Eleonora Magnifico possiede l’aura delle dive. Lo s’intuisce da come entra nel caffè dove abbiamo concordato l’appuntamento e da come si avvicina al tavolino. “Con incedere elegante”, cantava Modugno. Non mi resta che alzarmi, baciarle la mano e aspettare che si accomodi prima di farlo pure io. Prima di cominciare, con grazia divina si sfila gli enormi occhiali scuri: segno evidente che non sopporta le barriere.
Allora, signora, si racconti e ci dica come e quando nasce Eleonora Magnifico personaggio?
È sempre difficile per me raccontarmi e poi dipende dai miei stati d’animo. Madre natura non mi ha dato il dono della sintesi, spero di non dilungarmi oltre il necessario. Io sono Eleonora, faccio l’artista, definizione che metto sempre tra virgolette quando la scrivo, principalmente per il rispetto che ho del termine, in secondo luogo per quegli artisti che stimo e che ritengo veramente artisti senza le virgolette. Il percorso artistico della Magnifico personaggio, tra il canto, la mia prima grande passione, il teatro, il cinema e anche la radio, coincide con la mia evoluzione personale di vita: cerco sempre di dare un valore speciale a quello che faccio e a quello che mi accade. Riavvolgendo il nastro le posso dire che sono stata Eleonora, e tante altre donne che ho indossato, attraverso le mise che spesso rubavo nell’armadio di mia madre fin da quando ho iniziato a camminare credo! Artisticamente Eleonora nasce con la consapevolezza del mio essere, e qui dobbiamo fare un salto indietro di circa quattordici anni, a quando, dopo varie esperienze nel mondo della musica e dello spettacolo, con un mio amico decidemmo per gioco di iniziare una serie di spettacoli “en travestì” in un locale barese che divenne in poco tempo punto di riferimento per la comunità LGBT e per una bella nicchia di persone che ogni martedì affollavano il locale. Credo di poterlo dire con un po’ di presunzione e fierezza: in quel fortunato periodo abbiamo cambiato il modo di fare quel genere di spettacolo, in una regione ancora acerba com’era la Puglia in quel periodo.
La sua carriera artistica ha subito un’evoluzione nel tempo e se sì in che direzione?
La mia carriera artistica è sempre in evoluzione perché se mi ripetessi, io per prima mi annoierei. Parto sempre da me e dal mio grado di sopportazione quando devo replicare me stessa per volere del pubblico, che è sempre sovrano, dicono, ma che spesse volte a me piace destabilizzare con cambianti di rotta che sono conseguenza della mia curiosità artistica. C’è un pubblico legatissimo ai miei esordi che ha seguito per un po’ la mia evoluzione, dalla forma del cabaret popolare, verace e sarcastico, fermandosi a “Sono venuta” (il suo primo successo in musica, ndr). La mia croce e delizia: devo molto a “Sono venuta” e capisco che per molti sono quella per sempre, magari li ho un po’ delusi quando invece, con un’anima d’autrice incompresa, da quel gioco spudoratamente trash sono passata ad altre sfumature, arrivando a “Taccagna” (altro suo singolo, ndr) per esempio, o fino al singolo di prossima uscita che mi porterà sempre più verso una vena d’autrice più matura e ancora più intima. La parte più vera di me, probabilmente, dove finalmente mi prendo una rivincita anche come interprete. Ad ogni modo, oggi, grazie ai miei necessari cambi di rotta ho un pubblico ancora più ampio e sempre più trasversale, e per me questa è una bella conquista.
Ci parli del suo impegno nel sociale…
Anche questo è una conseguenza della mia evoluzione umana. Sono sempre stata battagliera anche in conseguenza di molti pregiudizi e mobbing sulla mia sessualità. Questo mi ha portato, a dispetto del mio carattere introverso, a non abbassare mai la guardia e a non soccombere a come la società mi voleva. Trasgredendo quindi i principi cattolici, che ahimè mi sono stati trasmessi, non ho mai porto l’altra guancia. Mi sono sempre ribellata a ogni forma di discriminazione e violenza e oggi grazie anche a quel poco di visibilità che la mia popolarità mi ha dato, cerco di legare ogni mia uscita artistica al mio impegno, verso la tolleranza e la lotta all’omofobia e quindi portando in giro me stessa e quello che sono oggi senza filtri e senza tabù.
Se non fosse stata il personaggio che è diventata, si sarebbe comunque impegnata?
Certamente, sì. Ho sempre voluto fare la paladina di qualche causa, nonostante il mio carattere complicato, riservato ma sempre autentico e trasparente. Ammetto però che il fatto di essere un personaggio aiuta e mi dà maggiore audacia.
Crede che l’Italia sia pronta a convivere con il mondo Lgbtq e la “questione gender”?
Sì se si liberasse completamente dai dogmi che la nostra educazione cattolica ci ha imposto con veli d’ipocrisia e se insegnassimo, già dai banchi di scuola, con naturalezza ai nostri figli e nipoti che l’amore ha diverse forme di espressione e di orientamento ma che è unico e uguale per tutti.
In questo senso qual è il suo sogno più grande?
Vorrei un mondo senza etichette, dove non sia necessario esibire documenti e attestati che evidenziano per forza desinenze e identità sessuali, e dove l’amore avesse il nome delle persone che ci fanno palpitare il cuore, senza vergognarci di chiamarlo col proprio nome.
Il tempo a disposizione è terminato. Sufficiente a capire che la signora Magnifico possiede anche un altro dono: l’umiltà, merce rara tra gli artisti. Fuori ha cominciato a piovere. Ci salutiamo all’ingresso del caffè: nell’attimo in cui mi accingo a bissare il cavalleresco baciamano lei mi sorprende stampando un bacio sulla mia guancia. «A presto», sussurra. Mentre la vedo svanire veloce tra la folla mi viene in mente una canzone di Dalla che sembra sia stata scritta per lei: «La Signora ha tanti nomi, tanti nomi, così da nascondersi e non farsi trovare: ma a volte si veste di luci e bandiere per farsi notare».