Un algoritmo potrebbe aiutare i magistrati a emettere verdetti precisi: è quello che sostiene un giovani giurista, Luigi Viola, che ha fornito anche le “prove”, in un libro
TARANTO – Può la matematica sostituirsi alla legge? Per garantire sentenze sempre giuste? Si può immaginare una realtà prossima ventura in cui il calcolo si sostituirà alla ponderazione? Sembrano domande fantasiose mutuate da scenari fantascientifici. E invece preconizzano scenari possibili, realistici, anzi: reali. Della teoria è sostenitore un giovane giurista salentino, Luigi Viola, che si occupa di ricerca in campo giuridico, è direttore della Scuola di Diritto avanzato, lo sta presentando e discutendo con autorevoli addetti ai lavori, compresi alti magistrati, come Annamaria Fasano, consigliere della Corte di cassazione a Taranto, che recentemente ne ha discusso con lui apertamente.
Il professore Viola ha elaborato un algoritmo, formulato in base alle norme vigenti, in particolare all’articolo 12 Preleggi, la cui validità è stata confermata dal riscontro cercato con cento sentenze, parte della quali emesse dalle sezioni riunite della Corte di cassazione, parte elaborate sulle “remissioni”, cioè sulle richieste di pronuncia avanzate alla Cassazione, quindi in anticipo sulle sentenze. Ebbene: in entrambi i casi, cioè sia che precedessero le sentenze prevedendole, sia che elaborassero sentenze già emesse, tutti i riscontri sono stati positivi: l’algoritmo si è dimostrato pienamente conforme alle decisioni dei giudici. In altre parole ci ha azzeccato sempre. Un successo che apre strade nuove e ancora imprevedibili ma che secondo l’autore ha lo scopo principale di “integrare” il lavoro della giustizia, dandole un sostegno “quantitativo”.
A Luigi Viola, autore di “Interpretazione della legge con modelli matematici” e che è tra l’altro discendente della famiglia che ha dato i natali all’omonimo fondatore del Museo nazionale di Taranto e al grande scrittore e sceneggiatore Cesare Giulio Viola, che fu anche premio Oscar per la sceneggiatura di “Sciuscià”, abbiamo rivolto una serie di domande.
Da cosa nasce questa esigenza di trovare un modello matematico? Da un dato esperienziale o da un dato eminentemente culturale, derivante dallo studio della filosofia del diritto e dalla storia del diritto?
Nasce principalmente dall’esperienza umana di un avvocato che si è trovato, come tutti gli avvocati spesso si trovano, di fronte a interpretazioni molto lontane da quello che, come avvocato, aveva sostenuto. Allora ho cercato di capire come si potesse risolvere questa problematica e da qui è arrivata la risposta scientifica, perché è chiaro che di fronte al dubbio circa l’esattezza di un’interpretazione, la risposta non può che arrivare dall’utilizzo di strumenti più certi come la matematica
Questo significherebbe che in un futuro prossimo nel diritto, per poter disporre di questo sussidio integrativo, come lei lo ha chiamato, si dovrebbe studiare la matematica?
Non necessariamente, perché l’algoritmo funzionerebbe come una sorta di calcolatrice, dove è sempre l’essere mano che decide i valori da inserire e quindi non si tratta di studiare la matematica ma di studiare, in modo integrato, con le nuove tecnologie
E questo non aprirebbe comunque spazio anche a un nuovo tipo di controversie sul modo di selezionare i dati da introdurre nell’algoritmo da parte delle parti opposte in giudizio?
Certamente. Le parti potrebbero confrontarsi sull’esattezza delle variabili inserite, ma questo permetterebbe comunque una valorizzazione sia del ruolo dell’avvocato, che torna a essere un avvocato con la “A” maiuscola, sia del giudicante, perché si incomincia a puntare l’attenzione sugli argomenti dirimenti e non su argomenti secondari relativi alla singole questioni. Il che comporta sempre l’applicazione della matematica. Sì, comporta sempre l’applicazione della matematica, ma secondo uno schema prefissato che assicura maggiore certezza.
Gli ambiti nei quali è applicabile questo algoritmo li ha limitati principalmente all’ambito civilistico e più specificamente a quelli di natura economica.
Sì, per ora ho ritenuto di escludere l’applicazione dell’algoritmo dall’area della famiglia e dall’area in cui sono presenti, nelle norme oggetto di “interpretazioni”, concetti valoriali, come buona fede, o bonus pater familias. Per gi altri settori, l’algoritmo può essere pienamente applicato. Penso all’area delle successioni, penso all’area della donazione, della contrattualistica o all’area dell’impresa.
Ma è possibile prevedere un ampliamento dei settori attraverso una più approfondita analisi delle componenti.
Sì, ci stiamo lavorando. L’algoritmo dovrebbe, naturalmente tenere in considerazione le singole specificità date da queste parole, cosiddette “valoriali”, la ma direzione intrapresa è quella corretta e si arriverà anche a questo.
Un po’ più complicata sembra l’applicazione nel processo penale
Il processo penale è più complesso perché c’è una valorizzazione dell’elemento soggettivo: dolo, colpa o preterintezione, come dice l’articolo 43 del Codice penale, quindi è più difficile utilizzare la matematica quando si tratta di scrutinare l’animo umano. Dal punto di vista della causalità penale però l’algoritmo può essere utilizzato.
Ma lei come avvocato l’utilizza?
Inizio a utilizzarlo per le cause perché c’è una norma, relativamente all’appello (348bis) che dice che la domanda è ammissibile se ha una ragionevole probabilità d’accoglimento e ciò vuol dire che io avvocato devo interrogarmi: se in quella causa può avere successo o no. Su questo io personalmente inizio a utilizzare l’algoritmo.
Le è capitato mai che suoi colleghi le chiedessero una interpretazione numerica dei casi di cui si stanno occupando?
Diverse centinaia.