Uomini in cambio di carbone, quando gli schiavi eravamo noi
Christiana Moreau | 20 June 2016

La situazione economica in Belgio dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i belgi non vogliono più riprendere la via delle miniere di carbone. Tuttavia, questo settore industriale, conservato durante la guerra, ha urgente bisogno di manodopera per rilanciare l’economia belga e se i belgi non vogliono scendere nella miniera, bisogna guardare altrove. Il Primo Ministro di allora, Achille Van Acker, mette a punto un piano per fornire energia a basso costo alle industrie belga e si lancia in una vera e propria “battaglia del carbone”.

I negoziati che portano all’immigrazione italiana in Belgio

Il Belgio fa appello all’Italia per trovare minatori che assicurino l’estrazione del carbone. Gli italiani sono stati sconfitti dalle forze alleate e la situazione economica in questo Paese è disastrosa. Il 20 Giugno 1946 viene raggiunto un accordo. Il protocollo stabilisce che, per ogni lavoratore italiano che scenderà nelle miniere in Belgio, 200 chili di carbone al giorno saranno consegnati all’Italia.

L’articolo 11 del protocollo del 1946 prevedeva che: “Il governo italiano inviasse in Belgio 2.000 lavoratori a settimana.”

In sei mesi, il contratto sarebbe stato attuato.

Gli italiani desiderosi di esseri ingaggiati in Belgio non possono avere più di 35 anni. È il consolato belga a Roma che compone le liste.

Sono soprattutto comunisti quelli che le autorità locali sono felici di veder partire! Di fatti, la maggioranza degli italiani che arrivavano in Belgio erano antifascisti.

Gli italiani selezionati si presentano alla stazione di Milano per sottoporsi a una visita medica. Il rigore della visita è giustificato dalla durezza fisica del lavoro. Poi, firmano il loro contratto: viene promesso loro un alloggio decente, cibo in linea con le loro abitudini alimentari, gli stessi vantaggi e le stesse retribuzioni dei lavoratori belgi e gli assegni familiari per i figli.

Per promuovere il lavoro nelle miniere, la Federazione belga del carbone aveva creato un poster rosa, che elencava i benefici dei minatori in Belgio e il livello dei salari. Presto il Belgio diventa il paese della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) con il maggior numero di lavoratori stranieri.

La dura realtà dietro le illusioni

Da tutta Italia affluiscono masse di contadini, poca o nient’affatto istruiti. Vengono ammassati per giorni negli spazi ristretti del seminterrato della stazione di Milano, attendendo la partenza del prossimo convoglio.

Se gli italiani sapevano che stavano firmando per diventare minatori, nella realtà ignoravano cosa volesse dire. Erano stati attratti dai manifesti rosa che vantano i benefici, ma sulla natura del lavoro nemmeno una parola. Ovviamente, nessun riferimento alla silicosi, questa terribile malattia dovuta alla polvere di carbone!

Dal momento in cui salgano sul treno per il Belgio, gli italiani fanno i conti con una delusione brutale: sono accompagnati da gendarmi e uomini della Polizia di Stato in abiti civili. Dopo un lungo viaggio estenuante, arrivano in diverse stazioni della Vallonia. Nella regione di Liegi, scendono dal treno e sono classificati in base al numero della miniera. Poi, un camion li conduce a destinazione.

Scendono immediatamente nel fondo, senza alcun periodo di adattamento. I minatori italiani sono spesso ex contadini divenuti operai, e senza nessuna esperienza scoprono condizioni di lavoro molto dure. Il loro contratto era preciso: 5 anni di miniera prima di poter fare “qualcosa di diverso”. Quelli che non sono in grado di sopportare questo lavoro sono considerati “violatori” del contratto, vengono arrestati e messi in carcere in attesa della loro rispedizione in Italia.

