Questa è la storia di una libreria antiquaria che non c’è più. Perché non c’è più il libraio. Un libraio d’eccellenza. Il libraio. Che è, perché le sue idee resistono, fortissimamente, anche uno scrittore, un poeta, un paroliere mirabile, un fomentatore di passioni.
Questa è la storia della Palmaverde e di Roberto Roversi. E della dolce Elena, la donna che con lui ha condiviso la vita. Era in un piccolo stabile e tutti noi, giovani ottimisti e di sinistra, eravamo a casa nostra. Andarlo a trovare nell’ultima sede prima che decidesse di chiuderla per motivi “fisici” (faceva fatica a camminare) era come immergersi nel brodo di coltura di un’officina del pensiero. Un pensiero forte, determinato, fatto di carne e cultura, di politica e sociale, di musica e versi.
Non si poteva non amare quel bellissimo vecchio che raccoglieva testi antichi e fabbricava poesie civili, moderne, contemporanee, vive. Che servivano a darci speranza. Da qualche anno Roberto non c’è più. Come il suo amico Lucio, Lucio Dalla, come il sodale Pasolini, il recentissimo scomparso Gianni Scalia, Leonetti e tutti i grandi pilastri delle parole.
Dice un adepto: “Andare alla Palmaverde a far ricerche o solo a scambiare quattro chiacchiere in buona conversazione, quando si andava via ci si sentiva più ricchi, più rasserenati, e allo stesso tempo più pensierosi perché indotti a riflettere sulle cose della vita giorno per giorno e non solo sulla labilità della letteratura della poesia della politica dell’economia della filosofia esistenziale… Insomma se ne usciva più arricchiti. La Palmaverde era ed è rimasta, per tanti, una fucina di idee, pensieri, comunicazione politica e culturale di libertà e arricchimento umano. Poeti, scrittori, musicisti, cantautori, soprattutto giovani… per decenni sono stati i protagonisti di questa esperienza unica. Dagli anni cinquanta Bologna ha rappresentato, per tanti uomini di cultura, tappa indispensabile andare prima in via Castiglione e poi in via dei Poeti ad assaporare fermenti e concreti approcci di nuove visioni del mondo. Nel maggio 1955 esce il primo numero della rivista «Officina» “nella ruvida veste di un cartoncino da imballaggio”, come ricorda Gian Carlo Ferretti nella sua voluminosa storia di «Officina» (pag. 496, Einaudi 1975), con redattori: Francesco Leonetti, Pier Paolo Pasolini, Roberto Roversi, con ‘ufficio’ in via Rizzoli e amministrazione affidata alla Libreria Palmaverde di Roversi. Poi dalla omonima testata nasce il ‘gruppo Officina’ al quale si aggiungono Angelo Romanò, Gianni Scalia e Franco Fortini. Ma la Libreria, l’Antiquaria Palmaverde, diventerà punto di riferimento, di incontro e discussione delle nuove leve della cultura italiana del dopoguerra e Roberto Roversi ne sarà anima costante di interprete e sobillatore. Carlo Emilio Gadda, Italo Calvino, Attilio Bertolucci, Mario Luzi, Giorgio Caproni, Giorgio Bassani, Paolo Volponi, Clemente Rebora, Leonardo Sciascia, Tonino Guerra, Lucio Dalla e ancora tanti altri saranno parte dell’Officina e poi di “Rendiconti”.
«Chi semina coglie…»: ricordo questo modo popolare di dire in un verso di Roversi nella poesia “La raccolta del fieno” proprio come un auspicio, una volontà profonda, ben precisa: quella di seminare idee, valori, conoscenza…. E questo credo sia uno dei maggiori riconoscimenti che si deve a Roberto Roversi per il suo impegno di intellettuale e la sua essenziale, influente e originale Poesia”.
Scomparsa la Palmaverde, scomparso Roberto, il grande patrimonio della famiglia Roversi è stato acquisito da Coop Adriatica. “La Coop merita tutto il mio affetto”, con queste parole il poeta Roberto Roversi ha accompagnato la firma dell’accordo con cui ha ceduto a Coop Adriatica il nome della Libreria Antiquaria «Palmaverde» e l’intero fondo librario composto di oltre 20.500 volumi e un altrettanto ricchissimo «archivio». Coop Adriatica gli assicurerà memoria e continuità. Da parte sua Coop Adriatica, ha confermato che questo straordinario patrimonio della cultura italiana non solo non sarà disperso, ma sarà utilizzato per sostenere la diffusione del libro e per proseguire l’impegno civile di Roversi mettendo a disposizione di studenti e ricercatori tutto il materiale acquisito. Una esperienza culturale che continua a lasciare un segno indelebile nella vita sociale, politica e culturale da oltre mezzo secolo.
