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La frontiera tra Messico e USA presso Tijuana
I media messicani: se da noi non ci fosse corruzione, Trump sarebbe solo un mal di denti
Silvia Dammacco | 22 February 2017

La paura di muri sempre più alti con gli Usa si scontra con un’autocritica sui mali maggiori del paese: disuguaglianza e corruzione. Anche lì hanno il problema delle bufale che giocano con le paure dei cittadini

*Analisi e approfondimento della stampa in lingua originale

 

“Duro contro il muro!”
“Trump, tua madre è nata in Scozia. Anche lei è stata un’immigrata”
“Trump vuole il muro, Trump lo pagherà”
“Più ponti, non muri”
Sono solo alcuni dei contenuti apparsi sui cartelli in occasione di una immensa manifestazione che si è svolta di recente nelle maggiori città del Messico e che ha visto milioni di messicani marciare contro la politica xenofoba del neopresidente americano Donald Trump.
Per molti l’attuale presidente statunitense non rappresenta semplicemente un pericolo per il Messico ma per tutto il mondo.

Marta e Xóchitl fanno parte della marea umana che si è riversata per le strade delle più grandi città del paese : “È stata una protesta contro le scelte politiche di Donald Trump ma non solo; chiediamo alle autorità messicane azioni concrete contro la disuguaglianza e la corruzione”.
Secondo il movimento Vibra México, maggior promotore della manifestazione, si tratta infatti delle due cause di maggior rilievo che costringono la popolazione messicana ad emigrare oltre confine.

La protesta ha avuto luogo in 18 città e con un unico comune obiettivo: rifiutare la politica anti migratoria di Donald Trump ed inviare un messaggio forte e chiaro ai messicani attualmente presenti negli Stati Uniti: “Non siete soli”.

Tra i manifestanti anche Yolanda Luna che definisce la politica attuata dal neo presidente rischiosa per tutti, un ritorno a pratiche obsolete che pensavamo scomparse per sempre”.
E poi c’è Ramón Padilla che attribuisce lucidamente diverse colpe anche al governo messicano: “Se nel nostro paese non esistesse la corruzione, Trump per noi sarebbe solo un mal di denti”.
Tra i temi pulsanti delle proteste, spicca naturalmente l’intenzione del presidente americano di costruire un muro al confine con gli Stati Uniti che dovrebbe frenare l’immigrazione clandestina e che ha portato il presidente messicano Nieto ad annullare la sua visita a Washington prevista per il 31 gennaio. Un progetto, tra l’altro, che a detta di Trump dovrà essere interamente finanziato dal governo messicano.

Chissà cosa avrà pensato Jonathan Lee, professore residente nella cittadina di Tecate, ascoltando la notizia secondo la quale Trump avrebbe voluto innalzare un nuovo muro: “sarà forse più grosso?”, “sarà elettrico?”, “sarà a due piani?”.
Perché la prima cosa che il professor Lee vede ogni giorno aprendo la finestra di casa sua è la placca metallica e ossidata che Clinton fece innalzare nel 1994 a 20 metri dalla sua stanza.
E sì, perché il muro che Trump progetta in realtà esiste in Messico già da tempo aggiungendosi alla squallida lista dei muri più vergognosi del nostro pianeta: da quello di Belfast in Irlanda a quello innalzato tra Ceuta e Melilla, da quello esistente tra l’Irak e il Kuwait a quello tra India e Pakistan (e poi ancora Cipro, Corea, Israele, Arabia Saudita…).

Dunque attualmente tra Messico e Stati Uniti esistono già 1046 km di muro che equivalgono a circa il 33% dei 3145km di frontiera totale tra i due paesi. Il progetto di ampliamento del neopresidente escluderà, naturalmente, il così detto “muro naturale” costituito da zone desertiche e inospitali già di per sé impossibili da attraversare.
Tante le contestazioni degli attivisti: prima fra tutte, il muro distruggerebbe molti degli ecosistemi esistenti al confine delle due nazioni; inoltre l’isolamento forzato metterebbe a repentaglio la vita economica e culturale delle aree in cui sorgerebbe il muro. E ancora, si tratta di un vero e proprio insulto nei confronti dei messicani che mette in luce la cultura xenofoba del neo presidente eletto. Infine, il muro non bloccherebbe comunque il flusso migratorio e il passaggio di droghe per cui rappresenterebbe solo uno spreco inestimabile di denaro pubblico.
False invece, a quanto pare, le notizie che sui social “corrono come la polvere” (per dirla alla messicana) su un presunto muro esistente tra Messico e Guatemala.

Il giornalista Asier Vera, dopo aver percorso per intero la zona di frontiera con il Guatemala, smentisce categoricamente l’esistenza di un muro. Ci racconta, invece, di qualcosa che parrebbe decisamente diverso da una muraglia divisoria. Ci descrive il fiume Suchiate che percorre quasi tutta la zona di frontiera e che separa entrambi i paesi per circa 75 km. Sono decine e decine i migranti che attraversano ogni giorno questo fiume; provengono dal Guatemala, dall’Honduras, da El Salvador ma anche da Cuba e da Haiti utilizzando canotti gonfiabili con i quali attraversano la frontiera illegalmente senza alcun tipo di controllo.

Nel frattempo è in corso l’organizzazione di una manifestazione che vedrà altri milioni di messicani costruire una muraglia umana al confine tra Messico e Stati Uniti, simbolo di unione e fratellanza. L’ennesimo tentativo di contrastare una politica di odio e la deportazione massiva di una popolazione che, rientrata forzatamente nel suo paese, incontrerà probabilmente solo rifiuto, corruzione e totale assenza di opportunità.

Fonti:
www.bbc.com
www.clarin.com
www.forbes.com.mx
www.mientrastantoenmexico.mx
www.internacional.elpais.com

 

Foto: © Jonathan McIntosh   (CC BY 2.0)

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