C’è una storia vera del ‘900 che sarebbe piaciuta molto a Dostoevskij, ad Edgar Alan Poe e Dickens. E, in verità a leggerla non sembra reale, sembra uscita dalle loro penne, perché ha in sé tutte le componenti del racconto agrodolce con un retrogusto di morale.
Inizia così: c’era una volta nel secolo breve un avvocato affarista che pensava di aver fatto un grosso investimento, un’arzilla nonnina molto meno fragile di quanto lasciasse trasparire e Vincent Van Gogh.
L’avvocato Andre-Francois Raffray era un brav’uomo e morì il 28 dicembre del 1995 all’età di 77 anni. Nello stesso momento, raccontano le cronache locali, la signora Jeanne Calment, di 120 anni, ancora ignara, aveva cenato fegato d’oca, una coscia di anatra, formaggio, torta al cioccolato e un bicchiere di porto in un ospizio a nord-ovest di Marsiglia, nel sud della Francia. Poco più tardi, quando le arrivò notizia della morte dell’avvocato Raffray, la donna avrebbe detto solo “A volte nella vita si fanno dei cattivi affari”.
I due si conoscevano
Trenta anni prima, nel 1965, l’avvocato aveva convinto la già 90enne signora Calment a vendergli la casa con una formula ancora oggi molto in voga in Francia: en viager, ovvero ipoteca inversa, una formula simile al contratto di vendita della nuda proprietà. L’acquisto di appartamenti “en viager”, o “per la vita”, è comune in Francia. Il proprietario anziano può godere di un reddito mensile versato dall’acquirente, il quale “scommette” sull’affare immobiliare, nella malcelata speranza che il proprietario muoia a tempo debito. Al decesso del intestatario, l’acquirente eredita l’appartamento, indipendentemente da quanto è stato versato.
All’epoca, Raffray, 46enne, pensò di aver fatto un ottimo affare
Aveva fatto firmare alla nonnina un contratto in cui lui si impegnava a versarle 2500 franchi (500 dollari) al mese per tutta la sua vita. In cambio, alla dipartita della donna, avrebbe preso possesso della grande abitazione che si trova nel centro di Arles: quartiere meta di turisti tutto l’anno, dove Vincent Van Gogh passeggiava e passava le sue visionarie giornate.
Il valore della casa, a conti fatti, nel 1965 era di 60mila dollari: più o meno dieci anni di versamenti e, quindi, se l’anziana fosse vissuta fino alla veneranda età di 100 anni, l’avvocato avrebbe pagato il giusto. Niente lasciava presagire il contrario.
E’ vero la signora veniva da una famiglia longeva, suo padre morì a 93 anni, sua madre a 86 ma nessuno aveva mai superato i cento anni. Dal suo canto, lei aveva favorito queste previsioni: fumava, mangiava di gran gusto e a chi le chiedeva la sua aspettativa di vita, rispondeva ogni volta con un dolce sorriso “Molto breve”. Dunque, se malauguratamente il fato dei miscredenti o il buon signore dei cattolici avesse voluto interrompere il tribolare terreno della proprietaria prima del secolo di età, diciamo anche cinque anni prima, lui, l’avvocato, avrebbe fatto senza volerlo un gran bell’affare.
Ma al caso, si sa, non manca il senso dell’umorismo, e a volte si comporta come il più grande romanziere.
Quello che l’ancora giovane affarista francese non poteva sapere, è che quella fragile nonnina che si ingozzava di cioccolata, fumava, beveva ogni tanto un bicchiere di porto e mangiava abbondantemente a colazione, pranzo e cena è ancora oggi, a quasi vent’anni dalla sua morte, l’essere umano più longevo del pianeta. E’ accertato che Jeanne Louise Calment visse 122 anni e 164 giorni.
A tal punto arriva il tragicomico: altro che 10 anni, dopo la firma del contratto è campata per più di trent’anni, mentre il pover uomo fu stroncato da un cancro al colon nel dicembre 1994, settantasettenne.
L’avvocato non mise mai piede in quella casa in cui sperava di entrare appena cinquantenne o giù di lì. Morì due anni prima dell’anziana signora, e la sua vedova dovette continuare a pagare i 2500 franchi al mese prima che la Calment, dopo aver mangiato un ultimo piccolo dolce al cioccolato e vissuto più di qualsiasi altro essere umano del quale si abbia certezza, chiudesse i suoi dolci occhi stanchi per sempre. Alla fine dei conti, la famiglia Raffray dovette sborsare l’equivalente di 187mila dollari, quasi tre volte il valore di mercato della casa.
A dirla tutta l’uomo d’affari non era l’unico essere vivente rimasto basito dalle abitudini e della incredibile genetica della signora Jeanne Calment.
Illustri scienziati stanno ancora studiando il suo DNA. La vegliarda aveva smesso di fumare solo due anni prima della sua morte, al suo medico aveva confessato di aver interrotto non per i suoi consigli, ma perché quasi cieca non riusciva ad accendere la sigaretta e che le scocciava chiedere agli altri di farlo. I dottori, rassegnati, non diedero nessuna causa precisa nel suo certificato di morte, scrissero: “Nessuna causa”, l’età esatta, il giorno della sua morte e la data di nascita.
Era nata il 21 febbraio 1875 alle 7 del mattino ad Arles da un carpentiere navale e da una casalinga. L’anno dopo la sua nascita, Tolstoj pubblicò Anna Karenina e quel furbone di Alexander Graham Bell, dopo aver scopiazzato il telettrofono di Antonio Meucci, brevettò la sua invenzione. Era nata prima del telefono, morì quando internet aveva già fatto ingresso nelle case di milioni di famiglie. Nella sua vita aveva conosciuto Van Gogh e, con la famiglia, nel 1885 preso parte ai funerali di Victor Hugo a Parigi. Incontrò anche il poeta e premio Nobel Frédéric Mistral, e andò a vedere uno spettacolo di Joséphine Baker. Era sopravvissuta a svariate guerre, a un marito, una figlia e un nipote. A 85 anni prese lezioni di scherma. A 100, era ancora in sella a una bicicletta. Rimase una buona forchetta e una estimatrice del vino portoghese quasi sino all’ultimo dei suoi giorni.
Soprattutto non le mancò mai uno spiccato senso dell’umorismo. Ricordava alle generazioni di giornalisti che la intervistarono che quando a 14 anni lavorava nel negozio di colori di famiglia aveva venduto matite colorate e tele a Van Gogh. Di lui non aveva un buon ricordo: “Era brutto, trasandato, maleducato e puzzava d’alcol”, diceva.
Dopo aver vissuto nella sua abitazione fino all’età di 110 anni, nel 1985 la Calment si trasferì in una casa di riposo dove passò 12 anni in buona salute. Morì il 4 agosto del 1997, lasciando a bocca aperta il mondo intero. L’abitazione nel centro di Arles restò vuota sino al giorno della sua morte.
La sua dimora ora è nel cimitero di Trinquetaille ad Arles, dove se passate dalla Provenza potete andare a trovarla. Poco distante, orientata forse non a caso in senso opposto, troverete anche la lapide dell’avvocato Andre-Francois Raffray.