Taranto: rinvenuti importanti reperti archeologici durante gli scavi

22 Gennaio 2024
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DI Ilenia di Summa

Nei giorni scorsi, a Taranto, durante i lavori di posa delle condotte elettriche per il potenziamento della rete, fra Via D’Alò Alfieri e Via Dante (all’interno del cortile dell’Istituto Professionale “Cabrini”), sono stati rinvenuti importanti reperti riferibili al periodo greco e databili, secondo una prima analisi degli esperti, fra il IV e il III secolo a.C.

I lavori in questione sono stati pianificati in perfetta sinergia fra la Soprintendenza Nazionale per il patrimonio subacqueo, l’ente gestore di pubblico servizio e la ditta esecutrice, consentendo la salvaguardia delle evidenze rinvenute, ovvero, diversi frammenti di ceramica, oggetti votivi e tre inumazioni, definite a fossa. Nell’area interessata sono subito stati avviati gli interventi di scavo archeologico di emergenza, condotti dagli archeologi di Ethra Archeologia e Turismo, sotto la direzione scientifica della Dott.ssa Annalisa Biffino della Soprintendenza, con la partecipazione dell’impresa Soigea srl.

A rendere nota la notizia, attraverso i canali social, è proprio la Soprintendenza: “Lo scavo in via D’Alò Alfieri ha messo in luce una grande fossa di scarico quadrangolare, che conteneva ceramica a vernice nera, ceramica sovradipinta, materiale votivo, distanziatori riferibili alla produzione di ceramica in fornaci, ceramica da fuoco e acroma e persino un’antefissa con figura di Gorgone. Da una prima analisi i frammenti ceramici rinvenuti sembrano coprire un arco di tempo compreso tra la fine del VI e il III sec. a.C. All’interno dell’istituto Cabrini, l’intervento di scavo ha messo in evidenza tre tombe a fossa scavate nel banco roccioso. La prima non presentava copertura e al suo interno era completamente vuota. La seconda, con copertura, a doppia lastra lapidea, ha restituito lo scheletro di un individuo (probabilmente femminile) inumato in posizione supina con un corredo costituito da: una coppetta biansata, un’oinochoe e una lekythos, tutti in ceramica a vernice nera, e da un anellino in bronzo.

Gli elementi del corredo, molto diffusi nelle tombe tarantine di età ellenistica, sono inquadrabili nei decenni finali del IV sec. a.C. La terza tomba, di dimensioni molto più ridotte, presentava infine una copertura a unica lastra sempre in carparo e conservava al suo interno un individuo di età giovanile privo di corredo”. Gli studenti dell’Istituto Cabrini sono stati i primi ad avere l’opportunità di visitare gli scavi, seguendo le norme di sicurezza, con spiegazioni fornite dagli archeologi.

In attesa di conoscere la precisa datazione dei reperti e la loro futura collocazione, la Città dei due Mari continua a restituire frammenti delle proprie origini e dell’antico splendore, che le permise di divenire una delle più importanti colonie della Magna Grecia.

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