“Questa è la storia di una rosa, simbolo di bellezza che evoca perfettamente lo spirito di Adriano Olivetti e la sua concezione della produzione non per controllare, ma per promuovere e fortificare lo spirito dei lavoratori”.
E' il racconto di un materano, Lucio Festa. Giovanissimo decise di seguire il programma di pianificazione sociale e territoriale del Movimento Comunità di Adriano Olivetti. “Non credo sia mai stato superato in Italia – continua. Non c'era solamente il Nord. Prima di diventare capo del personale a Ivrea, ho svolto la stessa funzione a Pozzuoli, in uno stabilimento situato lungo la via Domiziana, non lontano da Napoli. C'era la volontà di investire nel Mezzogiorno. Una collocazione non casuale e non nella speranza di sgravi fiscali o chissà quali incentivi pubblici, ma per promuovere lo sviluppo economico e sociale delle comunità del Sud”.
Nel 1951 il progetto fu affidato all'architetto Luigi Cosenza, nel 1954 i lavori erano conclusi. “Uno stabilimento stupendo che diede subito lavoro a 1300 tra operai e impiegati impegnati nella produzione di addizionatrici manuali ed elettriche e alcuni modelli di macchine per scrivere".
"Ci muovevamo nel verde, che aveva pianificato Pietro Porcinai, mentre il piano del colore della fabbrica, gli interni, erano firmati da Marcello Nizzoli, secondo una serie di suggestioni in grado di evocare gli scavi archeologici di cui è ricca l'area del Golfo di Napoli. Ambienti solari, luminosi. Difficile dimenticare quella bellezza naturale, la biblioteca, lo spazio relax, le sdraio sul prato nelle ore d'intervallo, un laghetto, il colonnato e ancora verde curatissimo e arricchito da uno profumato roseto. Fu realizzato anche un quartiere residenziale Olivetti”.
Un esempio unico. “L'episodio della rosa avvenne in un momento di pausa e vide contrapposti un addetto alla guardiania, una specie di usciere e un semplice operaio. Ricordo ancora i nomi. Il secondo entrò nel roseto e colse una rosa. La annusò intensamente, la portò al cuore e con la testa tra le nuvole diresse i suoi passi verso un'operaia che si trovava poco distante. Non riuscì a raggiungerla. L'usciere lo scoprì e iniziò a inveire contro quello che definì un gesto da cafone. Occorreva avvertire i capi per questa villica bravata. Ero alla finestra, avevo visto tutto. Non è uno screanzato come pensi tu, dissi andando incontro all'usciere, che pensava comunque di avere fatto il suo dovere. E' solamente innamorato. Non c'è proprio niente da punire. La bellezza acquista valore se diventa un gesto d'amore. Non è successo nulla di grave, lascia correre. E tu non ti preoccupare, non essere timido, vai tranquillo, dona la rosa alla tua ragazza”.
Se ne parlò di questo piccolo episodio. Un gesto che piacque a tutti, racconta Lucio Festa. Rafforzò il clima di concordia e l'aria distesa che si respirava in quella fabbrica. I due, a quanto pare, qualche mese dopo si sposarono.
(dal profilo facebook dell'autore)
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