Dice il poeta Salvatore Jemma, uno dei tanti poeti eccellenti che si è formato in quelle stanze: “Penso, con molti altri, che l’esperienza della Palmaverde sia da considerare un patrimonio della città di Bologna, ma che questa città – e lo dico con tutta franchezza – debba ancora dimostrare di meritarsela. È un’esperienza che andrà valorizzata, fatta conoscere con un attenta riflessione su quanto lì si è svolto; intanto sottolineo il fatto che il suo fondo librario, prezioso certo per le sue qualità intrinseche, contenendo volumi di cultura contemporanea che, per via delle famose leggi di mercato, sono quasi tutti introvabili; tale fondo, dicevo diventa ancor più prezioso proprio perché, per espressa volontà di Roversi, non dovrà restare mummificato dentro un qualche magazzino o disperso senza anima come fogli di carta al vento, ma sarà rimesso in circolazione – e qui va ricordato l’impegno fattivo di Coop Adriatica, avendo acquistato quel fondo librario, nell’azione che sta compiendo per il suo riuso e la sua rivalorizzazione attraverso le proprie librerie. La Palmaverde non era un “Centro di accoglienza”, nonostante la poesia e l’arte in generale siano sempre più diventate qualcosa di extra comunitario, e cioè qualcosa di esterno non al senso ma alla sensibilità comune. Elena e Roberto hanno sempre “accolto” queste persone, ma non soltanto nel luogo fisico della libreria, anche e soprattutto dentro un’idea più generale del lavoro intellettuale che pensavano si dovesse svolgere. L’idea non era quella della semplice resistenza, la si può esercitare anche da soli, la si può esercitare anche restando immobili – si chiama resistenza passiva. No, l’idea era (ed è tuttora sia per Roversi che per chi ne ha tratto la fondamentale lezione) quella della contrapposizione attiva e coerente verso un sistema culturale e comunicativo che si è costituito dal secondo dopoguerra in poi e che ha raggiunto, verso la fine degli anni ottanta, la virtualità del mercato e delle sue merci che oggi lo caratterizzano. Su questa base, tutta l’attività di Roversi e di un suo “nucleo” in continua formazione ed evoluzione e mutazione, se così posso dire, si è sviluppata e ha inciso intanto sulla città designandola, almeno nelle tantissime menti di chi la sapeva città che aveva in sé quell’esperienza, come uno dei luoghi importanti della riflessione e della produzione culturale – questo nonostante ciò che, spesso e volentieri e in totale malafede, hanno potuto e ancora possono pensare taluni centri accademici o paraccademici”.
La Palmaverde nasce nel 1948 con l’acquisto di un piccolo fondo librario (stava tutto in venti sacchi di iuta). Il nome deriva da “Il Palmaverde”, un annuario di Casa Savoia estratto casualmente da uno di questi sacchi. L’inizio della gestione è in società con Otello Masetti, libraio alla Cappelli, il quale in seguito si ritirerà. Elena sceglieva i volumi da inserire in catalogo e Roberto confezionava pacchi con grande maestria e perfezione, da spedire nel mondo, da Tokio a New York. Palmaverde era casa editrice e cicolo culturale alla maniera dei francesi e stimolava, oh come stimolava, le amministrazioni, la politica, soprattutto il Pci, la gioventù. Quella bella, anzi bellissima.
Il difficile momento del ’77 bolognese, la strage del 2 agosto 1980, le piccole grande cose quotidiane mossero la poesia conducendola verso una situazione più aperta ma, in seguito, anche più problematica. Leggiamo, insieme questi versi:
- Prima descrizione in atto
Ritorneranno quei tempi (duri)
piangeranno contro i muri le madri
aspettando il ritorno dei figli.
Questo tempo che ha uomini di così debole fiele.
la presunzione li fa ritenere superbi
grandi (leggere le gazzette)
ma api al miele
corrono ai peccati di sempre
non c’è nulla che li trattenga.
Parole di ammonimento
sono spazzate dal vento via.
Cederemo ancora una volta alla morte.
È fango la volontà di riscatto.
I ramarri escono dalle crepe.
Spezzate statue.
Lacrime al buio.
Volgendosi intorno egli cede
crede di intendere e sapere
forse qualcosa più di un altro, ma sotto
la razionale immobilità della misura
(dell’ordine apparente)
lo scaltro è in attesa,
il mugolìo di quel canto ha il sapore di un tuono;
striscia il topo
sul cornicione di marmo
– poco fa tre ragazzi in fila
si indicavano una donna,
ibrida smorta era al riverbero della colonna.
