DI Ilenia di Summa
Scoperta una foresta sottomarina di corallo nero al largo dell’isola di Marettimo, la più occidentale delle Egadi, la biodiversità delle cui acque si deve proprio alla presenza di questo prezioso animale. A capo della spedizione che è riuscita ad individuare e filmare la distesa dei coralli Giovanni Chimienti biologo marino e ricercatore presso l’Università degli studi di Bari Aldo Moro.
“Abbiamo intuito -ha spiegato Chimienti- come la grande varietà di specie marine in questo tratto poteva essere giustificata dalla presenza di questo piccolo invertebrato”.
Il corallo nero cresce a profondità elevate dai 50 ai 300 metri dove le correnti marine sono più forti, la sua caratteristica infatti è una certa elasticità che gli permette di sopravvivere e allo stesso tempo di fungere da rifugio a numerose altre specie. Per individuarli sono state necessarie tre campagne di ricerca che si sono avvalse tanto delle testimonianze dei pescatori locali che riportavano di averli a volte trovati nelle proprie reti quanto della tecnologia fornita dai ROV (Remotely Operated Vehicle) che hanno scandagliato i fondali scendendo fino a profondità superiori ai 400 metri.
La spedizione rientra nel progetto Sea Beyond, programma educativo per la salvaguardia degli oceani avviato nel 2019 grazie alla collaborazione tra la commissione oceanografica intergovernativa di Unesco e la casa di moda Prada che in questo caso hanno anche finanziato le ricerche da cui è nato il documentario del National Geographic “Il bianco nel Blu” (il corallo nero appare infatti a prima vista come una distesa di arbusti bianchi) diretto da Igor d’India e presentato a Marettimo il 18 Luglio. Uno degli scopi del documentario è proprio quello di far conoscere alla popolazione locale l’importanza di questo patrimonio naturalistico tanto bello quanto fragile in quanto costantemente minacciato dallo sbiancamento dovuto all’aumento delle temperature dei mari e alla pesca incontrollata. Sarà poi la comunità a decidere cosa fare e come muoversi per tutelare e valorizzare tale risorsa.
I finanziamenti sono il risultato di un circolo virtuoso iniziato con la raccolta dei rifiuti presenti in mare come reti da pesca, plastiche e microplastiche, che una volta rigenerate e trasformate in tessuti sono state usate per la produzione di abbigliamento e accessori. Parte del ricavato della vendita è stato destinato a questo progetto di ricerca dimostrando come il dialogo e la collaborazione tra territorio, istituzioni, e privati possa portare a ottimi risultati.