Essere fan di una saga che si suppone felicemente conclusa significa oscillare costantemente tra il “Grazie, è tutto perfetto, va bene così” e il “Ti prego autore ancora, ancora”. È una linea sottile che inevitabilmente si supera con grazia e giustificazioni da veri dipendenti. Attenzione, non è un ritratto negativo e di foglietti illustrativi non ce ne sono, ma un fan (che sia di saghe, serie tv et similia) -stando attenti agli eccessi- è solo un sognatore che trova i suoi luoghi felici sfogliando le pagine di un libro o perdendosi tra i fotogrammi di un episodio o di un film.
Ovviamente questa introduzione serve solo a non farvi spaventare davanti alla passione dei Potterhead (tra cui me medesima, lieta di scrivervi) che con spasmodica ansia hanno atteso la pubblicazione di “Harry Potter and the Cursed Child”, l’ultima storia figlia della regina J.K. Rowling questa volta coadiuvata da John Tiffany e Jack Thorne che –e non è poco- ne ha curato la stesura. Uscito in lingua inglese lo scorso 31 luglio (data che coincide con il compleanno dell’autrice e del Prescelto) sarà finalmente disponibile in italiano, edito da Salani, il 24 settembre e sarà intitolato “Harry Potter e la Maledizione dell’Erede”. Bisogna specificare che non si tratta assolutamente di un romanzo ma del copione dello spettacolo teatrale (quattro atti divisi in due parti) che ha debuttato in anteprima il 7 giugno al Palace Theatre di Londra e che ha poi ufficialmente aperto i battenti lo scorso 30 giugno, un giorno prima dell’uscita del copione.
Da Potterhead che si rispetti -e non essendo ancora disponibile la versione tradotta- mi sono fiondata a leggere la storia sulla nuova generazione del Wizarding World in inglese, quindi vi metto in guardia rivisitando una celebre citazione potteriana: “La camera della recensione è stata aperta, nemici dello spoiler, temete (ma non troppo)”.
Riprendendo quanto sopra scritto, l’approccio a un copione deve necessariamente essere diverso rispetto a quello di un romanzo. Non si può pretendere lo stesso grado di “immersione” perché semplicemente -e a maggior ragione in uno spettacolo teatrale ricco di magia ed effetti speciali- bisognerebbe vedere il prodotto finale. Anzi, sentitevi liberi di aprire un crowdfunding per mandarmi a Londra nel 2017 a guardare lo spettacolo (errata corrige: gli spettacoli, tra l’altro sold out, per la barba di Merlino!) e completare questa para recensione.
“Harry Potter and the Cursed Child” riparte esattamente da dove la Rowling ci aveva lasciati: 19 anni dopo la caduta di Voldemort durante la Battaglia di Hogwarts Harry, Ginny, Hermione e Ron si ritrovano al binario 9 e ¾ per salutare i loro piccoli. Harry e Ginny hanno tre figli: James Sirius (già smistato tra i Grifondoro), Albus Severus (preoccupato di finire nei Serpeverde) e Lily Luna (ancora troppo piccola per frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts). Hermione e Ron sono invece genitori di Rose, coetanea di Albus Severus, e del piccolo Hugo.
Clicchiamo su “veloce avanti” come per un video. Albus viene smistato tra i Serpeverde e, non brillando nemmeno come mago, inizia a covare rancore verso il padre-eroe di cui porta sulle spalle l’eredità. Al stringe amicizia con Scorpius, il figlio di Draco Malfoy. Il ragazzino biondo platino dagli occhi grigi, ironico e chiacchierone, è sicuramente il personaggio più riuscito e meglio caratterizzato fra la progenie del Wizarding World e di lui si dice che sia il pargolo di “Colui Che Non Deve Essere Nominato”. Persino Lord Voldemort faceva sesso, all’inizio siamo rimasti tutti sconvolti, poi passa. Comunque dicevamo: i conflitti genitori-figli sono il motore che spinge i ragazzini a fare una idiozia dopo l’altra, incuranti delle leggi magiche e del più blando buon senso se è per questo, rubando una giratempo (uno strumento per tornare indietro nel tempo) per cercare di salvare il compianto Cedric Diggory con l’aiuto di Delphi, una ragazza che si unisce al gruppo. D’altronde di che ci meravigliamo, sono degni figli di genitori che hanno fatto scriver di loro ben sette -magici- libri.
Ebbene, per chi è abituato alla scrittura di “zia Row” appare evidente il cambio di penna, ma bisogna tenere sempre a mente che il punto di partenza è un copione teatrale. Ai vecchi eroi hanno acuito pregi e difetti con una Hermione che è -ovviamente- Ministro della Magia, con un Ron tristemente relegato ad un ruolo minore e con un Harry che tra le tante cose continua a sfidare l’autorità e per la prima volta si rivolge male a quel mostro sacro che è la professoressa McGranitt (come osi, Harry!) per poi finalmente rinsavire. È innegabile che le disavventure dei loro eredi abbiano strizzato più di una volta l’occhio a situazioni familiari per i Potterhead. La signora del carrello (la cui storia era ancora sconosciuta), la pozione polisucco, rivedere alcuni dei personaggi più controversi e amati come Piton e Silente, non possono non solleticare la memoria affettiva del lettore. A quella situazione di familiarità, di casa, fa appello la storia che viene considerata l’ottava della saga.
Siamo soddisfatti? In uno slancio d’amore assolutamente, nonostante sarebbe il caso di sospendere il giudizio ed emozionarsi tra l’audience al Palace Theatre (*coff* ricordatevi del crowdfunding *coff*). Tuttavia non ci troviamo davanti ad un libro che riprenderemo e leggeremo con voracità ogni estate come facciamo con gli altri sette dal lontano 1997, magari faremo ad estati alterne e magari nel frattempo ci grazieranno con i dvd delle performance teatrali.
Il 7 luglio 2011, in una bagnata Trafalgar Square di Londra, durante la premiere mondiale di “Harry Potter e i Doni della Morte (parte 2)” gli attori e J.K. Rowling si commossero e fecero commuovere tutto il fandom con i loro arrivederci. L’autrice più famosa del mondo più volte aveva escluso di scriverne ancora, eppure dal 2011 il Potterverse non ha fatto che espandersi. “Harry Potter e la maledizione dell’erede” è un ulteriore tassello in un mondo ricco di magia che ci fa sorridere ripensando alla conclusione del suo saluto: «Nessuna storia vive a meno che qualcuno non voglia ascoltarla. In qualunque modo voi torniate indietro, che sia tramite le pagine dei libri o tramite il grande schermo, Hogwarts sarà sempre lì a darvi il bentornato a casa».