Nelle case dei poeti questa è l’ora del tè.
Lo scirocco spezza i tegoli e
l’occhio del piccione è succhiato
dallo spiraglio del sole
mentre in un pigiama la ragazza magra
si dondola nel vano della finestra
dentro le aiuole delle alpi al lontano
rumore della foresta
– traluce oltre misura il rosso dei capelli,
le efelidi leggere, pule di grano, i
giovani anni sul viso; e intanto in quest’ora
i doganieri indossano le tute sul lago di Como
mentre un uomo ansima solo e suda
all’ombra del Monviso – che
se non corre sarà presto morto
nella sua carne nuda.
(*) da: Roberto Roversi, Le descrizioni in atto (1963-1969), Bologna, Ciclostilato presso la Libreria Palmaverde, Bologna 1970.
Nell’accordo con Roberto Roversi, Coop Adriatica si impegna ad acquistare il patrimonio della “Palmaverde”, incluse le scaffalature d’epoca dello storico negozio di via de’ Poeti, che potranno essere utilizzate nel circuito delle librerie.coop. Sempre tramite la catena di librerie, inoltre, la Cooperativa potrà rivendere i volumi di cultura generale. I libri di particolare pregio storico e artistico, invece, potranno essere donati a istituzioni culturali o comunque avranno una collocazione idonea a valorizzarne il contenuto e la consultazione. Coop Adriatica, infine, si impegna a non utilizzare il segno distintivo Palmaverde a fini commerciali, salvo che per indicare la provenienza dei beni acquisiti.
L’intero fondo librario sarà consegnato a Coop Adriatica entro il prossimo 31 dicembre. Quindi, la Cooperativa provvederà alla catalogazione completa e organica dei materiali. Il fondo comprende 20.302 volumi, dell’Ottocento e del Novecento, di letteratura, filosofia, arte, musica, teatro, viaggi; 282 testate di riviste storico-culturali e di attualità, prevalentemente degli anni tra il 1960 e il 1980; manifesti del periodo risorgimentale, della Prima guerra mondiale, ritratti incisi e litografati di grandi personaggi, fogli incisi e numerati firmati da artisti dell’800 e del ‘900, carte geografiche del XVIII e XIX secolo; migliaia di opuscoli ed estratti e altri documenti della Poesia Visiva italiana del ‘900; 152 volumi d’antiquariato e manoscritti; edizioni rare e riviste edite direttamente dalla “Libreria Antiquaria Palmaverde”; raccolte di veline colorate e figurate e dischi.
Roberto Roversi è nato nel 1923 a Bologna, dove si è laureato in filosofia, e a Bologna ha sempre vissuto e lavorato, gestendo la libreria antiquaria “Palmaverde”. Fondatore con Leonetti e Pasolini della rivista “Officina” (1955), ha dato vita nel 1961 alla rivista “Rendiconti”.
Delle numerose opere poetiche, si ricordano: Dopo Campoformio, Feltrinelli, Milano 1962; Descrizioni in atto, ciclostilato in proprio, Bologna 1969 (nuova ed. riveduta e accresciuta, Coop Modem, Bologna 1990); L’Italia sepolta sotto la neve. Premessa: Il tempo getta le piastre nel Lete, Nordsee, Roma 1984 (nuova ed. Quaderni del Masorita, Bologna 1995); L’Italia sepolta sotto la neve. Parte prima: Fuga dei sette re prigionieri, Il Girasole, Valverde 1989; L’Italia sepolta sotto la neve. Parte seconda: La natura, la Morte e il Tempo osservano le Parche, Pendragon, Bologna 1993; Il Libro Paradiso, Lacaita, Mandria 1993; La partita di calcio, Pironti, Napoli 2001.
Le principali opere di narrativa sono: Ai tempi di re Gioacchino, Palmaverde, Bologna 1952; Caccia all’uomo, Mondadori, Milano 1959; Registrazioni di eventi, Rizzoli, Milano 1964; I diecimila cavalli, Editori Riuniti, Roma 1976; Scrittura scenica, con Franco Fortini, Alba Morino, Alfredo Antonaros, Emilio Isgrò e Ottiero Ottieni, EnnErre, Milano 1994.
Per il teatro ha scritto: Unterdenlinden, Rizzoli, Milano 1965; Il crack, “Sipario”, n. 275, marzo 1969; La macchina da guerra più formidabile, Quaderni del CUT, Bari 1971; Enzo re Tempo viene chi sale e chi discende, “Bologna Incontri”, (cinque puntate), 1977-1978.
Foto in copertina: © Stewart Butterfield (CC BY 2.0)