DI Ilenia di Summa
In principio, sono stati i trattori tedeschi e francesi a fare notizia. Ma nel giro di poche settimane la protesta degli agricoltori, spontanea e sempre più estesa, ha raggiunto le sedi istituzionali europee. Dopo essere approdata a Bruxelles, Parigi e Milano, la lenta, ma decisa avanzata della protesta ha toccato Francoforte, dove oltre 1000 trattori, bloccando le strade dirette all’aeroporto, hanno di fatto messo in difficoltà il più importante scalo della Germania.
Negli ultimi giorni, gli agricoltori hanno attivato presidi temporanei e permanenti di protesta, che vanno dai blocchi stradali, all’impossibilità per gli utenti di accedere ai caselli autostradali. Non sono mancati momenti di tensione, sfociati anche in deprecabili atti di violenza: Place du Luxembourg, l’elegante slargo situato di fronte al Parlamento Europeo di Bruxelles non è stato risparmiato dalla furia di alcuni manifestanti. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la protesta sta generando disagi e rallentamenti alla viabilità, ma non si registrano episodi di violenza o devastazione.
I motivi del malcontento e le richieste dei manifestanti sono numerosi e confermano il senso di frustrazione degli operatori del settore, da tempo in crisi. In primis, gli agricoltori contestano l’aumento dei prezzi del carburante agricolo, inevitabile conseguenza della crisi energetica, unito alla decisione, assunta da molti Paesi Europei, di ridurre i sussidi ritenuti ambientalmente dannosi. Entrambe le misure determinano, per le aziende, costi insostenibili.
Ulteriore motivo di malcontento è rappresentato da diversi punti del piano di transizione ecologica per l’agricoltura “Farm to Fork”, il quale prevede, tra l’altro, di lasciare incolta una parte dei terreni agricoli (il 4%), per favorire la rigenerazione naturale dei nutrienti. Il piano prevede un contributo per gli agricoltori, che però rigettano la misura; fra gli slogan più frequenti vi è proprio “No ai contributi per non coltivare”. Non è condivisa nemmeno la decisione di destinare il 25% dei terreni all’agricoltura biologica. I manifestanti contestano anche la concorrenza dei prodotti non comunitari, frutto dell’accordo UE-Mercosur, un patto di libero scambio fra l’Unione Europea e alcuni Paesi latinoamericani.
Nel Belpaese, dove negli ultimi 15 anni sono scomparse circa 600 mila aziende agricole, si registra una crescente ostilità nei confronti delle associazioni di categoria, ritenute poco incisive; ad organizzare le marce di protesta sono spesso sigle neonate: è il caso di Coordinamento Agricoltori Traditi, il cui leader Danilo Calvani aveva animato, nel 2013, il Movimento dei Forconi. Proprio Calvani ha riferito all’Ansa che i manifestanti raggiungeranno la capitale: “La protesta si farà: il luogo è da concordare con le Forze dell’ordine, e non si esaurirà in un giorno: la data non sarà “il”, ma “dal”. A Roma ci sarà una prima protesta, nella quale sono previsti solo gli agricoltori e non i mezzi. Quelli arriveranno in seguito. Le proteste intanto continuano in tutta Italia, da nord a sud -ha aggiunto- e sono previste per quasi tutta la settimana”.
Le associazioni di categoria, come si diceva, si limitano a condividere le ragioni dei manifestanti, senza tuttavia prendere parte attiva alla protesta. Cristiano Fini, presidente nazionale della Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) considera “una proposta debole e insufficiente”, la sospensione per un anno dell’obbligo di non coltivare il 4% dei terreni, concessa ai manifestanti. “Quello che ci aspettiamo – dichiara – è lo stralcio, senza se e senza ma dell’obbligo”. Non dissimile appare la posizione di Coldiretti: non partecipa ai cortei, ma ne appoggia molte delle rivendicazioni, pur mettendo in guardia da possibili strumentalizzazioni. “C’è qualcuno che vuole utilizzare l’agricoltura per avere un po’ di notorietà politica, ma i nostri agricoltori non si faranno strumentalizzare”, dichiarava giorni fa Ettore Prandini, presidente dell’associazione.
Nei giorni scorsi, il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha incontrato i rappresentanti del movimento dei trattori all’apertura di Fieragricola di Verona, ai quali ha assicurato attenzione e appoggio: “”Senza Made in Italy perdiamo il senso di esistere. Dobbiamo proteggere il Made in Italy perché siamo una nazione piccola. Se non difendiamo questo livello di qualità, il giusto prezzo, il giusto reddito dei nostri agricoltori, noi come nazione perdiamo il senso di esistere”.