Monete complementari, tutti i segreti delle valute che non piacciono alle banche
Tiziana Sforza | 18 October 2017

Brixton Pound circola nel noto quartiere londinese:  funziona accanto, non sostituisce la sterlina. Anche in Italia sono fiorite le valute complementari, in Sardegna il Sardex ha generato nel 2015 contrattazioni per 50 milioni di euro

Anni fa, Brixton era sinonimo di conflittualità sociale e accese proteste. Oggi il sobborgo a sud di Londra è trendy: simbolo della controcultura, esempio convivenza pacifica fra varie etnie, un coloratissimo mercato dove trovare specialità esotiche, è entrato ufficialmente a parte dei must-see londinesi. Il souvenir che va più a ruba fra i turisti che visitano questo quartiere? La banconota da 10 Brixton Pound col volto di David Bowie a cui Brixton ha dato i natali. I Brixton Pound sono la valuta complementare di cui i cittadini di Brixton vanno molto fieri: attraverso questa moneta, si innesca un meccanismo di riappropriazione dell’identità territoriale e orgoglio locale. Il Brixton Pound, che vale esattamente una sterlina ed è convertibile, nasce nel 2009 per supportare l’economia locale messa in ginocchio dalla recessione e dalla diffusione delle grandi catene. Funziona accanto, non sostituisce la sterlina. E’ un modo per incoraggiare il commercio e la produzione locali: può essere spesa solo nei negozi indipendenti che espongono il marchio “B £”. Attualmente è accettato in circa 250 aziende come modalità di pagamento.
Allo stesso tempo fa leva sul valore della relazione, aumentando le connessioni comunitarie fra cittadini e commercianti della stessa area. Una ricerca della New Economics Foundation, think tank britannico, dimostra infatti che i soldi spesi in imprese indipendenti circolano all’interno dell’economia locale fino a tre volte più a lungo rispetto a quando vengono spesi in catene nazionali o internazionali.

Brixton-Pound-10-front-1000px
Il Brixton Pound ha indubbiamente agito anche come leva di marketing territoriale, contribuendo a migliorare la reputazione di questa area e attirando l’attenzione sulla sua forte comunità. Il Brixton Pound non è l’unico esperimento di questo genere. Altre monete complementari attualmente in circolazione nel Regno Unito sono quelle Bristol, Cardiff, Cornwall, Exeter, Kingston, Lewes, Liverpool, Plymouth, Stroud, Totnes e Worcester. Ma nessuna valuta complementare è uguale all’altra: sono progettate per rispondere alle esigenze economiche locali di un’area di cui rappresentano la storia e la cultura.

Gli artisti locali creano opere uniche per le valute locali, sostituendo i volti della regina Elizabeth o gli ex presidenti degli Stati Uniti con icone pop culturali. Come per le banconote tradizionali, spesso usano anche ologrammi anticontraffazione e numeri di serie. La banconota da 10 pound di Brixton che rappresenta David Bowie è stata disegnata da Charlie Waterhouse e Clive Paul Russell nel 2011.
“Quando si acquista un caffè in una caffetteria indipendente il denaro probabilmente va alle persone che ti hanno servito. Quando si acquista un caffè in una catena, il denaro probabilmente andrà agli azionisti che vivono in una metropoli distantissima dalla realtà in cui viviamo – dice Charlie Waterhouse – Penso che la valuta complementare favorisca una circolazione più virtuosa di denaro”.
“Usare una moneta complementare è come riappropriarsi di una parte del valore del territorio – spiega Cristiano Bottone, presidente di Transition Italia (nodo italiano del Transtion Network), di recente intervenuto su questo tema al festival AFTER di Modena – Al momento ci sono in circolazione centinaia di monete complementari. Questo dimostra che è in corso una transizione verso nuovi modelli di economici e di consumo”. Facciamo un salto oltreoceano. Anche negli USA le valute complementari hanno un seguito non indifferente. Ad esempio il BerkShares è stato lanciato nel 2006 nella regione di Great Barrington, Massachusetts. Anche qui vige la convertibilità: 100 BerkShares possono essere acquistati per 95 dollari USA. Le banconote, che raffigurano figure storiche locali come il pittore Norman Rockwell e l’attivista dei diritti civili W.E.B. Du Bois, hanno come sfondo disegni del paesaggio locale. “Il BerkShares si basa sull’idea di acquistare in negozi locali per sostenere l’economia locale – spiega al New York Times detto Alice Maggio, coordinatrice del progetto di BerkShares Inc. – Penso che le persone siano attratte dal BarkShares per la stessa ragione per cui sono attratte da prodotti artigianali e da cibo locale. Creare una valuta che rappresenta il nostro paesaggio e che ha i nostri valori fa rivivere un’idea di comunità che si sta perdendo in America man mano che ci si muove verso una cultura più globalizzata e omogeneizzata”.

