In questi tempi le pagine di cronaca dei giornali hanno riportato tantissimi episodi di violenza nella scuola. Tanti, troppi i docenti aggrediti, malmenati, filmati, molestati. Assistiamo così a trasmissioni televisive dedicate al fenomeno, si moltiplicano gli editoriali e le dichiarazioni di esperti, sociologi, pedagogisti, psicologi ed opinionisti riciclati, sempre e comunque anticipati dai leader politici. Tante chiacchiere, tante teorie, ma i fatti? I dati dicono che nel corso degli anni sono diminuiti gli organici sia del personale docente che del personale ata . Anche per il prossimo anno la logica dei numeri è legata solo alla popolazione scolastica. Occorrono risorse umane, serve stabilità del personale, serve un vero organico potenziato; Stato e regioni devono avere un progetto comune. Non bastano iniziative come il progetto pugliese “Diritti a scuola”, importante si ma avviato quest'anno solo nel mese di aprile. I numeri parlano di scuole senza la giusta vigilanza, le scelte politiche sono andate verso la riduzione del tempo scuola e verso la cancellazione delle compresenze o contemporaneità. Il lavoro nella scuola è radicalmente cambiato, gli impegni, gli adempimenti e i doveri si sono moltiplicati mentre nulla è stato fatto in termini di miglioramento economico. Solo il rinnovo del contratto, siglato ieri definitivamente, potrà orientare le scelte future. Un contratto che ri-scopre il principio della “comunità educante”. La scuola è momento altamente democratico che insegna a vivere in comunità e la leadership diffusa nella comunità educante è rappresentata da quanti lavorano nella scuola e, ogni giorno, operano per la buona formazione dei giovani”.
Il Presidente della Repubblica infatti è stato molto chiaro e deciso: «Quando i genitori si permettono un atteggiamento di contrapposizione alla scuola – ha detto – vanno anche contro l’interesse dei propri figli, perché sono la collaborazione, il dialogo, lo scambio di opinioni tra famiglia e scuola che consentono a ciascun ragazzo e ragazza di esprimersi con pienezza. La scuola è lo strumento più importante per combattere le diseguaglianze perché è la cultura che consente di rimuovere l’ingessatura sociale».
La scuola è l’unica istituzione presente in ogni comune del nostro Paese insieme alla Caserma dei Carabinieri. È anche essa presidio di legalità e di cittadinanza. Molti invocano punizioni esemplari e, in effetti, gli episodi di questi giorni meritano punizioni esemplari; ma se tra due mesi, quando l’attività didattica sarà interrotta, la notizia dovesse passare nel dimenticatoio, il rischio è che non servano neppure quelle. Bastano poche regole, chiare e precise che, se non rispettate, devono generare sanzioni la cui finalità deve essere sempre educativa e mai punitiva. Comportamento, condotta, senso di cittadinanza, rispetto dell’altro e delle regole sono gli elementi su cui si fonda una società civile. Serve un nuovo patto educativo che metta al centro la scuola. Politica nazionale e politica locale, amministrazione scolastica, famiglie e comunità educante, devono agire in sinergia con una mission comune: ridare centralità alla scuola, riconoscerle nuovamente il suo valore sociale e riconoscere la dignità di quanti ci lavorano per il bene del Paese e per il futuro dei nostri giovani.