MOLFETTA - Si prega e si spera per il Servo di Dio mons. Tonino Bello (per tutti semplicemente don Tonino Bello), vescovo di Molfetta-Ruvo- Giovinazzo-Terlizzi (1935-1993), uno fra i protagonisti più vivaci della Chiesa italiana del secolo scorso. Il Santo Padre venerdì 20 aprile in occasione del 25 anniversario della morte del “pastore con il grembiule, autentico testimone del vangelo", scomparso prematuramente per un tumore allo stomaco, sarà nella città che 25 anni fa gli diede l’ultimo saluto. Per la visita del Papa sono attesi 50.000 persone e 62 vescovi che giungeranno da tutte le diocesi d’Italia per concelebrare la messa con Papa Bergoglio, a ridosso delle banchine del porto. Subito dopo si recherà ad Alessano, che ha dato i natali a Don Tonino il 18 marzo 1935, e che ospita la sua tomba, presso la quale il Pontefice sosterà in preghiera. Sono segni. Tutti a favore del sacerdote innamorato di Cristo e al servizio degli uomini sulla via della santità. Ma che significato ha la visita di Papa Francesco sui luoghi di Don Tonino nei prossimi giorni? Potrebbe influenzare la Causa di canonizzazione del Servo di Dio Antonio Bello? Chi è il Servo di Dio? Ne abbiamo parlato con mons. Luigi M. De Palma, nominato il 21 giugno 2014 Postulatore per la fase romana della causa di canonizzazione.
Mons. De Palma a che punto è la causa di canonizzazione del Servo di Dio Antonio Bello?
Per il momento le posso dire che la causa ha ottenuto tutte le convalide rilasciate dalla Congregazione per le cause dei Santi e si sta procedendo alla stesura della positio, cioè il dossier relativo alla vita e alle virtù e alla fama di santità. Davanti al Tribunale i testimoni sono chiamati a riferire fatti concreti sull’esercizio, ritenuto eroico, delle virtù cristiane, e cioè delle virtù teologali: fede, speranza e carità, e delle virtù cardinali: prudenza, giustizia, temperanza, fortezza, e delle altre specifiche del proprio stato di vita. La posizione deve essere supportata dai documenti raccolti. Tenga conto che il tribunale ha fatto un vero e proprio processo con 80 sessioni, ha proceduto alla escussione di 60 testimoni, ha raccolto tutti gli scritti del Vescovo, le testimonianze sulla fama di santità.
Lei ha avuto modo di vedere questo materiale? Diventerà Santo e che santo sarà Don Tonino?
Questo non lo posso dire. Dipende dal giudizio supremo della Chiesa. Io non posso esprimere un giudizio. È certo per me, non è in dubbio che il vescovo sia già in paradiso per il suo amore nei confronti dei suoi fratelli più deboli e della Chiesa. Il riconoscimento della santità da parte della Chiesa è una procedura molto lunga e la prudenza della Chiesa in questo senso è proverbiale. Poi per giungere alla beatificazione ci vuole il miracolo per intercessione del Servo Di Dio. Intanto alla postulazione sono giunte segnalazioni numerose di grandi benefici spirituali ottenuti per intercessione di Mons. Bello. Anche per quanto riguarda la segnalazione di presunti miracoli la postulazione sta esaminando che ci sia fondatezza. Bisogna dimostrare con le prove se c'è stato un intervento soprannaturale. Quando questo miracolo comprovato attribuito all'intercessione del Servo di Dio è riconosciuto come autentico si arriva alla beatificazione. Per la canonizzazione occorre un altro miracolo, attribuito all’intercessione del Beato e avvenuto dopo la sua beatificazione. Le modalità dell’accertamento dell’asserito miracolo sono uguali a quelle seguite per la beatificazione.
Mons. De Palma, in questo lungo iter che ci ha spiegato Don Tonino è Servo di Dio. Che significa?
Ad iniziare l’istruttoria è competente il vescovo della diocesi in cui è morta la persona di cui è richiesta la beatificazione. Si diventa Servo di Dio quando si chiude il processo ed è consegnata la documentazione alla Congregazione per le cause dei Santi. Pertanto, Mons. Bello è Servo di Dio perché il processo diocesano è concluso. Adesso si aspetta che possa pronunciarsi la congregazione sul riconoscimento delle virtù eroiche. Il miracolo si può riconoscere anche con un processo parallelo, perché è un altro processo.
Secondo lei in tutti questi processi in atto su Don Tonino come si configura la visita di Papa Francesco a Molfetta e ad Alessano il prossimo 20 aprile?
È stata la risposta all'invito che il vescovo di Molfetta Mons. Domenico Cornacchia ha rivolto al Papa per il venticinquesimo anniversario della morte di Mons. Bello, per il quale è già conclusa la fase diocesana del processo. Il vescovo molto umilmente e semplicemente ha invitato il Papa a visitare i luoghi in cui ha vissuto il vescovo. Ecco perché il Papa ha risposto positivamente.
