Sebbene da 25 anni ormai la povertà è diminuita, la disuguaglianza si mantiene, causando gravi problemi, soprattutto perché crea una mancanza di possibilità di emergere ai settori più poveri, che possiamo tradurre come meno accesso a salute, meno accesso all’educazione culturale, più risentimento e pregiudizi fra i gruppi sociali, diminuzione della speranza di poter accedere ad una vita migliore ed aumento del tasso di criminalità.
Come si vive in una nazione dove il costo della vita supera i 670€ mensili, e la metà dei suoi lavoratori guadagna meno di 400€? Il Cile è una delle nazioni con la maggior percentuale d’indebitamento in Latinoamerica, e il 28% delle persone dichiara che i suoi ingressi non bastano per comprare alimenti.
Lo stipendio minimo è di 344€ e la OCDE informa che è la nazione con più disiguaglianza dei suoi membri, così com’è al posto 14 nel ranking a livello globale del Coefficiente di Gini.
L’educazione non è gratuita ed è abbastanza costosa, in media attorno ai 4.000€ annuali per una Laurea, cioè un privilegio e non un diritto come dovrebbe essere in una nazione teoricamente in via di sviluppo. La maggioranza degli studenti deve prendere crediti con altissimi interessi passivi che poi ripagano in molto più tempo di quanto durano i loro piani di studio. Stessa cosa con la scuola, perché per ottenere formazione di qualità bisogna pagare quelle private; le statali che possono offrire questo una formazione sufficiente sono veramente poche, mai abbastanza per coprire l’intero spettro di bimbi e adolescenti che devono studiare.
Il sistema di pensioni è privato e per nulla conveniente per i cittadini. Le mensilitá del ritiro sono in molti casi da fame. Prendendo ciò che guadagna la metà dei lavoratori segnalati prima, si ottiene una pensione che al massimo arriva ai 200€, veramente una miseria che non basta neanche per spese minime.
In Cile si lavorano 45 ore settimanali, quindi, il valore dell’ora lavorativa di una persona con uno stipendio di 400€ è di 2,20€, praticamente nulla se pensiamo che un kilo di pane costa 1,60€ e i biglietti per andare e tornare al lavoro costano 1,87€ (al giorno). Aggiungiamo bollette, affitto, abbigliamento, cibo, il sogno di un figlio all’università…l’unica alternativa per il cileno medio sembra essere l’indebitamento eccessivo, mentre i settori più ricchi prendono fino a 27 volte in più e la classe política fino a 40 volte in più, cifre a dire poco vergognose, considerando che la media delle nazioni della OCDE e di 9,3 volte in più, e in posti come Portogallo, Francia e Germania gli stipendi della classe politica non supera le 6 volte.
Le autorità parlano di quintili, ma risulta che una persona con un ingresso mensile di 383€ è considerata nello stesso quintile di un’altra che ne prende 20.080€ (mensili), cioè, tutte due sono considerate dentro il gruppo “più ricco”. Alla fine, le cifre reali evidenziano che solo fra il 5% e il 10% della popolazione riesce ad arrivare a fine mese senza problemi, mentre il 90% o 95% restante ha bisogno d’indebitarsi per sopravvivere. Se a questo vogliono chiamarlo “sminuzione della povertà” allora sì, il Cile lo ha fatto, ma sicuramente nel peggior dei modi.
Foto: © Francisco Osorio (CC BY 2.0)