Il social fuori dal web ha odore, gusto. E diventa leva per facilitare l’integrazione dei migranti
Un odore delizioso di cibo mi travolge non appena varco la soglia. Non so cosa mangerò. Non so con chi condividerò la tavola. Mi è stato detto di portare un piatto tipico della mia terra da offrire ai commensali. Ho optato per un chilo di orecchiette condite con le cime di rape, una ricetta tradizionale di Bari, la città in cui sono nata e in cui ho vissuto per alcuni anni prima di trasferirmi a Roma. Non è un “appuntamento al buio”, non è una gara di cucina. E’ l’ultima frontiera del social eating, che ora diventa leva per facilitare l’integrazione dei migranti a Roma.
“Benvenuti a cena!”. Ci accolgono con questa frase e con un grande sorriso Sara, Giorgia e Diana, le facilitatrici dell’iniziativa omonima nata per promuovere la cultura dell’accoglienza a Roma a partire dalla condivisione del cibo, lanciata dall’associazione “Roma Altruista”, che facilita l’incontro di domanda e offerta di volontariato nella Capitale. Il progetto è stato sviluppato in partnership con Associazione Cittadini del Mondo e Prime Italia.
Il format prende ispirazione dal “Welcome Dinner Project”, nato nel 2013 in Australia e gestito dall’associazione Joining The Dots. “L’idea mi è venuta quando ho sentito di rifugiati e migranti che sebbene vivessero in Australia da 5 anni, alcuni perfino da 10 anni, non erano mai stati invitati a casa di nessun australiano”, racconta Penny Elsley, ideatrice del progetto, “Il contesto multietnico di Sidney sicuramente ha favorito il fiorire di questa iniziativa. Eppure la gente non si incontrava. E allora ho pensato quale modo migliore di mettere la gente assieme se non il cibo?”. Fra il 2014 e il 2015 le “Welcome Dinner” si sono moltiplicate in modo esponenziale e l’iniziativa è stata replicata con successo in tante altre città australiane. In tre anni sono stati formati 300 facilitatori e oltre 5000 persone hanno partecipato alle cene.
E a Roma come sta andando? Diana Radeva, coordinatrice del progetto di “Benvenuti a Cena”, fa un bilancio dell’iniziativa a meno di un anno dal suo lancio: grazie ai 6 facilitatori, sono state organizzate 11 cene che hanno coinvolto un totale di 140 partecipanti provenienti da 22 paesi.
“Benvenuti a cena è un’opportunità non solo per incontrare nuove persone e conoscere culture e tradizioni diverse, l’obiettivo primario del progetto è quello di promuovere l’accoglienza nella società italiana ed in particolare a Roma – spiega Diana – E’ un’iniziativa che fa cadere i confini e dà la possibilità di aprirsi verso l’altro, generando una comprensione più profonda e contribuendo alla costruzione di una società multietnica più unita e coerente”.
Il tessuto della Capitale è fertile per iniziative di questo genere: Roma è la città più multietnica d’Italia secondo i dati dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Gli stranieri che risiedono nel territorio di Roma Capitale rappresentano circa il 13% del totale dei residenti.
Uno studio realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” parla di 645.159 residenti stranieri nel Lazio, ossia il 12,8% della presenza totale in Italia. Con i suoi 645.159 i residenti stranieri (il 12,8% della presenza in Italia), il Lazio è la seconda regione dopo la Lombardia per numero di immigrati e la terza per la loro incidenza sulla popolazione (dopo Emilia Romagna e Lombardia). Al 1 gennaio 2016 il numero degli stranieri nella città Metropolitana di Roma erano circa 530mila (83 mila stranieri in più rispetto a Milano alla stessa data), ossia il 10,5% della quantità nazionale e l’82% del totale residente nel Lazio. Tra gli immigrati a Roma e nel Lazio i più numerosi sono i romeni (227 mila), seguiti da filippini (45 mila), bangladesi (32 mila), albanesi e indiani (24 mila). Le donne, che solitamente svolgono lavori legati alla cura dei bambini e degli anziani, superano gli uomini (52,4% contro il 47,6) soprattutto nella città Metropolitana di Roma. E’ anche grazie a loro che gira l’economia della Capitale: secondo il Rapporto sul mercato del lavoro nell’area metropolitana romana 2016, a Roma lavorano oltre 274mila stranieri, il 15,5% degli occupati, una percentuale superiore a quella registrata in qualunque altra città italiana.
