“La scuola cattolica” di Edoardo Albinati
Dino Cassone | 10 October 2016

albinati“La scuola cattolica” di Edoardo Albinati è un libro poderoso e mastodontico, non solo per le 1294 pagine distribuite in oltre cento capitoli. L’opera dell’autore romano ha vinto l’ultima edizione del Premio Strega, meritatamente aggiungiamo, considerata la mezza delusione dello scorso anno con “La ferocia” di Nicola Lagioia. Partiamo dalla definizione. Difficile chiamarlo romanzo, saggio storico o filosofico, autobiografia o confessione: “La scuola cattolica” è tutto questo disseminato in una sorta di zibaldone dettato dal bisogno impellente di raccontarsi più che di raccontare.

Albinati parte dai ricordi del piccolo Edoardo che frequenta l’austera e rigida scuola San Leone Magno nel quartiere Trieste e arriva al delitto del Circeo, avvenuto nel 1975, commesso da alcuni ex compagni di classe, figli della “buona borghesia” e per questo frequentatori di quella scuola cattolica, che riempì pagine di cronaca nera di tutti i giornali nazionali oltre che intere ore di trasmissioni televisive. In mezzo una serie d’interessanti analisi e spunti riflessivi.

A cominciare dal tipo di educazione che è data nella scuola. «Ora, era la stessa educazione impartita dai preti che impediva al singolo di stagliarsi, e proteggerlo cristianamente quando rischiava di inabissarsi al di sotto, non restava dunque che galleggiare nella media poco sopra o poco sotto. Cattolica o non cattolica, la scuola italiana oggi tende a essere così. Non appena si esce dai suoi meccanismi che almeno sulla carta sono egualitari, si precipita nei burroni del mondo».

La fede, quindi, ritenuta «vera anche quando il suo oggetto è falso», «è il grande problema irrisolto degli uomini buoni ma non religiosi. È dunque possibile essere buoni senza avere la fede? Se non è possibile, chi non crede in Dio è per forza cattivo. Se invece sì, che differenza fa credere o non credere?». Lo scrittore ne ha pure per il cattolicesimo italiano, «la cui singolare caratteristica è quella di portare avanti una millenaria tradizione di difesa degli ultimi mentre, al tempo stesso, si allinea nei fatti con gli interessi mondani dei primi».

Albinati è sprezzante anche verso la famiglia, considerata «un organismo mortifero», per la cattiva usanza di affibbiare ai propri figli i nomi dei morti, «una zavorra da portarsi dietro», per sempre.  E lo è ancor di più vero il familismo per «l’apoteosi in cui ci si riconcilia piangendo in tv grazie a dei finti postini che hanno recapitato lettere grondanti rimorso».

Disprezzo anche verso certa letteratura moderna: «D’accordo, le cameriere non esistono più, o non si chiamano più così, e non leggono “Grand Hotel” e romanzi da cameriere, che nel frattempo sono diventati il nerbo della narrativa e delle collane editoriali, con la scarica di titoli in seconda persona, spesso imperativa, “Lasciati guardare”, “Prendimi”, “Dimenticami”, “Non ti muovere”, “Portami via”, “Dimenticami”, “Aferrami”, “Sdraiami”, “Tienimi”, “Ascoltami” eccetera».

Molto spazio, per noi essenziale ma che qualche benpensante e bigotto potrebbe ritenere eccessivo, è dato al sesso, da quello timido, tanto da suscitare tenerezza, degli adolescenti a quello più carnale e squallido degli adulti. Su quest’argomento l’autore è rassegnato: «il rapporto tra sesso e pornografia è di colpo ribaltato: non ci si eccita con la seconda per portare a termine il primo; si pratica il primo per imitare la seconda».

Come dicevamo nel secondo capoverso, parecchie righe sopra, “La scuola cattolica” traccia in maniera diretta e spietata gli antefatti che portarono un gruppo di adolescenti della “Roma da bere” ad ammazzare una ragazza e a portarne in fin di vita una seconda (che loro davano per morta, ad ogni modo), nel celebre “Delitto del Circeo”. Figli, in quei bui anni ’70, di una «vita borghese che emetteva più luce che calore, doveva essere tirata a lucido in ogni suo dettaglio. (…) Che cosa esattamente è un patrimonio? Che cosa è un matrimonio? Una vita borghese si orienta tra questi due poli». Adolescenti né buoni né cattivi che si spingeranno verso il più efferato dei reati, l’omicidio, che è definito da Albinati non un crimine ma «un comma di una legge di natura che prevede al suo primo posto la distruzione». «Errore irreversibile», commesso «in un’epoca senza telefoni cellulari e carte prepagate, dove le scelte erano nette».

“La scuola cattolica” è un gran bel libro, non c’è dubbio; è stato un ingombrante compagno di viaggio durante questa insolita estate. Confessiamo di non aver ancora letto gli altri quattro libri che si contendevano l’ambito (si fa per dire, visto il gioco delle tre carte, ormai scoperte, delle case editrici) trofeo, ma almeno è un buon libro. E un libro buono va sempre premiato. Sfidiamo i più coraggiosi a leggerlo, e soprattutto a terminarlo.

Commenti