Era il 1998 quando Marco Mariolini, antiquario di Pisogne, uccise a coltellate la sua ex compagna Monica Calò. Passato alla storia come il "cacciatore di anoressiche", in molti lo ricordano per quell'aspetto curioso e lo sguardo gelido mentre descriveva con freddezza ogni aspetto del suo delitto davanti alle telecamere di Franca Leosini. A distanza di vent'anni da quell'orrenda storia, i numeri sull'anoressia continuano a spaventare: in Italia - secondo una recente ottimistica stima - circa 3 milioni di persone soffrono di disturbi alimentari. Dalle sbarre della sua cella, il caso Mariolini lascia ancora inermi davanti a questioni enigmatiche.
Può davvero sedurre una persona ridotta a pelle e ossa? Esiste un fascino oscuro nella morte. Nel corso dei secoli il corpo è stato sempre oggetto di un perenne conflitto tra esaltazione e negazione, in particolar modo quello femminile: origine del peccato, da redimere. Nel Medioevo, la mortificazione del corpo attraverso castità, digiuno e pratiche ascetiche rappresentava un modo per elevare lo spirito dai bisogni della carne. Una pratica purificatrice che reprimendo le pulsioni delle donne e riducendole a uno scheletro consentiva all'uomo di esercitare un controllo maggiore sull'altro sesso; di colmare con il proprio ego quel vuoto scavato fino alle viscere. Una seduzione ingannevole che coinvolge anche la mente malata e incorruttibile di un'anoressica. La sua forza di volontà nel controllare severamente il corpo, senza cedere alla fame, alimenta l'illusione di poter dominare su tutto e seduce l'altro, attratto da un corpo che rovescia le caratteristiche tipiche della femminilità. Non sono più le curve ad attrarre, ma la morte che nel tentativo di elevarsi al di sopra di tutto, distrugge.
Follia, perversione, manipolazione, crudeltà. La vicenda di Marco Mariolini non risparmia nulla e si inserisce fra le pagine più inquietanti della cronaca nera. Un delitto annunciato nelle pagine di un libro che divise l'opinione pubblica e tuttora lascia aperti numerosi interrogativi. Resterà impressa la frase in cui scrisse che la "perversione è un buco nero della psichiatria". Ossessionato dalle ragazze pelle e ossa, Mariolini si è sempre definito un anoressofilo, ma la sua parafilia per le anoressiche nascondeva anche un disturbo della psiche dal modo in cui descriveva le sue relazioni. Non cacciava donne già affette da disturbi alimentari, ma le sue prede preferite erano donne magre da denutrire con le sue manie crudeli. Come Lucia.
Si incontrano quando sono ancora ragazzini. Iniziano a frequentarsi, si fidanzano e si sposano. Nel frattempo lui le ha già mostrato il mostro che covava nel suo "buco nero", alternando momenti di sdolcinatezza a violenze e maltrattamenti. Le chiede di dimagrire, la costringe a perdere perso, fino a ridurla ad appena 33 kg. Ogni grammo in più scatena un'onta irrefrenabile che lo induce a punirla. Le gravidanze e la nascita di due figli diventeranno insostenibili per Mariolini, disgustato dalle forme più morbide della moglie, sempre più lontane dallo scheletro che nutriva le sue fantasie aberranti. Si lasciano nel 1994.
Il cacciatore di anoressiche riprende la sua battuta e lo fa attraverso degli annunci sui giornali. Cerca ragazze magre e così conosce Monica Calò, venticinquenne, dieci anni più giovane di lui. Rea di quella curiosità tipica dei vent'anni, Monica cede alle avances del suo bracconiere suggellando l'inizio di un lungo calvario. Nel corso della loro relazione, Monica gli presta circa settantasei milioni di lire e mette in vendita alcuni appartamenti pur di aiutarlo con i suoi problemi economici. Nel 1995 decidono di andare a convivere e dopo pochi mesi Mariolini inizia a torturarla chiedendole di raggiungere i fatali 33 kg. A quella richiesta così morbosa segue un inesorabile declino, scandito dall'ago della bilancia che scende di giorno in giorno. La dedizione di Mariolini nell'aiutarla a deperirsi è totale e feroce. La colpisce quotidianamente con dei pugni allo stomaco per rigettare quel poco ingerito; le controlla il peso ogni mattina; la porta a cena nei ristoranti costringendola a guardarlo mentre mangia e concedendole al massimo un tazza di te.
In questi anni di crudeltà, Marco Mariolini sviluppa una folle dipendenza nei confronti di quella ragazza ridotta pelle e ossa. Nella ricostruzione giudiziaria, la minaccia di non poter vivere senza di lei, ma nel frattempo le scava una fossa in quel corpo sempre più aguzzo e spigoloso. In una sera di giugno del 1996 i due sono al ristorante, ma Monica viola la dittatura del digiuno e ordina un piatto di gnocchi scatenando l'ira del suo compagno. Tenendo stretto quel piatto e trangugiando disperata scappa in cucina, ma sotto gli occhi inermi e incapaci di tutti gli altri ospiti, incassa un ceffone da Marco e torna al suo posto. Rientrati a casa lui la punisce lasciandola nuda al freddo per tutta la notte, lei attende che lui si addormenti e lo colpisce alla testa con un martello. Monica finisce agli arresti domiciliari, torna a Domodossola dalla sua famiglia e lo denuncia per sevizie e maltrattamenti. Mariolini dopo il trauma cranico inizia a scrivere un libro in cui mette nero su bianco le sue ossessioni e confessa i crimini che sarebbe stato in grado di commettere se nessuno lo avesse fermato.
"Il cacciatore di anoressiche" viene pubblicato dalla casa editrice Edicom che per l'occasione organizza una conferenza stampa alla quale partecipano anche dei carabinieri. Il racconto così lucido di un potenziale serial killer desta scalpore, ma per alcuni rappresenta solo una trovata pubblicitaria per vendere più copie: resta sospeso il dubbio di chi ha letto una richiesta di aiuto fra le righe di quel libro. Quando Monica Calò finisce di scontare la pena ai domiciliari, Mariolini la supplica di tornare con lui, minacciandola di ucciderla assieme alla famiglia. Dopo diversi rifiuti ed esitazioni, Monica decide di incontralo in un luogo pubblico, fra la gente, in pieno giorno. I due pranzano insieme, Monica sembra quasi compassionevole nei suoi confronti, ma quando Mariolini le chiede di tornare insieme lei oppone l'ennesimo rifiuto più decisa che mai. Lui prova a trattenerla, lei tenta di scappare. La insegue, le chiude la bocca per impedirle di urlare e la uccide con ventidue coltellate.
Condannato a 30 anni di reclusione senza attenuanti, Mariolini sconta la sua pena nel carcere di Bergamo. Non ha mai avuto rimorsi, né sensi di colpa per quel che ha commesso. Si è sempre sentito innocente e vittima al pari di Monica, dichiarando che la prigione è stata la sua salvezza: «Mi assolverei costringendomi a vivere in carcere».
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