Italia, il Sardex e le sue sorelle
Anche in Italia qui sono fiorite le valute complementari. “Nel nostro paese le monete complementari sono meccanismi di rinforzo dell’economia locale e un modo per supportare l’economia circolare” spiega Cristiano Bottoni. Ma, al contrario di ciò che accade altrove, non sono convertibili in euro.
Il più grande sistema di valuta complementare è il Sardex: oltre 3mila imprese aderiscono a questo sistema di compensazione di debiti e crediti, nato nel 2009 in Sardegna per supportare l’economia dell’isola. Nel 2015 quelle imprese hanno generato transazioni in Sardex pari a 50 milioni di euro.
Se il Brixton Pound e il BerkShares si basano sull’esistenza tangibile di banconote complementari, il Sardex al contrario funziona secondo la logica dell’intangibile, ossia un sistema di conti online e una moneta digitale.
L’idea del Sardex nasce da cinque economisti (Gabriele Littera, Piero Sanna, Carlo Mancosu, Giuseppe Littera e Franco Contu) convinti del fatto che l’economia locale potesse essere rilanciata grazie a collaborazione e mutuo soccorso. Da qui l’idea di una valuta locale da usare esclusivamente per scambiare oggetti e servizi all’interno della comunità. Le aziende sarde possono quindi finanziarsi reciprocamente e scambiarsi debiti e crediti attraverso la piattaforma on line. Al circuito aderiscono artigiani, negozi di alimentari, caffetterie, imprese locali.
In che cosa consiste esattamente il vantaggio rispetto all’uso dell’euro? Innanzitutto nell’assenza del tasso di interesse. Inoltre le aziende che stanno attraversando un momento di crisi possono recuperare vendendo alle altre imprese che aderiscono al circuito. Altro elemento interessante del meccanismo è che i crediti sono convertibili solo in prodotti o servizi, non in denaro corrente, il che evita il rischio di speculazioni. Il sistema si regge sul fatto che le aziende aderenti pagano un canone annuale di iscrizione e ricevono in cambio dei Sardex con cui avviare le transazioni.
Nell’aprile 2016 il Sardex ha ricevuto un finanziamento da 3 milioni di euro da parte di Innogest, Invitalia Ventures e Banca Sella Holding, segno sempre più si crede nelle potenzialità della valuta complementare e nella sua capacità di creare valore nell’economia reale.
Il modello Sardex è stato esportato in altre regioni italiane: Lazio (Tibex), Marche (Marchex), Sicilia (Sicanex), Abruzzo (Abrex), Umbria (Umbrex), Molise (Samex), Campania (Felix), Veneto (Venetex), Piemonte (Piemex), Emilia Romagna (Liberex, Lombardia (Linx), Valle d’Aosta (Valdex).

