DI Ilenia di Summa
Ennesima sparatoria in una scuola. Ancora una volta strage, resa più efferata e terrificante, in quanto priva di alcun motivo. Lo scorso 24 maggio, in una scuola elementare del Texas, 19 bambini e 2 adulti sono morti in una sparatoria, pochi giorni prima della fine dell’anno scolastico. Particolare agghiacciante: a compiere il massacro è stato un ragazzo di 18 anni.
Secondo quanto riportato dalla National Public Radio, il numero delle sparatorie nelle scuole americane è in continuo aumento: tra il 2020 e il 2021, le stragi sono passate da 10 a 34 e nei primi mesi del 2022 ne sono state registrate addirittura 27. Situazione sconvolgente, alla quale la politica non riesce a porre rimedio: la normativa in vigore è estremamente permissiva circa la vendita e la detenzione di armi e le periodiche “promesse elettorali” dei candidati di turno si scontrano con le potenti lobby, che spesso finanziano le campagne elettorali. Un’impasse che, di fatto, dopo l’orrore dei primi momenti, lascia le cose praticamente immutate, consentendo a pericolosi psicopatici di portare facilmente a termine i loro progetti criminali.
Ma qual è l’identikit del killer adolescente? Cosa conduce un ragazzo a strappare la vita a suoi coetanei? Secondo Antonio Leggiero, docente in Criminologia, – “La risposta è di tipo multicausale. Infatti, convergono e concomitano, in una sinergia deleteria e nefasta, fattori di tipo individuale (alcuni di questi individui sono in qualche modo, per temperamento, inclini alla violenza); fattori di tipo familiare (essendo cresciuti in famiglie disfunzionali con le pesanti problematiche esposte); fattori di tipo sociale (in riferimento al loro vissuto esperienziale di soggetti profondamente disadattati). Il risultato è un terrificante cocktail esplosivo al fulmicotone”.
Al pari degli adulti, anche gli stragisti adolescenti hanno i loro “nemici”, reali o immaginari, contro i quali scaricare la rabbia che li pervade: per non lasciare nulla al caso, pianificano con minuziosa attenzione ogni dettaglio del proprio piano. Tuttavia, contrariamente a quanto spesso accade agli adulti, al termine della strage, il killer adolescente non si suicida, in quanto, quasi sempre, non percepisce la gravità del proprio gesto e non è, pertanto, soggetto a rimorso.
Elementi comuni riscontrati in stragisti adolescenti sono: un’età compresa fra 12 e 18 anni; personalità disturbata, con fortissima carica distruttiva; assenza di processi di razionalizzazione e consapevolezza; attrazione per le armi e per la cultura violenta; scarsa tolleranza allo stress e alle frustrazioni; tendenza all’introversione e alla solitudine; desiderio di affermazione e narcisismo.
La strage, in alcuni casi, viene pianificata e portata a termine esclusivamente quale palese affermazione di narcisismo e megalomania: la scelta dell’obiettivo è, quindi, legata alla notorietà che ne deriva. Nel caso del diciottenne killer del Texas, la scelta della scuola elementare e l’eccidio di 21 persone sono stati il mezzo per veicolare, insieme all’orrore, una indiscutibile fama diretta alla sua persona. Non a caso, ha affidato a Facebook, i suoi propositi. Circa 30 minuti prima di raggiungere la scuola, aveva scritto: “Sto per sparare a mia nonna”; e 15 minuti dopo il primo omicidio: “Sto per sparare in una scuola elementare”.
Un macabro progetto, elaborato in stato di alterata condizione psichica e portato a termine con totale assenza di coscienza morale, finalizzato al raggiungimento di una sorta di “ammirazione e rispetto”, amplificato dai social. Un soggetto per il quale la vita umana vale quanto un obiettivo abbattuto in un videogame.