Ma torniamo a “Benvenuti a Cena”. Così come avviene a Sidney, prevede una cena in una casa privata. Vi partecipano 4 italiani, 4 stranieri e un facilitatore di Roma Altruista. Cenare insieme è il pretesto per condividere tradizioni gastronomiche e storie di vita. E’ proprio ciò che ho vissuto nel mio debutto con “Benvenuti a cena”, ma amplificato: eravamo non otto, ma almeno trenta fra migranti e italiani alla sede di “Casa Scalabrini 634”, un programma dell’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo (ASCS Onlus) in cui vivono rifugiati che si stanno integrando in Italia attraverso il lavoro e attività socio-culturali promosse dalla struttura.
Fra un gateau di patate e un yassa (ricetta tipica senegalese), ho scoperto la storia di Lamin, originario del Gambia, che vive in Italia da meno di un anno ma parla già un italiano fluente. “Sono portato per le lingue”, mi dice con orgoglio. Studiava letteratura inglese nel suo paese e contava di iscriversi alla facoltà di ingegneria. Ma aveva un bisogno di urgente di lavorare, di sostenere economicamente la madre e i fratelli. Ecco il dilemma: proseguire gli studi in Senegal o tentare la sorte in Europa? Ha scelto la seconda: prima tappa Firenze, poi Roma. Ora lavora al centro commerciale “Roma Est” come commesso da McDonald. La sua giornata tipica si divide fra lavoro, scuola di lingua italiana e “viaggio”: trascorre circa 4 ore al giorno nei mezzi di trasporto pubblico per gli spostamenti casa-lavoro.
Ho assaggiato il bulani piccantissimo preparato da Nasir, originario di Kabul, in Afghanistan. Vive in Europa da circa 3 anni. Dopo aver trascorso un periodo in Germania e in Svezia, mi ha confidato che l’Italia è stata la scelta migliore: “Qui non mi sento uno straniero, l’Afghanistan è molto simile all’Italia: stesso clima, stesso sole, stesso calore della gente”. Il piatto che mi ha conquistato è stato il fesenjan, una ricetta iraniana cucinata Abbas che, non a caso, fa il cuoco. Si è commosso quando gli ho mostrato le foto del mio viaggio in Iran e in particolare le immagini della tomba del poeta Hafez, a Shiraz. Cristina, portoghese, ha portato due piatti tipici del suo paese: le crocchette ripiene di baccalà e una torta a base di panna e latte condensato. Nabu, senegalese, ci ha deliziato con una ricetta a base di riso, verdura e spezie. Non mancavano piatti dal Tibet, dall’Indonesia, dalla Bulgaria e, ovviamente, dall’Italia (le mie orecchiette con le cime di rapa, il gateau di patate, la pizza, etc).
“Benvenuti a Cena” non è il primo esperimento di questo genere nella capitale. Da vari anni l’associazione Cucimondo propone il ciclo di eventi “Incontrarsi a tavola”: cene e pranzi dedicati ai sapori di Nigeria, Afghanistan, Egitto, Cina, Ucraina, Madagascar, Ecuador…
Il rappresentante del paese protagonista dell’evento, nonché cuoco, spiega ai partecipanti come preparare i piatti della propria tradizione. Ma le ricette non sono che una parte della sua conversazione col pubblico: molto spazio viene dato alla sua cultura di origine, ai motivi che lo hanno portato in Italia, alle esperienze di accoglienza e di rifiuto. La serata si conclude con la degustazione dei piatti preparati.
Altra iniziativa che mette insieme intercultura e gastronomia è il ristorante Gustamundo, nella zona di Valle Aurelia, realizzato in collaborazione con vari CAS, SPRAR e onlus. I protagonisti delle cene multietniche sono quasi tutti migranti che nei loro paesi erano cuochi, chef o pasticceri. “Ogni cena, una storia” è lo slogan del progetto. I cuochi, infatti, non solo cucinano i piatti della loro tradizione gastronomica ma raccontano anche cultura e sapori della loro terra. Il ricavato delle serate di Gustamundo retribuisce il lavoro dei cuochi, copre le spese del locale e supporta progetti di beneficenza (ad esempio la fornitura settimanale di acqua ai migranti del presidio Baobab Experience). Esperienze simili, animate dalla volontà di abbattere i pregiudizi e promuovere la cultura dell’accoglienza. A tavola, si sa, cadono le barriere perché il cibo ha il magico potere di creare un clima di convivialità fra gente con vissuti e culture diverse.