Ad Idomeni ci sono gli scontri con profughi e migranti. Intervista a Cristina Giudici.
Leonardo Palmisano | 19 April 2016

Il tuo Mare Monstrum è uno dei lavori più utili per comprendere i retroscena dell’accoglienza e della sorveglianza sui migranti in Italia. Mi piacerebbe che raccontassi ai nostri com’è nata l’idea di questo reportage narrativo.

Mare Monstrum, Mare Nostrum. Migranti, scafisti, trafficanti. Cronache dalla lotta all’immigrazione clandestina (Utet) nasce da un’inchiesta per il quotidiano Il Foglio, dove scrivo ormai da molti anni. L’ex direttore Giuliano Ferrara nel settembre del 2014 mi ha mandato in Sicilia per scrivere un racconto su ciò che non veniva spiegato, se non parzialmente, nelle cronache spesso asciutte e purtroppo ripetitive degli sbarchi, per indagare su chi fossero i buoni, diciamo gli eroi istituzionali che salvavano e continuano a salvare i migranti. E per entrare in quel limbo ignoto, quello spazio temporale che si crea dopo gli sbarchi su cui nessuno si focalizzava. Senza tesi precostituite, né pregiudizi. Il fato, o meglio la fortuna mi ha portato al porto di Augusta, dove ho incontrato il sostituto commissario Carlo Parini che, per la procura di Siracusa, guida dal 2006 una task force: il Gicic, Gruppo Interforze di contrasto all’immigrazione clandestina. Un personaggio molto singolare, con una forte personalità che, con una piccola squadra, ha fatto per anni un lavoro di intelligence per fornire ai magistrati informazioni sul traffico di esseri umani. Successivamente, dopo l’esodo innescato dalle primavere arabe, come è successo in altri porti della Sicilia orientale, il commissario Parini ha gestito tutti gli sbarchi, a volte anche 4-5 al giorno che portavano profughi e migranti nel porto di Augusta. Gestendo l’accoglienza dei profughi, dopo gli sbarchi e le indagini immediate per individuare gli scafisti. Appena lo vidi mi colpì la sua memoria fotografica formidabile, l’empatia, l’intuito investigativo e soprattutto la capacità di andare oltre il suo ruolo per comprendere i flussi migratori, le ragioni dell’esodo, le storie di chi arrivava. Così come rimasi molto impressionata anche dal suo principale collaboratore, Abdelaziz Mouddih, un italo-marocchino. Formalmente solo un traduttore, ma che con gli anni grazie a intuito e un’ansia di giustizia provocata dalla sua storia migratoria, si era trasformato in un detective sul campo. Insieme erano una coppia molto singolare, tipo Sancho Panza e Don Quijote, che spesso si scambiavano i ruoli. Fra loro c’era un’osmosi. Dopo diversi giorni passati con loro e il resto della squadra nel porto di Augusta, assistendo alle indagini che venivano fatte dopo gli sbarchi, scrissi l’inchiesta. Intuendo che Carlo Parini e Aziz, come lo chiamano tutti, (che io nel libro ho soprannominato detective-kebbabbaro perché ha anche un ristorante sull’isola di Ortigia che serviva anche come osservatorio dei movimenti dei migranti e dei trafficanti), erano due personaggi in cerca di autore. Insomma, un romanzo vivente. E così, trovato l’editore, nel febbraio del 2015, sono tornata da loro per “arruolarmi” nella loro squadra. Li ho (in)seguiti per settimane, ho rovistato nelle loro memorie, andando a ritroso con loro per farmi raccontare tutte le loro “avventure” rocambolesche nella lotta ai trafficanti, fino al 2002: l’anno del loro incontro. Ed è così, fra un ufficio spoglio della capitaneria di porto ad Augusta e un caotico ufficio del Gicic nelle procura di Siracusa, che è nato Mare Monstrum: un diario di viaggio romanzato su quelli che io chiamo i miei eroi. Una storia credo straordinaria e al contempo un’esperienza umana indelebile. Oggi, ad ogni nuovo sbarco, nella mia testa si apre un file perché so quello che sta accadendo laggiù, nel piccolo porto di Siracusa, dove una piccola ma efficiente squadra di investigatori e di traduttori combattono una lotta impari contro i trafficanti, a mani nude.

 

Un tema sul quale torni spesso, nel tuo libro, è quello dell’eroismo. Una categoria che adoperi per spiegare quanto avviene in Sicilia. Cos’è per te questo eroismo silenzioso? Chi ne è protagonista?

