Lo evidenzia il recente rapporto “Una misura di Performance dei SSR” dell’Università Tor Vergata di Roma. I cittadini sono sempre più costretti a mettere mani al portafogli per curarsi. Ma aumenta anche la quota di chi rinuncia a curarsi perché non se lo può permettere economicamente
Sentir dire che il servizio sanitario è pessimo in una sala d’aspetto di ospedale è un conto. Leggere i risultati di una ricerca universitaria è un altro. E se è vero che la quinta edizione del progetto promosso dall’Università Tor Vergata di Roma “Una misura di Performance dei SSR”, da una parte conferma alcuni luoghi comuni da sala d’attesa, dall’altra ne sconfessa tanti. Nell’area di eccellenza ci sono la Toscana (primo posto), seguita dalla Lombardia, Veneto, Liguria e dall’Emilia Romagna. Nell’area critica: fanalino di coda è il Molise. Ma ci sono anche il Friuli Venezia Giulia, la Puglia, l’Abruzzo e la Calabria. Giunto nel 2017 alla sua quinta annualità, lo studio non è finalizzato a valutare la capacità di gestire i fondi dei servizi sanitari regionali pubblici, quanto a fornire un’indicazione sul livello di legittima aspettativa del cittadino nei confronti della Salute, a seconda della regione in cui risiede. La commissione del progetto è composta da 102 persone, tra utenti, presidenti di associazioni e manager di aziende sanitarie, rappresentanti delle istituzioni e delle professioni mediche. E si basa non su considerazioni personali ma su dati raccolti sul territorio nazionale ed elaborati. Il gap, rivela il rapporto, “in termini di misura di Performance tra il SSR “migliore” ed il “peggiore” si sta riducendo, oscillando da un massimo di 0,54 ad un minimo di 0,38. Ma il dato di fatto è che la composizione del gruppo delle Regioni che permangono, anno dopo anno, nell’area dell’eccellenza (Toscana, Lombardia, Liguria, Veneto ed Emilia Romagna), così come quella del gruppo, numericamente rilevante, delle Regioni che rimangono nell’area critica (Calabria, Abruzzo, Puglia, Friuli Venezia Giulia e Molise), resta sostanzialmente stabile”. Il peggioramento, rispetto al 2013 e al 2015, è dovuto essenzialmente ad un aumento del fenomeno delle rinunce e della spesa privata (e totale). Insomma, i cittadini sono sempre più costretti a mettere mani al portafogli per curarsi. Ma aumenta anche la quota di chi rinuncia a curarsi, non per convinzioni maturate leggendo qualche blog o post sui social, ma perché non se lo può permettere economicamente. Il progetto sconfessa alcuni luoghi comuni, non tutto il peggio sta al Sud. E se la Puglia conferma il trend negativo, la Basilicata è in miglioramento. Di fatto, in alcune regioni (Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Abruzzo, Piemonte, Liguria e Provincia Autonoma di Trento), “si è assistito ad un miglioramento della Performance, mentre negli altri si è registrato un peggioramento: si va da un valore minimo del -0,1% del Lazio ad uno massimo pari al -5,8% della Puglia”, spiega il rapporto.