FASANO - Se le zolle e i sassi della Puglia potessero parlare, racconterebbero di sudore, fatica e leggi frettolose fatte sulla schiena curva di un popolo troppo spesso inascoltato. Se questa terra rossa di pomodori, verde di ulivi e di un giallo che sotto il sole accecante sembra mare bianco potesse oggi parlare racconterebbe del decreto Martina. E' in arrivo un altro pastrocchio figlio della gestione della Xylella, malattia dell'ulivo sulla quale in molti qui in Puglia si chiedono se le misure preventive siano realmente proporzionate ai rischi. Ancora: se una economia messa in ginocchio, se la distruzione di centinaia di anni di storia del Salento, e il danno economico subito dai produttori, sia proporzionato ai rischi. Se si tratta di una peste nera che se propagata è in grado di distruggere la metà degli ulivi d'Italia è presto per dirlo. La nuova mazzata è arrivata con il decreto del ministro delle politiche agricole Maurizio Martina del 13 febbraio 2018. Il decreto impone di trattare le aree infestate dalla Xylella (basso e medio Salento) e nelle zone di cuscinetto (Tarantino, parte del Brindisino, Valle d'Itria, Fasano) con pesticidi e insetticidi. E, secondo gli esperti, non sono prodotti qualunque. “Il ministro Martina ha emanato un decreto per prevenire e contrastare la Xylella e il suo vettore obbligando le aziende olivicole ad utilizzare diserbanti tra marzo e aprile e insetticidi tra cui un neonicotinoide, l'acetamiprid, della stessa classe di insetticidi banditi dall'UE ad aprile scorso”. Ci spiega Nico Catalano, agronomo e componente del direttivo Aiab Puglia (associazione italiana per l'agricoltura biologica).
Insomma il ministero dell'agricoltura avrebbe imposto l'uso di un insetticida sulla cui famiglia l'Ue ha seri dubbi. Nello specifico, da Catalano apprendiamo che l'Unione europea ha proibito con una direttiva emanata ad aprile midacroliprid, thiamethoxam, clothianidin, tutti neonicotinoidi come l'acetamiprid che il ministro obbliga ad utilizzare e che la Us Epa United States Environmental Protection Agency (in italiano Agenzia per la protezione dell'ambiente) definisce pericoloso per l'uomo e ambiente. Insomma, una imposizione singolare quella del Ministero, se si tiene conto che la comunità scientifica di solito ha un approccio prudenziale nei confronti dei prodotti sospetti. Quando si tratta di salute e al minimo dubbio che un prodotto possa nuocere, la comunità scientifica usa la regola della prudenza: non lo usa.
Una parte importante della Puglia che secondo una stima si aggira intorno a oltre 700mila ettari di territorio sta per essere irrorata di un principio attivo sul quale gravano dubbi. Questo non vuol dire che il prodotto è tossico, sia ben chiaro. Ma che l'Ue ha vietato l'uso di alcuni insetticidi della stessa famiglia di quelli che il decreto impone di usare. “Sarebbe opportuno prima di obbligare ai trattamenti con pesticidi o abbattere alberi conoscere un quadro epidemiologico grazie agli studi commissionati a ben 27 università e enti di ricerca e pubblici i rilievi dell'Arif”, dice l'agronomo.
L'Associazione italiana per l'agricoltura biologica in questi giorni è sul piede di guerra. E, mentre scriviamo, l'Aiab presieduta in Puglia da Patrizia Masiello – il presidente nazionale è Vincezio Vizioli - ha in programma un incontro a Pozzo Faceto (contrada di Fasano) per valutare ricorso al Tar. “Le porte del tavolo tecnico sono aperte e a tutti – spiega Nico Catalano – in queste occasioni fare come i capponi di Renzo non serve”. L'agronomo si riferisce ai contrasti che hanno avuto le varie associazione sulla vertenza da quando si è presentata la Xylella ad affliggere un territorio bello, bellissimo, ricco di biodiversità ma martoriato, un territorio che nella sua storia ha subito troppo spesso una gestione coloniale. Se la pericolosità del pesticida è un dubbio sul quale va fatta piena luce, di certo chi rischia grosso sono le aziende Bio.
L'uso del prodotto “comporterebbe una perdita dello status di azienda olivicola bio per chi è in regime biologico con la perdita del regime per tre anni e conseguenti costi economici oltre che ambientali”, precisa Catalano. Sarebbe un danno enorme per chi ha investito su una produzione di qualità.
In questo clima di incertezze le ore passano e a quanto pare si preparano i ricorsi. In un'attesa sempre meno speranzosa che il ministero ritiri il Decreto o che la Regione Puglia si opponga.