Nel nostro Paese chiunque non si limiti a fare il proprio lavoro in modo burocratico, ma ci mette anima, passione, è un eroe silenzioso perché mette delle toppe a sistemi che non funzionano come dovrebbero. Ancora di più in questo caso specifico perché trattare con i migranti non porta gloria né favorisce carriere, ma solo fatica. Se in dieci persone riesci ad accogliere e gestire in un anno 40mila persone soccorse, come è successo nel 2014 ad Augusta, nell’anno della missione di Mare Nostrum, passando settimane senza dormire per fare il “lavoro sporco” che nessuno vuole fare, (dividere i buoni e cattivi, accogliere e assistere migranti, arrestare scafisti con devozione e passione per anni), beh sei un eroe. Perché la loro vita è dedicata a aiutare i buoni che scappano da guerre e persecuzioni e a inseguire i cattivi che sfruttano lo loro disperazione. E non è facile distinguere gli uni dagli altri. Ci vogliono talento, intuizione, e appunto molta passione. Carlo Parini, Aziz e gli altri suoi straordinari collaboratori, come l’ufficiale della Guardia Costiera Tonio Panzanaro, per fare un altro esempio eclatante, lo fanno con volontà d’animo, determinazione, tenacia e fantasia. Perciò, senza scomodare la mitologia, io li considero dei Titani.

 

Il tuo libro è quanto mai attuale per raccontare quanto sta avvenendo nel Mediterraneo in questi mesi. Quali similitudini tra il tuo reportage e quello che sta accadendo, per esempio, a Idomeni?

Non vedo molte similitudini. Ad Idomeni ci sono gli scontri con profughi e migranti per bloccare la loro marcia lungo la rotta balcanica, mentre nel canale di Sicilia si cerca di salvare le persone e di evitare che finiscano negli abissi del più grande cimitero marino. E infatti, ora che la rotta balcanica è diventata una trappola, i numeri dei migranti che si stanno riversando di nuovo verso la Sicilia, per entrare in Europa, sono altissimi: solo nei primi tre mesi del 2016, 20mila. Inoltre la Sicilia ha un problema: la vicinanza con la Libia, dove la guerra fra bande, tribù e milizie islamiche sta aumentando la pressione demografica. Chi prima veniva dall’Africa subshariana per lavorare in Libia, senza avere l’intenzione di venire in Europa, sta scappando. I magazzini dei clandestini sono pieni e ci si aspetta che quest’anno ne arrivino in Sicilia circa 200mila. Una cifra enorme, se consideriamo che nel 2014, anno della missione Mare Nostrum diretta dalla Marina militare, considerato l’anno horribilis dell’esodo umanitario per via delle migliaia di siriani scappati dalla guerra, in Italia sono arrivati 170mila migranti.

 

Quali sono le difficoltà europee di fronte all’esodo dalla Siria? Cosa pensi dei muri e delle divisioni politiche tra gli Stati membri dell’Ue?

Odio le demagogie e, come giornalista, mi attengo ai fatti. Al netto degli errori fatti da tutti, nel Medioriente ormai c’è poco da fare. Nessuno li potrà fermare. Secondo le Nazioni Unite ogni giorno ci sono 50 milioni di persone che si spostano per sfuggire a guerre e persecuzioni. Non vengono tutti in Europa, dove l’anno scorso è arrivato un milione di migranti. Ma per quanto l’esodo possa pesare sul sistema di sicurezza e del welfare europeo, non c’è nulla da fare. Nessuno può fermare l’esodo. Si potrebbero pensare a soluzioni migliori per liberalizzare i loro viaggi e sottrarre i migranti al mercato degli esseri umani, come ad esempio creando un corridoio umanitario che aiuti i profughi a lasciare il loro paese e contrastare così le migrazioni che invece nascono da diverse ragioni, ma fermarli è impossibile.

 

Tu credi che, chiusa la rotta balcanica, l’Italia potrà essere nuovamente attraversata da flussi di profughi provenienti dai porti albanesi?

Si tratta di uno scenario ipotizzato dalla nostra intelligence. Chiusa la rotta balcanica, o quasi, i trafficanti stanno pensando di aprire una nuova rotta verso la Puglia. Usando come porto di partenza Valona come nel 1991-1992. E permettere alle organizzazioni islamiste di approfittare del caos per far arrivare anche dei terroristi. Non mescolati fra i migranti, ma a bordo di motoscafi. Ma per ora si tratta solo di uno scenario che si sta cercando di contrastare, anche se le mie fonti mi dicono che sulle coste albanesi è aumentato improvvisamente l’acquisto di gommoni. In ogni caso questo scenario non ridurrà l’esodo che continuerà anche lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Sia dalla Libia, sia dall’Egitto, dove le organizzazioni criminali, molto strutturate, non hanno mai smesso di operare, anzi.

 

Gli attentati a Bruxelles e a Parigi sono stati compiuti dalla seconda generazione di immigrati. Sappiamo che tu sei un’esperta di musulmani presenti in Italia. Pensi che la seconda generazione possa rappresentare un pericolo? In quale misura?

La seconda generazione è il target dei reclutatori. E sta aumentando il numero dei giovani cresciuti in Italia, ma mai veramente integrati, che si stanno radicalizzando. Così come sta aumentando il numero di coloro che, giovani, soprattutto arabi ma anche balcanici, vengono radicalizzati nelle carceri. E’ un problema serio che non può essere affrontato solo con strumenti repressivi o di prevenzione di intelligence. I giovani, fra i 18 e i 25 anni, soprattutto se vulnerabili, vengono indottrinati con molta facilità.

Commenti