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foto di repertorio
Migranti, decreto flussi: più quote per combattere l'immigrazione clandestina
Quest’anno i posti disponibili sono meno di 31 mila ripartiti sull’intero territorio nazionale. Un imprenditore agricolo pugliese: "Lo stato ci permetta di regolarizzare i lavoratori stagionali"
Vito Mariella | 11 June 2018

L’Italia ogni anno emana il  decreto flussi, un provvedimento con il quale il Governo stabilisce le quote di ingresso dei cittadini stranieri non comunitari che possono entrare sul suolo Nazionale per motivi di lavoro subordinato, autonomo e stagionale. Il decreto flussi è attualmente l’unico strumento per entrare legalmente in Italia, a parte i ricongiungimenti familiari e le domande di asilo (compresa la strada dei corridoi umanitari). Gli ultimi dati  disponibili, relativi al 2016, dimostrano che degli anni precedenti le domande pervenute sono state nettamente superiori ai posti disponibili (+ 13799). Paradossalmente quasi 20 mila posti non sono stati assegnati. Le cause? Decreto emanato con sei mesi di ritardo e secondo Coldiretti la “troppa burocrazia” non ha aiutato gli imprenditori. In alcuni casi gli esiti delle istanze sono arrivati a raccolto finito.
Quest’anno i posti disponibili sono quasi 31 mila di cui 18 mila riservati ai lavoratori stagionali, ripartiti sull’intero territorio nazionale. « Per la sola provincia di Bari – spiega Biagio Cistulli, imprenditore agricolo nonché assessore del Comune di Adelfia (Ba) -  i numeri si riducono a cifre ridicole, 250 permessi di soggiorno a disposizione per l’intera area metropolitana. Le mie istanze (in galleria riproduciamo i documenti ndr) presentate il 1 febbraio del 2018 per 2 lavoratori stagionali sono finite oltre il cinquecentesimo posto in graduatoria. E nella mia stessa situazione ci sono tantissimi imprenditori baresi».
Il problema, anche quest’anno, è rimasto invariato. Le domande sono superiori ai permessi di soggiorno disponibili. Cosa accade ai  migranti che restano fuori dalle graduatorie? «Se vogliamo contrastare il lavoro nero e il caporalato – prosegue Cistulli – il Ministero dell’Interno deve aumentare le quote. I nostri territori vivono di agricoltura tutto l’anno. Terminata la raccolta delle ciliegie, i braccianti verranno utilizzati nell’acinellatura ed a seguire nella raccolta dell’uva, sino ad arrivare a novembre per la raccolta delle olive»
I migranti – braccianti vittime dello sfruttamento e del caporalato seguono durante l’anno un flusso migratorio interno, in particolar modo tra Sicilia – Calabria e Puglia, dettato dal “calendario delle colture”.
Un vincolo contrattuale vero arginerebbe il pellegrinare dei nuovi schiavi oltre a svuotare la pancia delle vecchie e nuove mafie. La bonifica della filiera agricola, inoltre, avvantaggerebbe gli italiani (Ricordato? Prima gli italiani!). «L’aumento delle quote del decreto flussi – conclude Cistulli – non è un danno per i lavoratori italiani. Il lavoro nero dei migranti produce disuguaglianza per tutti. L’acquisto della  manodopera sottocosto droga il mercato e tutti ne paghiamo le conseguenze: imprenditori, lavoratori e consumatori. Regolarizzare è l’unica strada percorribile e giusta per tutti, italiani e stranieri. Il Governo ci permetta di farlo».

Il governo Conte dovrebbe attuare  con urgenza misure di controllo dei flussi migratori e di contrasto alla criminalità. Ad affermarlo sono i cittadini intervistati dall’isituto Ipsos per conto del Corriere della Sera. Lovoro, pensioni e tasse vengono dopo. Per dirla con le parole del Ministro dell’Interno Salvini, più sicurezza, via i clandestini dall’Italia, avanti tutta con le espulsioni. La pacchia è finita, prima gli italiani.
Nessuna proposta concreta di modifica del nostro “sistema immigrazione”, nessuna parola sui lavoratori migranti presenti sul territorio italiano. Il governo è rimasto indifferente anche davanti l’omicidio del giovane Soumaila Scko, bracciante assassinato da un colpo di fucile alla testa mentre tentava di portar via delle lamiere da una fabbrica dismessa posta sotto sequestro. Soumalila, lavorava nei campi. Era uno dei tanti lavoratori migranti impegnati in agricoltura nel nostro Paese. Regolari, irregolari, con contratti fittizzi, sottopagati e addirittura schiavizzati.

In questi ore si è preferito chiudere i porti italiani per non far attraccare la nave Aquarius, lasciando in alto mare 630 migranti. Uomini, donne e bambini utilizzati come merce, prima dai trafficanti di esseri umani ed ora dal governo italiano, disposto a lasciarli in mare per richiamare l’attenzione dell’Europa sul tema immigrazione. Invece non si è fatto nessun ragionamento di sistema rispetto ai flussi in ingresso. Solo e soltanto politica dei “muri” e dei respingimenti. Il braccio di ferro con l’Europa sulla pelle dei migranti non reggerà a lungo. Bisognerà lavorare sulle alternative alle “carrette del mare”.

L’aumento delle quote del decreto flussi (assieme ad una revisione europea del modello accoglienza), potrebbe essere un primo passo per risolvere il “problema immigrazione in Italia. Sancirebbe un cambio di passo sul tema. Il lavoro, quello vero e regolare resta l’unico strumento d’integrazione possibile. La lotta al caporalato ed allo sfruttamento lavorativo degli esseri umani restituirebbe dignità ai migranti e ossigeno all’economia sana di questo paese, ormai anestetizzato dalle paure fomentate dalla politica. 

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