Che pasticcio ministra Fedeli: illusi quasi 2 milioni di disperati
Silvano Trevisani | 8 January 2018

Slittamento delle graduatorie triennali per i candidati di terza fascia alle supplenza del personale Ata. Ma gli aspiranti hanno già speso una somma complessiva che si aggira tra i 35-40 milioni di euro

Con un decreto composto da un solo, striminzito articolo, pubblicato il 1° dicembre scorso, la tanto discussa ministra della Pubblica Istruzione Valeria Fedeli ha disposto lo slittamento di un anno delle graduatorie triennali dei candidati di terza fascia alle supplenza del personale Ata, ovvero non docente. Detto così dice poco, ma si tratta di una decisione clamorosa che stigmatizza almeno tre cose: l’incapacità del sistema scuola italiano di affrontare un problema organizzativo, che riguarda milioni di persone; la fame di lavoro che spinge oltre metà dei disoccupati italiani a tentare di fare “almeno” il bidello, seppure per qualche settimana, pur di racimolare un po’ di euro per la sopravvivenza; la sconcertante condiscendenza delle organizzazioni sindacali che, dopo aver incassato decine di milioni di euro per aiutare i candidati a compilare le domande, accolgono con incredibile rassegnazione questa notizia.

Clamoroso è proprio il silenzio sotto cui è passata la decisione scandalosa, del ministero della P. I. che fa slittare di un anno il triennio di validità che non sarà quindi: 2017-2020, ma 2018-2021. L’incapacità di gestire quasi due milioni di domande pervenute nelle scuole di tutt’Italia (oltre 1.800.000, in realtà), una quantità che non dovrebbe sorprendere per un ritardo di cui è colpa lo stesso ministero, che ha fatto slittare la scadenza a ottobre, si ribalta sui candidati. In mancanza di nuove graduatorie, le vecchie avranno un altro anno di validità, ma intanto per i candidati che “nuovi”, cioè che non erano già in graduatoria, si tratta di un anno perso, né è dato sapere se le prossime graduatorie saranno riaperte per consentire a una nuova leva di candidati (alcune centinaia di migliaia) di entrare nel meccanismo e a coloro che hanno già presentato domanda di aggiornare il punteggio. In questo caso riversandosi nuovamente agli sportelli dei sindacati che hanno incassato decine di milioni di euro, visto che quest’anno i 2 milioni di aspiranti a supplenza (molti dei quali illusi perché la possibilità di una chiamata è molto vicina allo zero assoluto) per potere presentare una domande inutilmente complicata e mortificante, come tutte le domande inventate dalla burocrazia italiana, hanno dovuto far ricorso ai sindacati che, assaliti dalle richieste, hanno preteso l’iscrizione (con una quota mediamente stabilita attorno ai 20 euro) per aiutarli nella compilazione, con guadagni insperati, che in qualche caso hanno imposto il reclutamento temporaneo di altri precari. Con un calcolo semplicissimo si può dire che i 2 milioni di aspiranti hanno speso una somma complessiva che si aggira attorno ai 35-40 milioni di euro…

Singolare è l’atteggiamento dei sindacati, che hanno digerito con molta leggerezza la decisione del ministero, non degnando di attenzione adeguata le aspettative di un numero impressionante di candidati, che è pari a un terzo della somma complessiva di lavoratori disoccupati e precari, un numero su cui il Paese, ma anche l’Unione Europea, dovrebbero interrogarsi.

Ci chiediamo: che mondo è quello in cui l’unica aspirazione di milioni di diplomati e laureati, in assenza di altre chance, è quella di fare il bidello o l’applicato di segreteria, per altro con scarsissime possibilità, visti i limiti vergognosi imposti dal governo alle supplenze dei non docenti? Ma tutta la questione è stata gestita malissimo e forse in un altro paese il ministro della Pubblica Istruzione si sarebbe dimesso.

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