chi preferisce la schiavitù – La metropoli è tornata nel 1997 sotto il controllo della Cina, dopo 150 anni di modello britannico. Pechino ha assicurato che per 50 anni da quella data non toccherà i diritti, fino al 2047. Tra questi ci sono il diritto di manifestare, la stampa libera e la libertà di parola. E dà un senso di imbarazzo pensare che mentre ci sono popoli che lottano per i diritti, in Italia c’è chi, sostenendo tesi sovraniste e autoritaristiche, non vede l’ora di vederli eliminati.
Nota: le foto sono di proprietà di chi le ha scattate, il nome dell’autore è riservato per la sua tutela