La finalità è dichiarata da tutti i Governi degli ultimi decenni: alleggerire la struttura burocratica italiana, semplificare il linguaggio giuridico e ridurre le norme. Una legislazione complessa è un freno allo sviluppo, oltre che un vulnus alla democrazia; ed è anche vero quanto sosteneva Tacito: “corruptissima re publica, plurimae leges”, le leggi sono moltissime quando lo Stato è corrotto.
Qualunque sia il rapporto di causa/effetto, un dato è certo: le nostre norme sono centinaia di migliaia per ogni settore della vita sociale e spesso aggrovigliate da rinvii reciproci, tanto da renderne difficile la sicura applicazione, con tormento dei cittadini onesti e grande godimento per quelli che non lo sono.
Si calcola che in Italia vi siano dalle 110 alle 150mila leggi in vigore. La Francia ne ha circa 7mila, la Germania circa 5.500, il Regno Unito circa 3mila. La parola magica di tutti i Governi degli ultimi venti anni, con diversa qualità e inclinazione al cambiamento, è una sola: semplificazione.
Come fare? Si potrebbero ridurre le norme a pochi testi unici, essenziali. Troppo banale. La fertile mente del nostro legislatore ha partorito la soluzione più italiana che si potesse immaginare, degna di una storia e di una cultura giuridica millenaria: un profluvio di decreti, leggi, decreti legge e regolamenti sulla semplificazione normativa che ha travolto ogni argine e inondato il nostro ordinamento di migliaia di norme sulla semplificazione: dall’ edilizia, al fisco, alla disciplina bancaria, amministrativa, agli appalti, i paesaggi, le assicurazioni e così via semplificando.
Il nostro ordinamento è letteralmente ingolfato dall’infinita sequenza di decreti sulla semplificazione e la trasparenza, in una sorta di “bulimia semplificativa”, con norme, invero, molto più complicate delle disposizioni da semplificare. Diciamo che semplificando- semplificando e “trasparendo- trasparendo”, ci siamo un po’ lasciati prendere la mano.
Decine e forse centinaia di esempi potrebbero farsi, per ogni segmento in cui è articolata la nostra pubblica amministrazione, fino a giungere al decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese …”, oggi all’esame del Parlamento. Sembra sia impossibile uscire da questo lungo tunnel dal quale non si vede la luce; anche se, per uscire dal tunnel bisognerebbe anzitutto accertarsi dell’esistenza di un tunnel, salvo intese; ma questo è un altro discorso.
Il paradosso è che tutti i decreti sulla semplificazione sono preceduti da una sfilza di “considerato”, “visto”, “ritenuto”, “dato atto” e “preso atto”, e così via e da un intreccio di disposizioni, dalle quali non è possibile sfuggire: una complicatissima sequenza di semplificazioni. Il prof. Roberto Bin, illustre costituzionalista, non aveva forse torto qualche tempo fa nel chiedersi se tra i diritti fondamentali del cittadino italiano non fosse finalmente da riconoscere il “diritto alla certezza del diritto”. Sembrava una provocazione culturale, ma....