Un weekend lesbo a Berlino per Lizzie
Dino Cassone | 30 June 2016

«Caro diario, non puoi immaginare cosa ho fatto lo scorso weekend! O my Queen! Sono ancora eccitata mentre ti scrivo. Per fortuna ho qui con me la mia inseparabile teiera. Ebbene, con la mia nipotina (solo per modo di dire, è tanto alta quanto massiccia) Helen, sono stata a Berlino, e non per visitare la solita Porta di Brandeburgo, Alexanderplatz, la Statua della Vittoria o il Muro e i suoi fantasmi. Niente di tutto questo. Helen è dichiaratamente gay e qualche tempo fa, venendomi a trovare, mi propose: “Nonnina adorata che ne dici se ci facciamo un weekend lesbo, tu ed io da sole a Berlino?”. Detto fatto. La cosa sorprendente è che proprio Berlino, culla dell’intolleranza raziale al tempo del nazismo, sia sempre stata una città particolarmente attenta alla comunità gay e può vantare, oggi, il ruolo di città modello per quanto riguarda il rispetto dei diritti della Lgbt (sigla che Helen mi ha spiegato rappresentare la comunità Lesbica, Gay, Bisessuali e Trasgender). La mia indole di curiosa, e confesso, un po’ pettegola, mi ha spinto a fare delle ricerche e ho scoperto delle cose fantastiche su questa città. Per esempio, che prima dell’arrivo del Terzo Reich Berlino era una città molto liberale, con tanti locali e nightclub (il più celebre di questi era “L’Eldorado”, chiuso nel 1933), frequentati dalla gente omosessuale; qui avevano luogo spettacoli di cabaret e molti potevano tranquillamente travestirsi. Inoltre proprio a Berlino apparve il primo movimento di liberazione omosessuale, il “Wissenschaftlichhumanitäres Komitee” fondato da Magnus Hirschfeld e che fu subito soffocato dall’avvento di Hitler. O che qui è nato il “Regenbogenfamilienzentrum”, ossia il primo centro dedicato ai genitori omosessuali. Come non adorare questa città?

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La mia piccolina mi ha così portato a visitare lo “Schwules Museum”, che dal 2012 si è trasferito nella sua nuova sede, in Lützowstrasse 73 nel quartiere di Tiergartem: un’ex stamperia di circa 1.600 metri quadrati! Hai capito bene caro diario! La sua storia, mi ha raccontato la mia nipotina, cominciò nel 1984 quando tre studenti, che facevano i guardia sale al Berlin Museum, proposero una mostra dedicata agli omosessuali, uomini e donne, che fu intitolata proprio “Eldorado”, come il celebre locale ormai chiuso. Il successo fu enorme, tanto da convincere l’Amministrazione a creare un museo permanente, diventato oggi con le sue mostre e il suo prezioso archivio la più importante istituzione mondiale per la ricerca, la conservazione e la conoscenza della stria, della cultura e della vita della comunità Lgbt. Abbiamo così visitato prima la mostra permanente dal titolo “Fiducia in se stessi e perseveranza – 200 anni di storia”, sui modi in cui vivevano gli omosessuali dal 1790 al 1990 oltre ai mezzi legali usati per le persecuzioni, come il “paragrafo 175” (usato ampiamente dai nazisti per mandare a morte migliaia di persone nei campi di concentramento), articolo del codice penale tedesco fin dal 1871, stralciato nel 1994, che considerava un crimine, i rapporti sessuali di tipo omosessuale. Poi, abbiamo visitato una personale dedicata alle opere di Siegfried Wagner, figlio omosessuale del più celebre Richard, anche lui musicista e compositore; quindi un interessante progetto dal titolo “Trattamento scientifico del destino delle vittime del ‘paragrafo 175’ del codice penale in Assia dal 1945 al 1985”. Helen mi ha anche detto che esistono nel mondo numerosi memoriali dedicati alle vittime omosessuali perseguitate dal nazismo. “Ma questo merita un viaggio a parte, non credi?” le ho chiesto. Lei mi ha regalato il suo splendido sorriso e mi ha risposto: “Certo, nonna!”.

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Ma, mio diario, la vera ciliegina sulla torta è stata la visita al primo cimitero per sole lesbiche! Si trova nel quartiere di Prenzlauer Berg: 400 metri quadrati di terreno (un tempo abbandonato del tutto) per circa ottanta loculi. Ma ci pensi? Un’idea che ho trovato più romantica che macabra; e poco importa se questo progetto è stato tacciato di auto-ghettizzazione o una maniera per prendere ancora di più le distanze dal resto della società. Ho scoperto che il cimitero lesbico è stato completamente finanziato da una fondazione lesbica, chiamata “Sappho”, con lo slogan: “Viviamo con le donne e vogliamo anche essere sepolte vicine a loro”. Non mi sorprenderebbe che anche la mia Helen, in un futuro più lontano possibile, voglia farlo assieme all’amore della sua vita. Lo farei anch’io, se fossi lesbica. Lo giuro».

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