Fondata in India nel 1968, ospita circa 2700 abitanti. Come si vive nella città che non ha né politici né padroni. Lì “C’è un obiettivo comune che unisce tutti: l’intenzione di cambiare il proprio scopo nella vita”
E’ il 1968. Mentre l’Europa era attraversata dal movimento culturale e sociale che avrebbe spazzato via le gerarchie e lo status quo, gli intellettuali contestavano la classe borghese e gli operai si battevano contro l’organizzazione del lavoro nelle fabbriche, in Tamil Nadu (India) nasceva Auroville.
Il 28 febbraio 1968, probabilmente animati anche da quel desiderio di cambiamento che il movimento del Sessantotto aveva instillato negli animi, circa 5mila giovani provenienti da 124 paesi del mondo e 23 stati indiani si ritrovarono sull’altipiano arido su cui sarebbe sorta Auroville e misero un po’ di terra del proprio paese di origine all’interno di un’urna di marmo, oggi conservata nell’anfiteatro della città. Era il primo atto della fondazione di quella che aspirava ad essere la “città ideale”, quasi una via di mezzo fra una comune hippie e un ashram. La carta costituzionale di Auroville fu letta dalla sua fondatrice, Mirra Alfassa, nota anche come La Madre. Ebrea parigina, di origini turche ed egiziane, si era stabilita a Pondicherry nel 1920, diventando poi compagna spirituale di Sri Aurobindo.
Proprio a lei si deve, nel 1965, la prima definizione di questo progetto urbano: “Auroville aspira a essere una città universale dove uomini e donne di tutti i paesi sappiano vivere in pace e armonia al di là di ogni credo, inclinazione politica e nazionalità. Lo scopo di Auroville è realizzare l’unità umana”. L’anno dopo il progetto di Auroville venne presentato all’Assemblea Generale dell’UNESCO dal Governo dell’India (GOI) e fu approvato all’unanimità. Infine il 1968: mentre la Sorbona veniva occupata dagli studenti e i lavoratori di mezza Europa scioperavano, in India veniva fondata ufficialmente Auroville.
Sei alla ricerca di te stesso? Auroville fa per te
Auroville oggi si sviluppa su una superficie di 20 chilometri quadrati e conta circa 2.700 abitanti provenienti da oltre 50 paesi, inclusa l’India, che vivono in 120 insediamenti di varie dimensioni. Ad Auroville non si lavora per produrre profitto ma per generare benessere a vantaggio della collettività. L’aspirazione più alta dei suoi abitanti è raggiungere il proprio equilibrio interiore, lavorare su se stessi, emanciparsi dalle logiche che regolano la vita “al di fuori”. In che modo si lavora sul miglioramento di sé? Con lo yoga, la meditazione e gli innumerevoli workshop, occasioni di incontro e di confronto, classi e sessioni di ayurveda, fisioterapia, naturopatia, agopuntura, massaggi e tante altre terapie che si susseguono di continuo in vari luoghi della città.
Susmita Ferrero, originaria di Torino, ha scelto Auroville come casa nei primi anni Ottanta. Tutto parte da una libreria esoterica torinese e dal libro “L’avventura della coscienza” di Satprem. A cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, Susmita è andata spesso in India per fare meditazione. Poi la scelta di trasferirsi lì definitivamente, sia per continuare il suo percorso di ricerca interiore che per fare qualcosa di utile per la comunità. “In questi anni ho dato in vari modi il mio piccolo contributo ad Auroville: ho insegnato nelle scuole, ho lavorato al padiglione italiano, faccio parte dell’ ‘Entry board committe’ dove accompagniamo nel percorso di consapevolezza e integrazione coloro che vorrebbero trasferirsi ad Auroville”. Ma il progetto di cui va più fiera riguarda l’accessibilità: “Un bus con la pedana abbassabile che rende il mezzo accessibile a tutti, soprattutto ad anziani con la sedia a rotelle che si spostano da Auroville alle comunità limitrofe”. Con queste attività Susmita desidera concretizzare il principio alla base della creazione di Auroville: raggiungere una “human unity in diversity”.
Auroville oggi, un mix di utopia e innovazione tecnologica
Auroville, dove per statuto non esiste la proprietà privata, può essere considerata un esperimento sociale. La terra, le case, gli edifici pubblici e le imprese sociali appartengono alla collettività.