La tesi dei bocconiani e la “trappola della liquidità”
Anche il mondo accademico sta facendo una riflessione sul valore delle monete complementari. Massimo Amato e Luca Fantacci, docenti alla Bocconi di Milano, sostenevano le loro tesi sui vantaggi di queste monete nell’e-book edito da Bruno Mondadori nel 2015, intitolato “Moneta complementare, sai cos’è?”. Alla base della loro tesi c’era il tema della “trappola della liquidità”.
“La crisi del nostro sistema nasconde, nella logica stessa del suo funzionamento, le ragioni del proprio fallimento. Non riconoscere questo tratto fondamentale – scrivono – ci fa ricadere nella strana situazione in cui un male, la crisi di liquidità, viene curato con lo stesso male, ossia con iniezioni di liquidità, che non fanno altro che indurre gli operatori del sistema a rinviare alle ‘calende greche’ ogni decisione di spesa e di finanziamento”. Così “la moneta tende ad essere tesaurizzata e sottratta alla circolazione, perché appare come la forma più sicura di detenzione della ricchezza, tanto per gli individui quanto per le banche, che saranno disposte a separarsene solo in cambio di un tasso di interesse – un ‘premio al rischio’ – molto elevato”.
La moneta pian piano si trasforma: non più mezzo di scambio, bensì riserva di valore, il che determina, come scrivono gli autori, “una divergenza tra l’interesse individuale a tesaurizzare e l’interesse collettivo a vederla circolare”. Se quindi la radice del male economico è la moneta stessa, ben vengano le monete complementari che devono però essere “migliori” di quelle ufficiali, ossia devono prevedere tasso di interesse negativo sugli accumuli di moneta complementare e tempi di re-immissione rapidi nel circuito per consentire all’economia di circolare.

I grillini e le monete complementari
I sindaci del M5S hanno fatto delle monete complementari il proprio cavallo di battaglia. Chiara Appendino, sindaca di Torino, vorrebbe lanciare il Torino-coin, una specie di bitcoin ispirato al modello di disdruptive innovation e basato sulla creazione di una community open che utilizzi la tecnologia blockchain.
A Roma la sindaca Virginia Raggi aveva parlato di introdurre una moneta complementare già durante la sua campagna elettorale. Il progetto sembrava sul punto di decollare a luglio di quest’anno, quando l’allora assessore al bilancio Andrea Mazzillo, a margine della presentazione in Campidoglio dei risparmi dell’Assemblea Capitolina nel primo anno di consiliatura 5 Stelle, aveva dichiarato: “Stiamo studiando all’interno del progetto Fabbrica Roma di sostenere le economie locali, favorendo lo scambio tra aziende, ma anche creando un mercato parallelo di prodotti anche per l’utenza sul territorio. E’ il funzionamento delle monete complementari, sostanzialmente non utilizzo la moneta, l’euro, ma una moneta che non è neanche elettronica ma alternativa, può essere chiamata in tanti modi: in Sardegna c’è il Sardex, oppure il Tibex nel Lazio”.

Il Tibex ha fatto parlare di sé di recente, in occasione del convegno “Monete complementari. Il ruolo dei circuiti di credito commerciale”, organizzato dalla Camera di commercio di Roma il 19 settembre. “È nei momenti di crisi che le novità tendono ad affermarsi – commentava in quell’occasione il presidente della Camera di Commercio capitolina, Lorenzo Tagliavanti – Questo nuovo sistema legato al territorio nasce in un momento di crisi quando le banche sembrano non più dare credito alle imprese. Così, questi strumenti stanno avendo anche sul nostro territorio un certo successo riguardo soprattutto alle piccole imprese che sono quelle che in genere maggiori difficoltà con i finanziamenti”.
A Roma e dintorni sono pari a sei milioni di euro le intermediazioni realizzate da parte di imprenditori che aderiscono al circuito Tibex. In particolare nel 2017, tra i circa 300 soci di Tibex, sono state transate oltre 1.500 operazioni. Intanto Andrea Mazzillo è stato rimpiazzato il 23 agosto da Gianni Lemmetti, fino al giorno prima assessore al Bilancio del comune di Livorno, piuttosto criticato da mass media e opposizione per il suo curriculum non del tutto adeguato al ruolo di assessore al bilancio della capitale italiana (faceva il cassiere in una discoteca di Marina di Pietrasanta). Dopo il suo insediamento Lemmetti non ha ripreso il progetto della moneta complementare a Roma. Forse è naufragato anche quello, come il bilancio capitolino.

Commenti