Sì, ma mi scusi l’insistenza, con tutto quello che ha da fare Papa Francesco in Italia e nel mondo perché ha deciso di conoscere i luoghi di Don Tonino Bello?
È certamente una testimonianza, un apprezzamento. Al cimitero di Alessano il Santo Padre farà una visita privata a una persona che ritiene esemplare, degna di essere ricordata in una circostanza come il venticinquesimo della morte. Per questo dico che bisogna stare attenti, non bisogna far dire o far fare al Papa quello che non ha detto, non dirà e non farà. Non bisogna esagerare, indubbiamente è una testimonianza, è un grande onore che il Papa visiterà la sua tomba ma non è una dichiarazione di santità. Le ripeto il lavoro non è semplice, siamo in uno stadio avanzato, bisogna ancora compilare un dossier che non sarà inferiore a 450 pagine.
Possiamo dire che tanto è stato fatto ma c'è ancora tanto da fare?
Sì, è stato fatto tantissimo. Tenga conto che il processo si è svolto in 3 anni in cui come le ho detto 80 testimoni in tribunale son stati interrogati. Questo numero di testimoni non è uno scherzo. Ci sono state anche delle petizioni perché si avviasse la causa, sono circa 23 richieste per un totale di 1450 firme.
Qual è la virtù che più emerge di Don Tonino Bello?
È difficile dirlo. I testimoni ascoltati non sono pochi, io posso dire la mia impressione. Cioè che il vescovo davvero abbia lasciato una grande eredità con la sua testimonianza di fede, come un vescovo che ha vissuto il suo sacerdozio per amore di Cristo in perfetta unione e fedeltà alla Chiesa sua sposa. Questo affiora anche nell'esercizio della carità e nell'attenzione che lui ha avuto in tante situazioni anche di vita quotidiana, che comprendeva gesti straordinari anche in situazioni difficili. E poi aveva la capacità di tradurre il Vangelo con un linguaggio concreto, talvolta con stile poetico ma anche con accenti che in qualche occasione risultavano un po' sgradevoli ma avevano l'efficacia di raggiungere il cuore delle persone. Ma di Don Tonino non si ricorda solo la sua vita pubblica, anche a livello di diocesi ha svolto una buona programmazione pastorale, ha proposto un progetto che prevedeva il trasferimento dei sacerdoti in base ai servizi ministeriali che potevano essere compiuti dai sacerdoti nelle varie città. A livello di pastorale diocesana c'è stato un lavoro intenso da parte sua che è quello che lo ha portato al di fuori dei confini diocesani. Talvolta ha trascurato anche se stesso, poi si è ammalato ed è morto. Si risparmiava su nulla.
Mons. Bello ben si concilia con il modello di santità descritto dal Santo Padre nell’esortazione apostolica Gaudete et exultate, con cui Papa Francesco chiama tutti alla santità nelle occupazioni quotidiane, definita “santità della porta accanto”
È un elemento che appartiene alla disciplina della Chiesa, non è una novità. Nel senso che se si approfondisce la spiritualità benedettina, emerge che il monaco vive la santità nella sua quotidianità. Sono stati iscritti, infatti, nel catalogo dei santi anche tanti e tanti laici, madri di famiglia che hanno vissuto la loro fede cristiana alla sequela dell'amore di Gesù Cristo in maniera molto ma molto semplice e naturale, alcune volte compiendo atti eroici molto spesso solo con la loro testimonianza. Sono persone comuni, che come si dice nel gergo televisivo “non hanno forato il teleschermo”. Per esempio come può essere successo per tutti i nostri papà e, le nostre mamme, i quali sono stati fedeli a Cristo perché vivevano in maniera molto semplice la vita cristiana, si sono saputi donare per i figli e per la famiglia. Ma per tornare a Don Tonino, egli comunque ha compiuto degli atti straordinari, ha avuto uno stile di vita che lo ha messo un po' al di sopra, come dire al di fuori della normalità. Ci sono stati momenti in cui la sua testimonianza è stata davvero eccezionale, degna di rilievo e questo emerge dalla sua biografia.
A cosa si riferisce?
Non so se si ricorda quando c'è stato lo sbarco degli Albanesi a Bari, lui immediatamente si è precipitato al porto di Bari. A Giovinazzo quando ci fu la crisi delle ferriere, lui andò in mezzo agli operai che rischiavano il licenziamento, il quale significava tante famiglie messe sul lastrico. È stato con loro, ha preso le loro difese. Ma ce ne sarebbero tante di circostanze da raccontare, come la sua marcia a Sarajevo nel periodo in cui era già ammalato. Sono gesti che hanno un loro significato che rivelano quale sia stata la fede di Monsignor Bello.
Giuseppe Calabrese