Oltre al percorso interiore e alle attività che facilitano il miglioramento di sé – a cui si dedica tanto tempo – gli aurovilliani sono impegnati a lavorare la terra, a produrre energia rinnovabile, nell’educazione, assistenza sanitaria, assistenza sociale nei villaggi limitrofi, costruzione, commercio elettronico, amministrazione e attività artistiche. Secondo il principio di “servizio alla comunità”, tutti sono volontari e ricevono mensilmente una sorta di sussidio in rupie per provvedere alle proprie necessità. Oppure pagano ciò di cui hanno bisogno in parte o per intero – attingendo alle proprie risorse personali – come contributo al progetto di finanziamento generale di Auroville. La città deve infatti la sua crescita e prosperità a varie fonti: il governo indiano, le organizzazioni non governative indiane e straniere, l’Auroville International Centres and Liaison Offices in 33 paesi, i donatori singoli sparsi per il mondo e una percentuale dei profitti derivanti dalle attività commerciali private di Auroville stessa.
Auroville si trova nello stato del Tamil Nadu, poco lontano dalla Coromandel Coast, a circa 10 chilometri a nord di Pondicherry e 150 chilometri a sud di Chennai.
Benchè non sia una meta di vacanza, nella stagione secca è sicuramente gradevole vivere qui fra palme, sole, onde dell’oceano, concerto costante degli uccelli e alberi mastodontici. Eppure anche questa è una conquista. Una delle priorità di Auroville è la rigenerazione ambientale e il rimboschimento della terra. In 50 anni sono stati piantati oltre 2 milioni di alberi. Il territorio, un tempo arido e condannato al ciclo distruttivo dell’erosione, oggi celebra la biodiversità attraverso la presenza di una natura lussureggiante.
Auroville ha acquisito fama nazionale e internazionale grazie al suo impegno a favore dell’ambiente. Sono state create svariate centinaia di acri di foreste; sono state reintrodotte o sono tornate naturalmente la flora e la fauna indigene; sono stati fondati giardini botanici, vivai e banche dei semi; sono state introdotte pratiche di conservazione del suolo e dell’acqua; è stato perseguito lo sviluppo di un’agricoltura ecologica senza l’uso di pesticidi e senza prodotti chimici dannosi; vengono attuate le più moderne tecniche agroforestali.
Quando “come stai?” non è una domanda di cortesia
La comunità di aurovilliani vive dinamiche relazionali completamente diverse da quelle a cui siamo abituati. “Se ad Auroville incontri per strada qualcuno che ti chiede ‘come stai’, non è una domanda di cortesia. E’ davvero interessato a sentire come stai. Quindi non lo liquidi rapidamente con un ‘bene, bene’, ma gli racconti il tuo stato d’animo, l’entusiasmo e le angosce che provi”, racconta Chiara Meriani, giornalista e scrittrice triestina ad Auroville da 8 mesi per fare una esperienza di volontariato.
Chiara è qui con due figli di 11 e 7 anni. Ad Auroville era già stata 5 anni fa come ultima tappa, quasi casuale, di un viaggio di tre mesi in India. Mi spiega con una metafora l’effetto che Auroville ha sulle persone: “È un po’ una lavatrice, ti mette dentro, ti fa la centrifuga e ti ripulisce. E’ un potente acceleratore dei processi, è un evidenziatore di tutto quello che hai dentro. Come sviluppo personale è tosto. La differenza fondamentale rispetto alla vita altrove è che qui non ci può sottrarre dal guardarsi dentro. C’è chi dice che dipende dall’energia del luogo, c’è chi dice che dipende dalla concentrazione di persone che vengono qui col desiderio di realizzare questo sogno e staccarsi dalle propria vecchia scala di valori. Pur nelle differenze di ognuno, c’è un obiettivo comune che unisce tutti: l’intenzione di cambiare il proprio scopo nella vita”.
La vita ad Auroville presenta comunque sfide e difficoltà oggettive con cui fare i conti: i monsoni nella stagione delle piogge, gli scorpioni, l’elettricità che salta all’improvviso. Ma questo non è nulla di fronte alle “bomba energetica”, come la definisce Chiara, che ti investe di continuo. Ad una ragazza trasferitasi ad Auroville alcuni anni fa era stato domandato: “Qual è la cosa più difficile con cui convivere ad Auroville?” La sua risposta è stata semplice ed illuminante, con una sola parola aveva reso il senso di tutto: “me stessa”.
Ora che la sua esperienza di volontariato è quasi giunta al termine (le rimangono altri due mesi), per Chiara è tempo di bilanci: “Rientrerò in Italia con la voglia di tornare qui e con la certezza che l’unica strada che dà senso a questa vita, è la strada che ci porta a conoscere noi stessi: guardare i propri difetti, ma saper anche vedere e valorizzare i propri talenti; e poi andar oltre: crescere, imparare, ed essere pronti anche a cambiare. Scoprire qual è la nostra vera natura, accettarla e permetterle di realizzarsi, trovando il terreno adatto: questo per me significa diventare consapevoli. Io qui mi sono sentita accolta e, forse per questo, capace di accogliere davvero me stessa”.