I temi dello sviluppo e della rinascita del Sud danno sempre spazio alla retorica, ad astratte ricette in cima alle quali campeggiano sempre turismo e agricoltura. Settori volubili e bisognosi di stabilità e investimenti (nel primo caso) o abbandonati e affidati a un ripensamento interminabile (nel secondo).
Eppure, poiché la realtà è sempre più reale dei programmi, può succedere che proprio in agricoltura la volontà, la fantasia, la capacità e... forse anche la forza della disperazione, siano capaci di iniziative straordinarie. Oggi raccontiamo due storie, nate nelle campagne del Tarantino, dall'iniziativa di due giovani che hanno rielaborato le graduatorie dei propri sogni, ricollocando al primo posto proprio l'agricoltura
Negletta, progressivamente abbandonata dalle giovani generazioni, dopo gli anni del boom, in favore di una concezione industrialistica viene reinterpretata in una sorta di mozione “ritorno al futuro”, che esercita il pentimento globale come strumento per la creazione di nuova occupazione e di nuova crescita. Molti dei risultati ottenuti da questi giovani pionieri di un nuovo sviluppo del settore primario sono apprezzabili, nel complesso incoraggianti, aprono spiragli interessanti.
La prima storia è quella di un trentasettenne che, tre anni fa, ha avviato un'attività di produzioni biologiche e di vendita delle proprie produzioni direttamente sul suo appezzamento: quattro ettari di terreno, che erano abbandonati da oltre 30 anni, e che ha convertito a orto a conduzione biologica. È Domenico Claudio Sellitti, titolare di Arreterra, un'azienda della quale si può anche aderire al progetto Kortile, e affittare un frammento per farlo coltivare secondo le proprie esigenze e poter raccogliere personalmente i frutti.
Com'è nata in te questa passione?
All'inizio era soltanto un hobby, poi, dal momento che lavoro non ce n'è, ho deciso di trasformarlo nella mia occupazione, portandovi la mia passione e alcuni idee innovative che mi consentissero di darle uno slancio. Devo ammettere di essere stato in qualche modo forzato dagli eventi, perché qui al Sud, se vuoi lavorare, non sono molte le cose che ti possono o ti vogliono far fare.
Ti sei mai pentito della tua scelta?
Pentito no. Certo bisogna adattarsi, gli eventi climatici incidono spesso in maniera fortemente negativa. Quest'anno, ad esempio, già in autunno, le precipitazioni eccessive, con tre successiva bombe d'acqua, hanno danneggiato molte colture...
Questo ha comportato l'aumento dei prezzi.
Purtroppo è quello che successo ogni volta che il maltempo danneggia le colture. I danni dei coltivatori ricadono sui consumatori.
Ma tu fai il biologico e i prezzi sono più alti.
La produzione biologica è più dispendiosa e impone livelli di scarto maggiori, utilizzo di prodotti meno dannosi, così come la clientela richiede, per questo i prezzi non possono essere inferiori, ma neppure è giustificato il livello esagerato che alcuni produttori cercano di imporre.
Credi che ci siano ancora prospettive per i giovani che vogliano dedicarsi all'agricoltura?
Certamente. L'Italia ha condizioni favorevoli dal punto di vista geografico e ambientale, ma ha anche un regime fiscale favorevole. Credo che i giovani debbano riavvicinarsi perché il lavoro può dare molte soddisfazioni. Invece, se mi guardo interno, vedo molti anziani. Non si diventa ricchi ma si può vivere bene.
L'altra azienda si chiama Orto Family ed è un'altra piccola rivoluzione nel modo di concepire l'agricoltura. Il suo ideatore è Antonluca Antonante, un giovane molto volitivo che di idee ne ha molte e non le lascia appassire. Così, tre anni fa, con il sostegno di suo fratello ingegnere, aveva tentato un esperimento di coltivazione per la canapa. Una buona idea per un prodotto sorprendente, ci dice, ma che per il momento ha accantonato, per via della difficoltà a reperire le attrezzature adeguate e le giuste professionalità, ma con l'impegno a riprenderla presto. Ma subito dopo ha preferito dare il via a un altro progetto che, al terzo anno, è già maturo e promette risultati in crescita. Si tratta di Orto Family, un'idea che si ispira ad analoghe iniziative nate in realtà più “avanzate” sul fronte del settore primario.
Come nasce e in cosa consiste Orto Family?
Il concetto è semplice e consiste nel coltivare “conto terzi”. Mi spiego meglio: poiché ci sono tanti terreni non coltivati, ho preso in fitto un terreno di quattro ettari vicino a Talsano in direzione San Donato. Ho creato dei lotti di 90 metri che le famiglie possono affittare stagionalmente a un costo che si aggira sui 250 euro per un periodo di 4 mesi. Io li coltivo, con l'aiuto di un mio dipendente, con ortaggi di stagione. Le famiglie affittuarie possono venire per seguire la lavorazione e soprattutto per la raccolta, che è un momento di festa.
Quali prodotti coltivi?
Dipende dalla stagione: ora per esempio stanno venendo a maturazione le rape, i finocchi, la catalogna, gli spinaci, i cavoli... L'estate: melanzane, pomodori, friggitelli... Insomma: ortaggi strettamente di stagione, dato i nostri sistemi di coltivazione sono naturali: non utilizziamo prodotti chimici e pesticidi, ma solo concime naturale.
Riscontri interesse tra le famiglie?
Direi di sì. Oltre a stabilire di comune accordo i prodotti che si vedono nascere e crescere sotto i propri oggi, Orto Family consente anche un piacevole rapporto con la terra. Soprattutto in estate, quando si possono trascorrere le ore del pomeriggio a contatto con la natura: è una bellissima esperienza per i bambini e infatti i nostri lotti sono stati presi in fitto soprattutto da giovani coppie con bambini. Attualmente sono una sessantina quelli assegnati, ma stiamo già preparando la stagione estiva, che va da aprile a luglio e iniziamo a prendere le prenotazioni. Potremmo arrivare anche a 150.
Un lotto riesce a soddisfare le esigenze di una famiglia?
Anche di due, direi. Per ognuno di essi piantiamo 50/60 piante di pomodori, una trentina di melanzane... insomma: quanto può bastare per le esigenze stagionali di due famiglie.