Gli alloggi proposti agli italiani sono la loro più grande delusione. Vengono alloggiati in campi costruiti dai nazisti per i prigionieri russi, costretti nel corso della prigionia a lavorare in miniere situate vicino a mucchi di terra o in terreni abbandonati. Sono delle baracche precarie con tetti di lamiera, molto calde in estate e gelide d’inverno. Acqua e servizi igienici si trovano all’esterno e in inverno l’acqua è spesso congelata. I letti non sono che telai di legno sovrapposti, muniti di materassi di paglia e coperte sporche.

Molti italiani che hanno vissuto queste condizioni dolorose si considerano dei deportati economici, venduti dall’Italia per qualche sacco di carbone.

Questi emigranti vengono rifiutati dalla popolazione belga

Ci vorrà molto tempo prima che i matrimoni tra belgi e italiani siano possibili.

I minatori italiani arrivano in massa fino al 1956. È solo in seguito a diversi incidenti che l’Italia sospende il loro invio verso il Belgio: per esempio, la tragedia della miniera a Seraing, ma soprattutto la più grande catastrofe della storia industriale belga, che si verifica l’8 agosto 1956 al Bois du Cazier a Marcinelle.
Il disastro apre gli occhi della popolazione belga, che si interessa per la prima volta ai minatori. L’emozione causata da questo incidente permetterà l’avvio dell’integrazione degli italiani, che hanno pagato un caro prezzo in termini di vite umane: sulle 262 vittime, 136 sono italiani. Questo evento segna la fine dell’estrazione del carbone. Nel 1959, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), creata nel 1951, dichiara la chiusura delle miniere di carbone belghe e il blocco degli accordi che legavano il Belgio e l’Italia.

Insomma, è stato necessario questo incidente del Bois du Cazier prima che l’Italia comprendesse il destino della sua gioventù!

La regione di Liegi ha conosciuto una enorme sistemazione di italiani. Essi costituiscono più del 35% della popolazione straniera. I comuni periferici contano fino all’86% degli italiani tra gli stranieri.

Documentari, conferenze, proiezioni di film, spettacoli teatrali, musicali e mostre fotografiche saranno organizzate per commemorare il settantesimo anniversario.

 

 

Situation économique de la Belgique après la Seconde Guerre mondiale:

Au sortir de la seconde guerre mondiale, les Belges ne veulent plus reprendre le chemin des charbonnages. Pourtant, le secteur industriel des mines, préservé durant la guerre, a un urgent besoin de main d’œuvre pour relancer l’économie belge et si les Belges ne veulent plus descendre ans la mine, il faut bien se tourner vers d’autres. Le Premier Ministre de l’époque, Achille Van Acker, développe un plan pour fournir de l’énergie à bas prix aux industries belges et se lance dans une véritable «Bataille du charbon».

Négociations débouchant sur l’immigration Italiens en Belgique

La Belgique fait appel à l’Italie pour trouver des mineurs qui assureront l’exploitation. Les Italiens ont été battus par les forces alliées et la situation économique de ce pays est désastreuse.

Le 20 juin 1946 un accord est trouvé. Le protocole établit que pour tous les travailleurs italiens qui descendront dans les mines en Belgique, 200 kilos de charbon par jour et par homme seront livrés à l’Italie.

L’article 11 du protocole de 1946 prévoyait que: “Le Gouvernement italien s’efforcerait d’envoyer en Belgique 2000 travailleurs par semaine”.

En six mois, le contrat aurait été rempli.

Les Italiens souhaitant être engagés en Belgique ne peuvent être âgés de plus de 35 ans. C’est le consulat de Belgique à Rome qui compose les listes.

Ce sont les communistes que les autorités sont contentes de voir partir ! La majorité des Italiens de Belgique étaient antifascistes.

Les Italiens sélectionnés se présentent à la gare de Milan pour y passer une visite médicale. La rigueur du contrôle médical est justifiée par la dureté physique du travail. Puis ils signent leur contrat. On leur promet un logement convenable, une nourriture conforme à leurs habitudes alimentaires, les mêmes avantages sociaux et les mêmes salaires que ceux des travailleurs belges ainsi que les allocations familiales pour leurs enfants.

