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Esperimento di Realtà Immersiva a TheFabLab. Credits: Talent Garden
Impresa 4.0, cosa c'è oltre il bonus fiscale
Oltre 70 aziende evidenziando performance superiori in termini di ricavi (+8%) e margini lordi (6,1%, il triplo della media). TheFabLab apre una sede a Torino: un altro contributo alla rivoluzione del mondo manifatturiero in Italia
Tiziana Sforza | 17 April 2018

TORINO - Si sente tanto parlare di Industry 4.0. Il nome, anche perché declinato in inglese, è affascinante ed evoca immagini tipo le stampanti 3D esposte alla Maker Faire da cui fuoriescono lentamente le cose più disparate: dalle tavolette di cioccolata ai gadget di materiali compositi ecologici.

Ma che cosa significa esattamente Industry 4.0? Vuol dire introdurre nelle industrie tecnologie digitali come Big Data, Cloud Computing, Advanced automation, Advance HMI (Human Machine Interface) e Additive Manufacturing. In altre parole, vuol dire cambiare i tradizionali processi di lavorazione di oggetti e prodotti.

Secondo la terza edizione dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, il mercato legato all’Industry 4.0 nel 2016 ha raggiunto in Italia il valore di 1,7 miliardi di euro e una crescita della domanda nel 2017 che si stima aver raggiunto un incremento del 30%, con ricadute importanti anche sul fronte dell’export. Si tratta di progetti di automazione industriale, internet delle cose, analytics, sistemi cloud e robotica avanzata.

 

Aziende italiane al bivio: fra resistenze al cambiamento e voglia di innovare

Che cosa spinge le aziende italiane a rivoluzione il proprio paradigma produttivo? Sicuramente fanno gola gli incentivi fiscali, un vero e proprio volano per il settore. Ma ci sono stati anche vantaggi concreti a prescindere dai bonus per le aziende che avevano già adottato le nuove tecnologie prima del varo dell’iperammortamento. L’Osservatorio ha messo a confronto 72 aziende già 4.0 con la media del settore di riferimento, evidenziando performance superiori in termini di ricavi (+8%) e margini lordi (6,1%, il triplo della media).

I bonus e gli incentivi rientrano Piano Nazionale Impresa 4.0, una precisa strategia industriale la cui regia è affidata al MISE, che finora ha mobilitato 20 miliardi e ne ha messi sul piatto altri 9,8 per il 2018. Per vincere le tipiche resistenze al cambiamento, il Piano punta molto sulla formazione dei manager e dei giovani. Una formazione mirata ad ampliare il numero di chi ha accesso a competenze 4.0 come big data e analytics, cloud e fog computing, cyber security, prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo-macchina, additive manufacturing, internet of things, digital transformation.

L’obiettivo è coinvolgere “200.000 studenti universitari e 3.000 manager specializzati su temi I4.0, oltre a tutti gli studenti iscritti agli Istituti Tecnici Superiori su temi Impresa 4.0, circa 1.400 dottorati di ricerca con focus su I4.0 Competence Center nazionali”. Il piano prevede un investimento di 95 milioni nel triennio 2018-2020 con cui si mira ad incrementare il numero di studenti iscritti agli istituti tecnici superiori dagli attuali 9.000 circa a quasi 20.000.

Creare le condizioni per far specializzare su questi temi circa 200.000 studenti universitari e 3.000 manager è il modo più sensato per incidere sull’aumento delle opportunità di lavoro.

Ma le aziende italiane sono pronte alla rivoluzione 4.0? L’edizione 2017 della ricerca del RISE dell’Università degli Studi di Brescia ha analizzato 105 aziende manifatturiere diverse fra loro in termini di dimensioni e di comparti industriali. Dalla ricerca emerge che il 50% del campione non ha ancora avviato la trasformazione per diventare 4.0. Il 35% di aziende è “in cammino” e finora ha avviato dei progetti pilota. Solo il 5% del campione può essere definito a tutti gli effetti “4.0”, ossia fa convivere diverse tecnologie tipiche del 4.0 all’interno di un ecosistema, in cui spesso sono coinvolti anche i fornitori.

La strada verso il cambiamento di mentalità e di processi è lunga, ma realtà come TheFabLab la rendono un po’ meno ardua.

 

TheFabLab apre una sede a Torino: un altro contributo alla rivoluzione del mondo manifatturiero in Italia

E’ stata da poco inaugurata la seconda sede di TheFabLab, laboratorio di fabbricazione digitale e centro di ricerca di sviluppo sugli smart objects, presso il Talent Garden Fondazione Agnelli di Torino. L’espansione geografica di TheFabLab che alla sede di Milano ha aggiunto un avamposto a Torino – entrambi distretti industriali italiani di prim’ordine nel campo della digital transformation – conferma un trend che travolge inesorabilmente anche il nostro paese e stravolge i paradigmi dell’industria manifatturiera e dei servizi. Il laboratorio mira anche a diventare centro di ricerca, sviluppo e produzione di progetti legati all’Internet of Things: sensori e attuatori integrati, automobili, mobili, giocattoli ed elettrodomestici.

 

Massimo Temporelli, barba incolta e look caratterizzato dall’immancabile gilet scuro indossato con disinvoltura su jeans e camicia con maniche arrotolate pure in pieno inverno, è co-founder e presidente TheFabLab dal 2013. Autore dei saggi “Innovatori!” e “4 punto 0”, ha le idee molto chiare sulla direzione da seguire: “L’innovazione in Italia deve passare attraverso il digitale ma deve iniziare a contaminare l’asset più importante per l’economia del nostro Paese: la manifattura TheFabLab ha come missione quella di cortocircuitare le innovazioni del digitale con il made in Italy e il design italiano”.

L’accoppiata con il Talent Garden rientra nella logica della open innovation, cioè la condivisione di saperi che nascono da contesti tecnologicamente diversi ma che, se integrati e “contaminati”, generano un valore aggiunto straordinario. Talent Garden, di cui avevamo già parlato su Radici Future Magazine (leggi l’articolo), è infatti la più grande piattaforma in Europa di networking e formazione per l’innovazione digitale. Il suo modello di business, diversamente da altri spazi co-working, non è quello di “affittare” postazioni di lavoro e servizi correlati, bensì di alimentare una community di professionisti che lavorano in ambito digitale, promuovendo nuovi processi di trasformazione del lavoro e della formazione.

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