Padre Bahjat Elia Karakach vive da due anni a Damasco ed è il superiore del convento francescano della conversione di San Paolo, oltre ad essere parroco di una comunità cattolica di rito latino. Le sue giornate sono piene d’impegni. Sostenere quattrocento famiglie povere non è cosa da poco, soprattutto se si vive in Siria. Sono le otto del mattino ed il telefono squilla. Il presunto attacco chimico da parte del governo siriano di Bashar al-Assad e la reazione bellica di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna sono benzina sul fuoco per tutta l’area medio – orientale. Al terzo squillo risponde al telefono. Padre Bahjat, ha voglia di parlare e raccontare la sua verità. Ama la Siria e per amore del suo popolo non fa giri di parole. È un fiume in piena. Ma all’improvviso la conversazione viene interrotta dal rombo di un aereo, forse pronto a bombardare a sud di Damasco. Rimango in silenzio per qualche istante, mentre il frate non si scompone, anzi continua spedito il suo racconto con la consapevolezza di chi alla guerra, purtroppo ci ha fatto il callo.
Padre Karakach, sono trascorsi dieci giorni dall’attacco sferrato da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia a seguito del presunto attacco chimico di Duma. Cosa sta accadendo in queste ore in Siria e nella sua Damasco?
La città è sotto il controllo del governo, ad eccezione di alcuni territori a sud di Damasco restano in mano di alcune centinaia di ribelli aderenti all’Isis. Il gruppo jihadista controlla dal 2015 gran parte del campo palestinese di Yarmuk ed alcune zone dei quartieri di Hajar al –Aswad, Tadamon e Qadam. Con molta probabilità le sacche di resistenza verranno sconfitte a breve restituendo il pieno controllo della città alle forze governative. Infatti, da giovedì scorso gli aerei militari governativi hanno ripreso i bombardamenti, colpendo i depositi e i tunnel utilizzati dai terroristi per trasportare le armi.
Il governo siriano, lo scorso 7 aprile avrebbe sferrato un attacco chimico su Duma, ultima città da strappare ai ribelli nella martoriata regione del Ghouta orientale. Almeno almeno 70 persone sarebbero morte e almeno 500 sarebbero rimaste intossicate
È una menzogna. Questo non può essere accaduto. Non ha una logica di alcun tipo. L’esercito ha vinto la guerra. Perché dovrebbe ricorrere all’uso di armi chimiche? Le ricordo che il rappresentante permanente della Siria presso l’Onu, Bashar Jaafari, ha denunciato in diverse occasioni il passaggio attraverso la frontiera turca di armi chimiche destinate ai terroristi, mostrando le prove ottenute dai servizi segreti siriani ed indicando i luoghi di stoccaggio. Pertanto è tutta una messa in scena per accusare il governo ed intervenire militarmente. Per noi siriani è così chiaro e limpido che l’intervento militare messo in atto da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna è solo un pretesto per assecondare i loro interessi economici.
Padre, le immagini dei bambini di Duma intossicati e soccorsi trasmesse da tutte le emittenti televisive del mondo stridono fortemente con le sue dichiarazioni
Non ero a Duma. Dico solo quello che è logico pensare. È stata una montatura. Dimentica i video prodotti a regola d’arte da professionisti della comunicazione dell’isis? Nel recente passato, abbiamo visto bambini protagonisti di video realizzati dopo i bombardamenti dell’esercito. Gli stessi bambini hanno ammesso di essere stati costretti. Addirittura, uno stesso bambino, veniva “salvato” più volte dai Caschi Bianchi. La gente, qui, pensa che sia tutta una montatura.
Il popolo siriano che rapporto ha con il governo – regime di Bashar al-Assad?
In questo tempo l’80 % dei siriani preferisce vivere sotto il controllo del governo perché ogni volta che i ribelli hanno conquistato terreno, la popolazione è stata costretta a fuggire. Damasco in poco tempo ha raddoppiato la sua popolazione. Ai quattro milioni di abitanti si sono aggiunti quattro milioni di sfollati provenienti da diverse parti della Siria. Bashar al-Assad è visto come il salvatore della Siria dal terrorismo. È un presidente che ha sfidato tutto il mondo con coraggio per portare questa “nave in un porto sicuro”. È garante dell’unità nazionale, della sicurezza e del futuro dei siriani. Non vogliamo che la Siria entri nel caos vissuto in Iraq e in Libia a seguito dell’intervento militare da parte delle forze occidentali.
Che appello vuole lanciare alla comunità internazionale ed in particolar modo ai cattolici che vivono in occidente?
Ascoltate chi è ogni giorno in prima linea e vede quello che sta accadendo. Date credito alla nostra parola. Smettete di ascoltare i mezzi di comunicazione con superficialità e senza approfondire. Noi come crisitiani cattolici presenti in Siria abbiamo qualche volta un senso di amarezza e di rabbia quando vediamo che non siamo ascoltati e veniamo lasciati soli o traditi dai nostri fratelli credenti. Ascoltateci.