Economia solidale: nel paese iberico in dieci anni si è passati da un fatturato di 171 milioni di euro annui a 379, coinvolgendo settori che fino a poco tempo fa erano considerati irraggiungibili come quello energetico, bancario e delle telecomunicazioni
In Spagna l’economia solidale, intesa come segmento dell’economia sociale che punta apertamente alla trasformazione collettiva partendo dall’attività economica, non è più utopia ma una realtà tangibile e in espansione. Nell’ultimo decennio si è passati da un fatturato di 171 milioni di euro annui a 379 milioni di euro coinvolgendo settori che fino a poco tempo fa erano considerati irraggiungibili come quello energetico, bancario e delle telecomunicazioni. Il progetto si è concretizzato grazie alle cooperative in grado di offrire gli stessi servizi delle multinazionali ma con obiettivi e funzionamenti diametralmente opposti: piccole e medie imprese, aziende commerciali a vocazione sociale fino ad arrivare alle stesse amministrazioni identificando nella città di Barcellona il centro nevralgico che punta a divenire il riferimento internazionale dell’ ”economia plurale”.
Economia bonsai?
L’economia sociale che in Spagna è rappresentata dal Cepes (Confederación Empresarial Espanola de la Economia Social) ha già, per definizione, delle caratteristiche proprie che la contraddistinguono dalla classica economia commerciale: nelle cooperative, nelle società di lavoratori, nelle mutue, nelle fondazioni e nelle associazioni è il lavoro ciò che realmente conta e non il capitale. È la stabilità dell’occupazione l’obiettivo prioritario, il perno che tende a consolidare tutta l’attività organizzata in forma equa e democratica. Ma l’economia solidale vuole andare oltre: vuole contribuire attivamente al cambiamento di quel modello economico in grado di superare il capitalismo. Senza alcun tentennamento Jordi Garcia, tra i principali rappresentanti del movimento, sostiene che “non ci si accontenterà di essere un’eterna economia bonsai”: in questi momenti resistere non basta. Economia Sociale e Solidale è un movimento sociale e come tale è necessario contribuire più attivamente a debellare il capitalismo per aprire le porte a un sistema economico più giusto, più democratico, più sostenibile. A Coop57, uno degli strumenti finanziari chiave dell’economia solidale che gestisce circa 32 milioni di euro, non basta avere a che fare semplicemente con una cooperativa. È necessario, spiega Xavier Teis, capire attentamente cosa fanno, come lo fanno e quale impatto hanno a livello comunitario. I prestiti non vengono elargiti in base ai classici criteri bancari (potranno restituire la somma di denaro?) o secondo l’impatto sociale isolato del progetto che si finanzierà (è ecologico?). L’attività viene analizzata a fondo: “Se un’azienda che gode di una certa fiducia ci chiede un prestiro per l’installazione di pannelli solari ma si tratta di un’impresa che inquina o che registra divari remunerativi enormi, allora il prestito non verrà concesso” spiega, e aggiunge: “l’obiettivo di Coop57 è quello di finanziare progetti che sostengano la trasformazione sociale”. Tutta questo complesso costituito da diversi piani (aziende in cui non è il capitale a comandare, aziende democratiche, equo, generatrici di lavoro stabile, imprese che puntano alla trasformazione sociale) necessita in maniera assoluta di basi solide senza le quali la struttura crollerebbe: “è necessario che siano strutture redditizie, ben gestite, con bilanci orientati alla crescita”.
Educazione in ambito finanziario
Teis ammette che i vecchi cliché non sono ancora del tutto scomparsi, tantomeno il tasto dolente delle prestazioni volontarie. Eppure i progressi appaiono rapidi. Coop57 e Fiare Banca Etica apportano una vera e propria educazione finanziaria al settore. Tanti anche i meccanismi che le banche tradizionali solitamente non offrono come i finanziamenti congiunti personalizzati in cui la garanzia viene suddivisa su tutta la base sociale dell’ente che richiede il credito, valutando elementi come l’aspetto motivazionale e la capacità di creare rete d’impresa: “Qui non esiste buonismo, prestiamo denaro dei soci e non ci è concesso perderlo” insiste Teis che sottolinea che i progetti potranno avere futuro solo ed esclusivamente se ben gestiti. A sostegno delle sue tesi Teis racconta l’esempio di Som Energia, cooperativa che fornisce energia pulita e che in appena un quinquennio ha superato i 30.000 soci: “Perché così tanta gente diventa socia di Som Energia?” Perché è ecologica, funziona e non ha costi più elevati rispetto alle società concorrenti. Se fosse stata semplicemente ecologica non avrebbe sicuramente ottenuto il successo che ha effettivamente riscosso. Da questo esempio nasce, successivamente, anche Eticom-Somos Conexión che replica, nell’ambito della telefonia, l’esperienza di Som Energia. In appena un anno conta già 2.000 soci e 2.800 contratti nonostante proponga solo servizi di telefonia mobile senza offrire (almeno fino a questa primavera) opzioni per la telefonia fissa e l’ADSL .
Mercato sociale per tutti
Il settore delle cooperative è riuscito ad entrare, dunque, in quasi tutti gli ambiti dell’economia. Oggi è praticamente possibile vivere dentro l’economia solidale: avere un conto corrente e una carta di credito, l’assicurazione, il contratto di telefonia mobile, la luce, il cinema, le librerie, le case editrici, la spesa, l’avvocato, il commercialista.
Secondo un recente studio l’economia cooperativa, sociale e solidale di Barcellona genera circa l’8% dell’occupazione dell’intera città. Il punto di incontro di questa coalizione (attualmente in fase di costruzione) che punta a coinvolgere anche aziende commerciali, è il modello di “impresa cittadina”; termine in voga nell’ambito dell’economia sociale da ormai circa 25 anni e che sfuma i contorni della linea di frontiera che separa le cooperative dalle realtà commerciali con spiccata sensibilità sociale. Come afferma il Manifesto della cittadinanza d’impresa del 1992: “E’ cittadina quell’azienda che agisce con spirito di co-sviluppo con tutto l’ambiente circostante sentendosi, inoltre, responsabile del proprio futuro. Un’azienda che si dichiari solidale con il destino della comunità in cui vive”.
Fonte: eldiario.es