Et pour promouvoir le travail dans les mines, la Fédération charbonnière belge créa une affiche rose (voir l’illustration) qui énumérait les avantages sociaux des mineurs en Belgique et la hauteur des salaires.

La Belgique devient le pays de la CECA (Communauté européenne du Charbon et de l’Acier) qui compte le plus de travailleurs étrangers.

La dure réalité derrière les promesses

De toute l’Italie affluent des masses de paysans, souvent peu ou pas scolarisés. Ils sont rassemblés durant parfois plusieurs jours dans des espaces confinés en sous-sol de la gare de Milan, en attendant le départ du prochain convoi.

Si les Italiens savaient qu’ils signaient pour être mineurs, ils ignoraient ce que cela signifiait concrètement. Ils avaient été appâtés par les affiches roses vantant les avantages sociaux mais sur la nature du travail, pas un mot. Bien sûr, pas de mention de la silicose, cette terrible maladie de la poussière de charbon!

Dès leur montée dans le train vers la Belgique, les italiens sont confrontés à une brutale désillusion: ils sont accompagnés de gendarmes et d’hommes de la Sûreté de l’Etat habillés en civil. Au terme d’un long voyage épuisant, ils sont débarqués dans les différentes gares wallonnes. En région liégeoise, ils descendent du train et sont rangés par numéro de puits de charbonnage. Ensuite, un camion de la mine les emmènent vers leur destination.

Ils descendent très vite au fond, sans période d’adaptation. Les mineurs italiens sont souvent des anciens paysans devenus ouvriers, sans expérience ils découvrent des conditions de travail très dures. Le contrat était précis : 5 ans de mine avant de pouvoir faire « autre chose ». Certains qui ne supportent pas ce travail sont considérés comme étant en rupture de contrat, sont arrêtés, mis en prison en attendant leur renvoi direct vers l’Italie.

Les logements proposés aux Italiens sont leur plus grande désillusion. Ils sont placés dans les camps construits par les nazis pour les prisonniers russes obligés de travailler à la mine et situés à près des terrils ou dans des terrains vagues. Ce sont des baraquements sommaires avec des toits en tôle, très chaud en été et glaciaux en hiver. Les points d’eau et les WC se trouvent à l’extérieur et l’hiver, l’eau y est souvent gelée. Les lits ne sont que des cadres de bois superposés garnis de matelas de paille et de couverture sales. Beaucoup d’Italiens qui ont vécu ces conditions pénibles considèrent qu’ils ont été des déportés économiques vendus par l’Italie pour quelques sacs de charbon.

Ces émigrants sont rejetés par la population belge. Il faudra attendre longtemps pour que des mariages entre Belges et Italien(ne)s deviennent possibles.

Ils arriveront massivement jusqu’en 1956. Ce n’est qu’à la suite de plusieurs accidents que l’Italie suspendra son envoi vers la Belgique : catastrophe du charbonnage du Many à Seraing mais surtout, la plus grande catastrophe de l’histoire industrielle belge qui a lieu le 8 août 1956 au Bois du Cazier à Marcinelle.

Cette catastrophe ouvre les yeux de la population belge qui s’intéresse pour la première fois aux mineurs. L’émotion provoquée par cet accident va permettre le début de l’intégration des Italiens qui a payé cher en vies humaines : sur les 262 victimes, 136 sont italiennes. Cet événement annonce la fin de l’exploitation charbonnière. En 1959, la Communauté européenne du Charbon et de l’Acier (CECA), créée en 1951, déclare la fermeture des charbonnages belges et l’arrêt des accords qui liaient la Belgique et l’Italie.

Il aura fallu cet accident du Bois du Cazier pour que l’Italie découvre le sort de sa jeunesse !

La région liégeoise a eu énormément d’installations d’Italiens. Ils constituent plus de 35% de la population étrangère. Les communes périphériques comptent jusqu’à 86% d’Italiens parmi les étrangers.

Documentaires, colloques, projections cinématographiques, représentations théâtrales, œuvres musicales et expositions photographiques commémoreront ce septantième anniversaire.

Foto di copertina: © Lhoon  (CC BY-SA 2.0)

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