Da oggi Alì, pakistano, ha una bicicletta per fare i sei chilometri (tre all'andata e tre al ritorno) che dividono quella che lui chiama casa (un buco di posto diviso con altri connazionali) e la spiaggia dove vende piccoli oggetti. Gliel'ha regalata un italiano che sul suo profilo Facebook fa rimbalzare i post pro-Salvini e pro-M5S. E' vecchia, ma messa a nuovo e ha la luce forte davanti e i catarifrangenti nuovi. Il sellino è assai rovinato, ma rivestito con una copertura imbottita che odora di nuovo: si vede che chi ha fatto il regalo è un empatico, uno che bada al suo culo ma anche al benessere del culo del prossimo. Adesso non scatenatevi tra "e i terremotati?" e gli "ecco un leghista che non è razzista". E' solo una storia. Una tra un miliardo. Quasi come quando il Piccolo principe capita per sbaglio nello scaffale dei racconti del terrore di Stephen King. E con le favole, questa storia (vera) ha una cosa in comune: non cambia il mondo. Le vittime restano vittime, i carnefici "carnefici" e gli spettatori "spettatori". Non sposta l'asse della Storia. Non rende diversa la realtà da quella che è. Ma ti lascia per 15 minuti una paresi lungo il viso, come una specie di sorriso.
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Gianni Svaldi, giornalista, è il direttore di Radici Future Magazine (photo Maurizio Ingenito)
La bici nuova di Alì, una storia vera che sembra finta
Gianni Svaldi | 19 July 2018
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