Incedi dolosi nel Sud Italia, responsabilità e colpe di uno Stato inerme
Redazione | 14 July 2017

*di Franco Caprio
Attribuire la colpa degli incendi che stanno imperversando nell’Italia del Sud alla sottocultura mafiosa è, per certi versi, cosa ovvia. Meno ovvio sarebbe invece caricare delle debite responsabilità uno Stato che non sa gestire il problema o che non vuole gestirlo, perché in parte connivente. La mafia fa semplicemente il proprio mestiere e lo sa fare al meglio. È l’opposizione alle mafie che non viene fatta a dovere. Se dopo un nubifragio un paese si allaga posso dire che la colpa è dell’acqua, se si tratta di un primo evento occasionale; se poi si verifica un secondo allagamento, dopo un altro nubifragio, la colpa va suddivisa tra l’acqua e chi non ha pensato a creare adeguate condutture di drenaggio; se poi il paese si allaga nuovamente dopo un terzo nubifragio, la colpa è solo di chi non ha creato i canali di scolo, perché sappiamo ormai che l’acqua si comporta così. Lo stesso vale per gli incendi dolosi, sappiamo benissimo quali possano essere i moventi che inducono i piromani ad appiccarli:
1) proprietari terrieri che aspirano alla rimozione di un qualche vincolo ecologico;
2) imprese che vogliono mettere mani su ex aree boschive per edificare o farne discariche;
3) lavoratori precari che vogliono essere reclutati per lo spegnimento degli incendi;
4) aziende che ambiscono agli appalti per ripopolare il verde del bosco.
Tutti gli attori che hanno interesse a far sì che i boschi brucino continueranno a farlo, con una modalità mafiosa o sotto l’egida delle mafie, fin quando sapranno che quell’interesse potrà essere soddisfatto e smetteranno di farlo quando la realizzazione di quel particolare interesse sarà impossibile a priori.
Basti ricordare, a tal proposito, come lo Stato ha vinto la annosa guerra con l’Anonima Sequestri, bloccando i conti bancari dei familiari del rapito. E così quello, che per trent’anni è stato un reato all’ordine del giorno, è divenuto un fenomeno sporadico. Allo Stato compete, dunque, il compito di impedire che qualunque interesse possa concretizzarsi a seguito di un incendio doloso e non.
Interessante è considerare come anticamente il medico cinese venisse pagato per far rimanere in salute il proprio sovrano, quindi per prevenire la malattia, ma se il suo assistito si ammalava veniva sospeso ogni pagamento.
Similmente si dovrebbe fare con i dipendenti della Forestale che dovrebbero percepire una paga minima sindacale più incentivi fin quando gli incendi vengono prevenuti, ma nel momento in cui questi si verificano almeno gli incentivi dovrebbero essere sospesi.
Per quanto riguarda i lavoratori precari, essi non dovrebbero neppure esistere e non dovrebbero assolutamente essere impiegati per la soluzione di problemi del genere. Sarebbe meglio, invece, utilizzare l’esercito e la protezione civile, fatta da reali volontari. Inoltre, là dove si verifica un incendio, i vincoli preesistenti dovrebbero rimanere a permanenza, come pure l’impossibilità di costruire; mentre il rimboschimento dovrebbe essere affidato esclusivamente ad aziende straniere con personale straniero. Non credo sia necessario essere dei grandi statisti per vedere un problema, ma neppure occorre esserlo per individuarne una soluzione. Ma in Italia, purtroppo, abbiamo tanti “elencatori” di problemi, pochissimi “propositori” di soluzioni e nessun “applicatore” di rimedi.

*Caprio è medico dermatologo e scrittore

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