Per secoli è stato il limite estremo del cosiddetto mondo conosciuto. Con essa si identificavano le Colonne d’Ercole, la fine del mondo, ma anche la porta da attraversare con coraggio verso il “nuovo mondo”. Da sempre crocevia di traffici, interessi, complotti e spionaggi, Tangeri è stata baluardo fenicio, cartaginese, romano, arabo, portoghese, spagnolo e britannico.
La sua posizione strategica, dal doppio affaccio atlantico e mediterraneo, è stata croce e delizia dei suoi destini. Capitale dell’intrigo internazionale, ha fatto del mistero il suo fascino. Porto d’attracco tra i più frequentati, è diventata, durante i periodi bellici, la più occidentale delle città del Marocco e non solo per posizione geografica.
Luogo di incontro di mille civiltà, oggi la città domina dalle sue alture lo stretto di Gibilterra, confrontandosi quotidianamente con i due contesti stranieri, sovrani e nel contempo appendici del suo fronte marocchino: quello inglese sul suo versante e quello spagnolo al di là del canale, dove i due mari si fondono.
Qui si respira la storia e non puoi fare a meno di sentirti come in un film o di rimandare il pensiero alla passione dei grandi navigatori, se lungo le stradine ripide e strette sopra il porto ti perdi in uno di quei labirinti da casbah, dove al tuo crocevia, sui muri incrostati di salsedine, c’è scritto che sei in Rue Magellan una traversa di Rue Cook.
Da qui, dove era nato, Ibn Battutah, il mitico viaggiatore medievale e versione islamica del nostro Marco Polo, partì nel 1325 per il suo pellegrinaggio di rito alla Mecca. Un viaggio durato ventinove anni, che dal Marocco alla Turchia lo portò a visitare Il Cairo, il Mar Rosso, Damasco, il deserto del Sahara, Gerusalemme, l’Oceano Indiano, Costantinopoli.
Un cammino ricco di scoperte, che condusse l’esploratore curioso e insaziabile all’incontro con sultani, khan, imperatori e popoli antichi e misteriosi. Un itinerario tracciato 650 anni fa e conosciuto come La strada di Tangeri, lungo il quale moderni viaggiatori, soprattutto inglesi, hanno dato vita ai racconti più fantastici, testimoniando la brillante tradizione letteraria inglese in tema di viaggi attraverso l’Islam.
Passeggiando nella Medina (evitare le ore notturne) si è letteralmente travolti dai mille profumi di spezie che rivaleggiano con i più svariati odori tipici dell’artigianato locale. La città antica è disseminata di banchetti e venditori improvvisati, che affollano disordinatamente il percorso verso il Palazzo del Sultano, il Dar El Machzen oggi polo museale di tutte le espressioni d’arte marocchina.
L’artigianato marocchino è fantasmagorico nei suoi colori e nelle sue proposte. Vasi e piatti di terracotta, con le classiche decorazioni madreperlate e i profili argentati, sono tra i prodotti più richiesti per arredare e vivacizzare i muri delle moderne case occidentali. E poi stoffe e abiti ricamati, manufatti in radica e oggetti in rame od ottone, pellame, ambra corallo e tappeti.
Sapori, aromi e fragranze fanno della cucina marocchina una delle nuove frontiere della proposta culinaria internazionale ed europea in particolare. Piatto nazionale il cous cous a base di semola di grano, declinato con i sughi, i brodetti e i condimenti più variegati. Non da meno la tajine ovvero il contenitore dove vengono cotti a fuoco lento la carne o il pesce, adeguatamente speziati. Un rito antico che impregna dell’inconfondibile sentore le medina di tutto il mondo arabo.
Ma è il celebre caffè Hafa ad attirare la maggior parte dei turisti, per la sua posizione unica con vista da non perdere; inerpicato sulla scogliera, dalle cui terrazze si domina l’orizzonte spagnolo. E’ vicino al museo Forbes, l’antica dimora del miliardario americano lasciata in legato alla città di Tangeri nel1990, che raccoglie 115.000 modellini militari in posizione, per rievocare le più grandi battaglie del mondo. Dovunque l’irrinunciabile e antiossidante tè alla menta, servito rigorosamente in bicchieri di vetro e gustato in compagnia per favorire distensione, buonumore e conoscenze.
Sulle tracce del suo profumo, lungo le cosiddette rotte dei cammellieri, da non perdere è il tour delle quattro Città Imperiali, chiamate così perché ognuna di esse in passato è stata capitale del Regno. Da Fes la più antica e la più raffinata di esse, con la medina più attraente del Paese e il centro culturale più sviluppato, a Marrackech dal fascino voluttuoso e dallo scintillio dei colori che contornano Djamaa ed Fnaa, la grande piazza dove danzatori, maghi, acrobati, incantatori e mangiatori di serpenti o di scorpioni offrono uno spettacolo senza eguali e senza fine. Sotto la presenza ammonitrice della Koutoubia, il minareto del XII secolo alto quanto le torri di Notre Dame.
Da Meknes con la sua tripla muraglia rinforzata, che la circonda per oltre 45 km, a Rabat l’elegante capitale del Marocco moderno, con i suoi meravigliosi giardini, le sue spiagge e i lussuosi alberghi, l’itinerario è uno dei modi per entrare meglio in contatto con una realtà tra le più significative del Mediterraneo. In fuoristrada 4×4 o in pullman, con approccio più intraprendente o nella maniera più classica l’impresa è di quelle che valgono.
In Marocco l’ombra è luce, il deserto è oasi, cielo e mare si confondono in un unico azzurro e un’armonia di contrasti lascia ai colori prendere il sopravvento. Colori che arricchirono e rivoluzionarono la tavolozza di pittori come Matisse, Klee e Delacroix. Ecco perché un felicissimo spot promozionale afferma che: “In Marocco i colori dipingono la vita”.