Non so se lo stanno ancora cercando, se l’hanno già individuato o se è scomparso nel nulla, ma c’è un particolare che mi ha colpito nell’uomo che a Torino, su un autobus di linea, ha aggredito e insultato una quindicenne di colore: il fatto che indossasse una tuta da lavoro.
L’hanno riferito tutte le cronache. Aveva circa 60 anni, era seduto vicino alla porta del bus e “indossava una tuta da lavoro”. E questo obiettivamente stride. Abituati a credere che i lavoratori, gli operai, siano dalla parte della gente comune, solidali con le minoranze, tolleranti, in altre parole comunisti o comunque di sinistra, fa impressione sentire che un uomo che “indossava una tuta da lavoro” quando ha visto davanti a sé, sull’autobus, una ragazzina di colore è andato dì fuori coi testa e ha cominciano a insultarla. “Togliti dalla mia vista” le ha detto. Poi le ha rifilato un calcio a un ginocchio e ha aggiunto: “E’ inutile che vai a scuola, tanto finirai per strada. Tornatene al tuo paese”.
Una scena odiosa, imbarazzante, che si è svolta nell’indifferenza della gente che pur affollava il bus. Nessuno che sia intervenuto, nessuno che abbia difeso la ragazzina, nessuno che neppure si sia scostato per farla allontanare da quell’uomo con la tuta da lavoro. La ragazzina è rimasta muta tra la gente, gli occhi rossi di pianto. Scesa dal bus ha telefonato in lacrime alla madre, che a sua volta ha riferito l’accaduto al presidente della squadra di pallacanestro in cui gioca la figlia e soltanto così è arrivata la denuncia ai carabinieri a impedire che l’episodio venisse soffocato dall’omertà.
Tutto questo a Torino, città civilissima tra le città più civili. Torino dove la ragazzina studia e gioca a pallacanestro. Torino che negli ultimi cento anni ha dato le tute da lavoro a milioni di migranti. Ma erano migranti italiani, potrà dire qualcuno. Sì, ma se è per questo anche la ragazzina insultata sul bus è italianissima, essendo nata in Italia da madre italiana e padre senegalese. Se l’avesse saputo si sarebbe comportato allo stesso modo l’uomo che “indossava una tuta da lavoro”? Non conosciamo la risposta, ma sappiamo che cosa direbbe la professoressa Fiorenza Pontini, veneziana di 59 anni che insegna inglese al liceo Marco Polo. Questa inquietante professoressa sostiene, in classe e su Facebook, che i musulmani vanno eliminati sin quando sono bambini perché non sono altro che ” futuri delinquenti, da estirpare alla radice». In aggiunta, ai migranti in arrivo augura di affogare. “Morissero tutti” scrive senza ritegno – e senza che Facebook faccia niente, anche questo è intollerabile – e aggiunge che “Questa invasione è la peste del terzo millennio, con la differenza che la peste è stata sconfitta mentre questa malattia ce la terremo ad infinitum”. Ora la professoressa Pontini è stata denunciata da due deputati di Sinistra Italiana Giulio Marcon e Celeste Costantino. Ci auguriamo che venga cacciata dalla scuola, lei sì a calci.
Aggiornamento
“Nella mattinata odierna – si legge in una nota della Procura di Torino – il Procuratore della Repubblica Armando Spataro ha voluto incontrare, con altri magistrati, Giulia – è il nome di fantasia dato alla fanciulla ndr – ed i suoi genitori, invitandoli nel proprio ufficio: a nome dell’intera Procura, Le ha assicurato ogni possibile impegno investigativo e manifestato forte solidarietà, sincera e doverosa come deve essere nei confronti di chiunque sia vittima di qualsiasi tipo di discriminazione”